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Capone smaschera Landini: "Ma quale sciopero, solo scopi politici"

di Alberto Busaccadomenica 23 novembre 2025
Capone smaschera Landini: "Ma quale sciopero, solo scopi politici"

4' di lettura

Gli scioperi ci sono, gli scioperanti non si sa. Sì, perché non tutti i lavoratori sono pronti ad andare dietro alle battaglie di Landini e compagni. E non tutti sono pronti ad alzare le barricate contro la manovra presentata dal governo.

«Agli scioperi del 28 novembre e del 12 dicembre noi non partecipiamo», spiega Francesco Paolo Capone, Segretario Generale dell’Ugl, «perché la manovra che il governo ha presentato, tra l’altro confrontandosi prima con i sindacati, ha un forte impatto sociale. Va nella direzione di favorire la famiglia e la natalità, il lavoro e le imprese, la sanità e la riduzione delle tasse, in linea con quanto avevamo chiesto».

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“Rivolta sociale” contro il centrodestra e piazzate pro-Pal. C’è chi usa il sindacato per fare politica? 
«È evidente che gli scioperi pro-Palestina e gli scioperi preventivi contro la manovra, cose che hanno riguardato principalmente la Cgil, fanno pensare che ci sia un obiettivo politico più che un obiettivo sindacale. Se si punta alla rivolta sociale e non alla pace sociale, c’è qualcosa che non funziona. E infatti anche la Cisl e la Uil si sono allontanate da Landini».
La Cgil si sta isolando? 
«Il tema non è che la Cgil si sta allontanando dagli altri sindacati, ma che si sta allontanando dai lavoratori. Lo sciopero per il mondo sindacale è l’arma finale, e dovrebbe essere utilizzato con cautela. Se invece viene usato con troppa frequenza alla fine perde efficacia e questo danneggia tutti. A partire dai lavoratori, che non capiscono più nemmeno i motivi della protesta...».
Si è conclusa da poco la vostra iniziativa “Ottobre mese della sicurezza”. Su questo tema sembra si faccia fatica a fare passi avanti concreti... 
«Con grande rammarico devo dire che la situazione continua ad essere grave. Noi abbiamo in Italia circa un infortunio sul lavoro al minuto, un dato che non riusciamo ad abbassare. La legislazione sulla sicurezza è poderosa, però evidentemente non basta. Oltre a intervenire sull’aspetto normativo, è anche necessario: 1) razionalizzare: serve un’agenzia unica delle ispezioni sui luoghi di lavoro al posto dei quattordici soggetti che abbiamo oggi; 2) favorire la cultura della sicurezza. Bene ha fatto il ministro Valditara, anche su nostra richiesta, a portare nelle scuole l’insegnamento della sicurezza (non solo sul lavoro); 3) bisogna passare dalla formazione all’addestramento. Una cosa è spiegare a un lavoratore cosa fare in una situazione di pericolo, altra cosa è simulare una situazione di pericolo per provare i comportamenti giusti. Come fanno i piloti di aereo col simulatore di volo».
Da poco avete rilanciato l’Ugl creativi. Un settore da sempre considerato feudo della sinistra. Come sta andando? 
«Abbiamo ricominciato da circa un mese. Nell’Ugl creativi, di cui è responsabile Cesare Rascel, ci sono tutti i lavoratori che non hanno un contratto collettivo nazionale e non hanno un albo o un ordine di riferimento: musicisti, attori, pittori, ballerini... Come va? Bé, come prima cosa ci siamo imbattuti nel caso Venezi...».
Anche lei iscritta all’Ugl creativi? 
«No, no, non abbiamo nessun tipo di rapporto sindacale, ma abbiamo riscontrato qualche anomalia. C’è chi sciopera non per reclamare diritti ma per andare contro una lavoratrice. È strano... Per noi si tratta di discriminazione di genere e discriminazione sull’età, oltre che ideologica da parte dei sindacati che se ne sono resi artefici. Abbiamo fatto una conferenza stampa, ma la cosa ha infastidito le rappresentanze sindacali degli orchestrali, secondo i quali non dovremmo avere diritto di tribuna. Forse vuole dire che siamo riusciti a mettere in evidenza le contraddizioni della loro protesta...».
Siete, con Ugl rider, tra i sindacati più attivi in questo settore. Che tipo di lavoro è? Sfruttamento oppure opportunità di crescita? 
«Parliamo di un lavoro che consente di avere soddisfazioni economiche anche importanti. Tanti lo fanno come secondo lavoro, per arrotondare. Bisogna andare oltre la narrazione del “povero rider sfruttato”. Intendiamoci, ci possono essere casi di sfruttamento, di caporalato digitale, che abbiamo combattuto, ma c’è anche un mondo che funziona».
L’impressione è che altri sindacati lo snobbino un po’, questo mondo... è così? 
«Sì, è così. Lo snobbano, in particolare la Cgil, perché puntavano ad attribuire ai rider lo status di lavoratori dipendenti. Ma loro non vogliono, perché chi è diventato dipendente ci ha rimesso economicamente. Vogliono restare autonomi, ma con diritti e garanzie. Si deve uscire dall’ideologia. All’inizio anche noi pensavamo che la cosa giusta fosse trasformarli in dipendenti, poi, parlandoci, abbiamo capito che non era la strada migliore. Un segretario confederale dell’Ugl si è iscritto a una piattaforma e ha fatto il rider per alcuni mesi, tutte le sere. Ci siamo resi conto della situazione. E alla fine abbiamo sottoscritto il primo (e finora unico in Europa) contratto collettivo nazionale per i lavoratori autonomi. Chiaramente non è finita e le condizioni di lavoro possono essere migliorate. Giovedì si è aperto il tavolo per il rinnovo del contratto, scaduto da quasi due anni. Noi abbiamo portato le nostre proposte e siamo fiduciosi, ma sarà un percorso lungo...».

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