Pubblichiamo l’intervista integrale del direttore responsabile di Libero, Mario Sechi, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari realizzata durante l’evento “Energie nuove. Investimenti, reti, relazioni” promosso dal nostro giornale ieri a Roma, nella cornice del Casino dell’Aurora Pallavicini, nell’ambito delle celebrazioni del 25esimo anniversario della fondazione del quotidiano.
Senatore Giovanbattista Fazzolari, lei è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e ha seguito con grande attenzione l’evoluzione della guerra in Ucraina. Siamo a un punto di svolta?
«Ce l’auguriamo, sono tre anni e nove mesi di guerra, in febbraio saranno quattro. In realtà la soluzione è quella di una pace molto complessa, perché gli interessi della Russia e gli interessi di Putin e del suo regime non coincidono. Se proviamo a ragionare sulla base di che cosa converrebbe oggi fare alla Russia, la soluzione sarebbe semplice: la Russia aveva immaginato un conflitto veloce, si è impantanata in una guerra che la sta mettendo in grandissima difficoltà e, a fronte di questo, la possibilità di un collasso della società russa non è da escludere. Quindi, verrebbe da dire che la Russia ha tutto l’interesse di trovare una soluzione di pace. Però Putin ne uscirebbe fortemente sconfitto. E se proviamo a guardare la diapositiva del 2022 e la diapositiva di oggi, nel 2022 si percepiva la Russia come una grande potenza, ovviamente non a livello degli Stati Uniti, ma nella nostra percezione era un partner a livello degli Stati Uniti».
E poi cosa è accaduto?
«A distanza di tre anni e nove mesi l’Europa si è di fatto staccata dalla dipendenza russa. Putin è riuscito nell’impresa storica di fare entrare la Finlandia e la Svezia nella Nato quindi compromettendo in modo serio i propri confini e la percezione del mondo nei confronti della potenza russa oggettivamente cambiata in modo drastico. Le immagini dell’ingresso nelle periferie di Pokrovsk che abbiamo visto con i soldati su mezzi civili scassati, un po’ come una banda tribale africana, è un’immagine particolare. Quindi oggi la grande difficoltà è questa. Putin deve trovare un accordo di pace che gli faccia salvare la faccia. Questa è la grande complicazione. Ci auguriamo che con la base di piano americano, emendato dagli europei, Italia compresa, si possa arrivare a un accordo di buon senso, credo che l’unico accordo di buon senso oggettivo sul quale si potrebbe parlare è il congelamento della linea del fronte e una discussione nella quale entrambi gli Stati rivendicano la sovranità sulle cinque regioni contese rinunciando entrambi a riconquistarle con la forza».
Che ruolo ha avuto l’Italia in questa delicatissima partita?
«Questo è stato fatto grazie alla leadership di Giorgia Meloni che è di fatto riuscita a tenere ferma una posizione nonostante l’opinione pubblica complessiva fosse molto fredda. E devo dire che fin da subito a livello europeo un ruolo molto importante l’ha giocato il Presidente Sergio Mattarella, perché anche le posizioni dei nostri partner europei erano particolarmente tiepide, però ricordiamoci che a febbraio del 2022 nessuna delle grandi nazioni europee si era mossa immediatamente a sostegno dell’Ucraina, solamente il Regno Unito, la Polonia, la Repubblica Ceca e a seguire si sono poi esposti anche gli altri. E anche in quella fase il ruolo di Mario Draghi e di Mattarella è stato oggettivamente molto importante».
Intanto la sinistra dice Meloni è una vassalla di Trump.
«Fa molto sorridere dire che il governo guidato da Giorgia Meloni, con la storia che ha, sia considerato un governo vassallo di una qualunque potenza straniera. Fa oggettivamente ridere. Invece è una questione molto seria la dipendenza italiana ed europea dall’influenza degli Stati Uniti, dalla fine della Seconda guerra mondiale l’influenza americana sul continente è molto forte, più forte in determinati Stati, Italia compresa, e questo è uno dei grandi temi che Giorgia Meloni ha sempre posto. Un futuro di prospettiva geopolitica dell’Italia e dell’Unione Europea si può avere solo in condizioni di parità con gli Stati Uniti e questo ha oggettivamente un costo di responsabilità e di impegno da parte dell’Italia e dell’Europa. Io ricordo che Fratelli d’Italia anche quando è nata, anche quando alle prime Politiche abbiamo preso l’1,98 per cento, nel nostro programma c’era l’esigenza di aumentare le spese della difesa e rispettare i parametri di difesa Nato. È ovvio che non è un argomento che ti farà cogliere molti voti, però è importante essere chiari se quando uno vuole parlare di un futuro di crescita e di prosperità per la propria nazione c’è anche questo aspetto».
Conti pubblici e legge di Bilancio. A che punto siamo? L’opposizione attacca dicendo che la manovra favorisce “i ricchi”. Cosa risponde?
«Siamo intervenuti con le prime tre leggi di bilancio concentrando gran parte delle risorse proprio nelle fasce di reddito medio e basse, poi siamo intervenuti immediatamente con l’estensione del cuneo fiscale, con la quarta legge di bilancio invece confermiamo tutte le misure per i redditi medio e bassi e a queste abbiamo aggiunto una misura per ridurre anche la pressione sul ceto medio».
Sento la sinistra che dice “ma è solo 18 miliardi”, quanto hanno pesato superbonus e reddito di cittadinanza?
«Se vogliamo parlare di misure che agevolano i ricchi non c’è mai stata nella storia d’Italia, ma credo nella storia dell’umanità, una misura così regressiva come il superbonus che ha consentito di ristrutturare gratuitamente immobili che erano prevalentemente unifamiliari quindi villette, prevalentemente seconde case, facendo pagare questo alla fiscalità generale e quindi anche chi una casa non ce l’aveva. Un’operazione di questo genere, togliere ai poveri per dare ai ricchi, in totale peserà 127 miliardi. Compresi i bonus edilizi siamo a oltre 200 miliardi: farli gravare sulla fiscalità generale per ristrutturare gratuitamente le seconde case è qualcosa di vergognoso. Giustamente noi abbiamo prestato grande attenzione alle risorse del Pnrr che ci arriva dall’Unione europea: tra fondo perduto e prestiti sono complessivamente circa 198 miliardi, ma i bonus edilizi del “Conte II” ci costano più di 200 miliardi. Questo è l’ordine di grandezza dei danni che abbiamo ereditato».
Sono finite le tornate elettorali regionali - io dico finalmente, non se ne poteva più - alla fine nulla è cambiato, la sua valutazione complessiva?
«Nulla è cambiato, da quando si è insediato questo governo tendenzialmente non ci sono state sorprese, poi alla fine si è votato in tutte e venti le regioni, il centrodestra adesso ne governa 13, quindi complessivamente non ci sono state sorprese particolari. In questa ultima tornata elettorale la sinistra ha confermato le sue roccaforti- Puglia, Campania, Toscana e Emilia-Romagna- senza riuscire ad affermarsi in altre regioni. Questo vuol dire che il consenso complessivo nei confronti del Centrodestra non è mutato, il che dopo tre anni e passa di governo, con le scelte serie che abbiamo fatto, non era per nulla scontato».
Il 2025 è ai titoli di coda, le elezioni regionali sono chiuse, c’è però in vista un altro appuntamento importante, il referendum sulla giustizia. Qual è la sua visione sul tema e la sua proiezione?
«Intanto penso che sia importante aver rispettato gli impegni che c’eravamo presi con gli elettori, avevamo detto che avremmo fatto una serie di riforme, la prima l’abbiamo completata, quella della giustizia, le altre arriveranno a breve. Se poi gli italiani reputeranno che quella riforma non è gradita ne prenderemo atto. Ma credo che dovrebbe funzionare così, sono anche molto contento di questa esperienza di governo, ci siamo presentati con un programma unitario del Centrodestra, il programma prevedeva determinate cose, stiamo tentando di portarle a termine. E tra queste cose ci sono le riforme. La vota il Parlamento, poi vengono sottoposte al giudizio degli italiani, sono gli italiani che decidono. Uno degli aspetti centrali, il ministro Nordio lo spiega molto bene, è quello che regola l’elezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura. Oggi sono scelti dalle correnti dei magistrati ed è il Csm che poi giudica sulle inadempienze dei colleghi. Un meccanismo che fa sì che chi sbaglia non venga mai sanzionato. E quindi il risultato è un peggioramento della qualità della giustizia, che poi si ripercuote in tempi più lunghi. Chi sbaglia continua a fare carriera. La grande sfida di chi sostiene il “Sì” al referendum sarà quella di spiegare quanto la riforma della giustizia impatterà concretamente nella vita quotidiana dei cittadini».
Parliamo del caso della famiglia del Bosco, forse c’è un eccesso di intervento e di formalismo da parte della magistratura?
«Difficile dire se quel contesto era adatto o no per dei bambini. Però non c’erano delle situazioni di palese difficoltà o particolarmente drammatiche, quindi si entra più nel merito del giudizio delle scelte di vita di una famiglia, una famiglia particolarmente legata a valori di connessione con la natura, che ha fatto delle scelte anche estreme. Ma i bambini sembravano contenti e in salute, se lo Stato a quel punto decide di entrare in una questione di questo genere può diventare pericoloso perché lo stesso criterio consente di entrare nel giudizio su molte altre situazioni. Può sembrare un po’ semplicistico e populista ma alla fine è quello che molte persone hanno detto: vediamo situazioni di bambini molto più estreme, e pensiamo ai bambini costretti a fare accattonaggio o a fare piccoli furti, a vivere in contesti degradati come possono essere quelli dei campi rom. E si è sempre immaginato che comunque fosse peggio per il bambino essere tolto dalla famiglia che vivere in un contesto di forte degrado. Questi bambini che vivevano nel bosco sicuramente vivevano molto meglio di molti loro coetanei che invece non hanno rischiato di essere tolti dalla famiglia. È un forte elemento di riflessione».
La riforma del premierato la porterete a termine nella legislatura?
«Sì, si completerà così come abbiamo fatto per la giustizia. Si completerà l’iter parlamentare di riforma del premierato e poi la legge verrà sottoposta al giudizio degli italiani. Il tema è che il governo di Centrodestra è stabile e stiamo vedendo quanti vantaggi concreti questo porti. Prima parlavamo del rating, di titoli di Stato, del peso che riusciamo ad avere a livello internazionale, degli accordi commerciali che riusciamo a chiudere. Mediamente in Italia un governo durava un anno e mezzo, vuol dire semplicemente che tu non hai interlocutori né economici né internazionali e quindi chi arriva al governo si limita semplicemente a gestire il quotidiano. L’eccezione che si sta avendo adesso col governo di Centrodestra è la prova che se questa diventasse la regola l’Italia avrebbe un enorme vantaggio».
Terzo pilastro delle riforme: la legge elettorale. La discuterete con l’opposizione?
«Io intanto trovo molto sbagliato provare ad adattare la legge elettorale alla coalizione. Sarebbe bello avere una legge elettorale che non cambia mai, ma noi la cambiamo sistematicamente, e spesso la cambiamo con la speranza di trarne qualche vantaggio. Ora, nella volontà di riformare la legge elettorale non c’è nulla di tutto questo. Immaginiamo di chiudere il passaggio parlamentare della riforma del premierato in questa legislatura, il referendum con ogni probabilità sarà nella prossima legislatura, a quel punto sarebbe bene avere già prima una legge elettorale che tendenzialmente rispecchia quella che dovrà essere adottata con la forma del premierato».
Ha una preferenza sul sistema?
«Io credo che il sistema che usiamo per i sindaci o per le regioni, dove tendenzialmente l’elettore sa chi sarà a guidare l’istituzione e qual è la coalizione che lo supporterà, è il modello da seguire. Quindi se immaginiamo un proporzionale con un premio di maggioranza e indicazione del presidente del Consiglio, credo che sia il modo più trasparente per avvicinare anche chi non si occupa di politica e che dovrebbe sapere quali sono le offerte sul campo, quali sono le proposte».
Pd e M5S improvvisamente hanno scoperto che la sicurezza è una priorità. Benvenuti a bordo?
«La sicurezza è la questione più importante di tutte. A sinistra, a mio avviso, dovrebbero chiedersi perché se uno chiede a un qualunque cittadino “a tuo avviso se devi avere una città più sicura è meglio votare a destra o a sinistra?”, anche chi vota a sinistra risponderà chiaramente che chi vota a destra ha maggiore attenzione al tema. A mio avviso, è una delle grandi debolezze della sinistra, che non si accorge che la sicurezza è un’esigenza soprattutto dei più fragili e dei più esposti. Per noi è una priorità. Non nascondiamo che è difficilissimo affrontarla. L’abbiamo visto sull’immigrazione. Qualunque tentativo di contenimento dell’immigrazione illegale di massa viene ostacolato in ogni modo da strutture dello Stato. Quindi tutto è particolarmente complicato. La principale obiezione che chiunque fa è che un malfattore che viene arrestato dopo poco tempo è di nuovo in circolazione. È un meccanismo che noi stiamo gradualmente provando a cambiare ma con il decreto sicurezza abbiamo visto quanto è complicato. Però non ci nascondiamo. Gli italiani hanno votato centrodestra anche e soprattutto per la gestione di immigrazione e sicurezza e quindi per noi sono assolutamente delle priorità».
Il caso Garofani è chiuso o è aperto?
«Il caso Garofani è totalmente chiuso. C’è stato un chiarimento ulteriore tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica e quindi è totalmente chiuso. C’è invece un caso che riguarda gli “organi di stampa”. Mi ha sorpreso vedere che gli stessi che hanno sempre rivendicato il diritto a mandare in onda filmati presi di nascosto di minorenni in situazioni conviviali, di pubblicare chat tra privati, anche tra parlamentari, di riportare conversazioni intime – vedi il caso Sangiuliano- come diritto di cronaca, hanno detto che era totalmente sconcertante riportare le parole pronunciate a una cena da parte di Garofani. Credo che questa ipocrisia palese della stampa di sinistra sia uno dei principali aiuti al nostro consenso».
Lei conosce Sigfrido Ranucci?
«Devo essere sincero, lo conosco meglio da quando ha sostenuto che lo facessero seguire i servizi segreti».
Com’è andata questa storia? E poi perché ha fatto secretare un’audizione in Commissione Antimafia?
«Non lo so. Abbiamo un importante giornalista italiano che va al Parlamento europeo e dichiara che io ho attivato i servizi segreti per farlo seguire. Ma questo è un reato chiaro, no? Io mi chiedo perché non è andato in Procura a denunciare. Mi chiedo anche perché la Procura non si è attivata per una cosa di questo genere. Era una cosa oggettivamente grave, ma è finita così. A quel punto io attivo una mediazione con Ranucci».
E sarebbe finita lì.
«Certo. Invece, proprio subito dopo questa proposta di mediazione, viene rilanciata questa scenetta che abbiamo sentito. Cioè, la domanda di Scarpinato, che chiede se è vero che lo avevo fatto seguire, ma anche se ci poteva essere un collegamento con la bomba contro Ranucci. E Ranucci decide, dopo questa domanda, che deve essere secretata la risposta. Ora, io personalmente mi assumo la responsabilità di quello che dico, ma quella mi sembrava una cosa concordata. Scarpinato dice “ma io non ho insinuato nulla, ho fatto una domanda”. Ranucci dice “ma io l’ho secretato per altre ragioni”. Ma intanto altri giornalisti, sempre di sinistra, dicono, “beh, ma se Ranucci ha detto queste cose e ha fatto secretare quella risposta, qualcosa ci sarà”. Io penso che su queste cose bisogna essere seri, no? Prima di tutto bisogna essere seri. È stata messa una bomba carta sotto casa di Ranucci. Una bomba carta vuol dire che si mette un ordigno che ha una miccia, vuol dire che qualcuno deve averla accesa, vuol dire che al momento dell’esplosione chi l’ha messa era sul posto. Questo vuol dire che non ci dovrebbe essere una grande indagine per andare a individuare responsabili. Beh, mi auguro che il responsabile della bomba carta contro Ranucci venga individuato, per evitare di alimentare narrazioni grottesche e ridicole che vengono continuamente alimentate dallo stesso Ranucci e dalla sinistra con collegamenti di qualunque tipo nei confronti della politica, del governo, non si sa perché, chissà cosa c’è dietro. Troviamo il responsabile e risolviamo questa cosa. Quindi, se c’è un’ipotesi di reato, deve andare in Procura. Se decide di non andare in Procura deve parlare chiaro, e un’altra cosa che sarebbe utile è che i giornalisti che intervistano Ranucci facciano questa domanda: “Ma hai un nome? Hai un’evidenza, una prova, nulla?”. Credo che questa situazione abbia ormai superato i confini della realtà».
Lei si sente più Machiavelli o Richelieu?
«Nessuno dei due. Devo dire che è stata quasi una strana coincidenza, insomma. Ci siamo ritrovati da giovani a fare politica insieme a una serie di persone e si è creato un grande affiatamento, ma soprattutto parliamo di persone che non avrebbero mai immaginato di ricoprire dei piani di responsabilità e avevano una passione politica come poteva essere una forma di volontariato. Poi, giorno dopo giorno, è nata questa incredibile avventura di governo. Io credo che questo nostro affiatamento, che viene ormai da più di trent’anni di conoscenza e di legame, fa sì che quando io mi relaziono con la Meloni, quando sono con Lollobrigida, con molti di Fratelli d’Italia, c’è una tale affinità che poi...».
Siamo ai titoli di coda e alla fine dell’anno, la legislatura sta correndo. Cosa si augura?
«Di concludere questa esperienza di governo come abbiamo fatto finora, io credo che il governo Meloni stia restituendo grande fiducia agli italiani nei confronti della politica e del governo. Anche da parte di chi magari non voterà il Centrodestra o non condivide le idee della Meloni. Mi rincuora che tra i molti attacchi che ci vengono fatti, nessuno sostiene che noi siamo lì per interesse personale, per fare dei giochi loschi di qualunque genere. Ci attacca chi non condivide le politiche che facciamo, chi non la pensa come noi e questo per me è molto rassicurante».




