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Bologna, stop ai militari: chi detta la linea al rettore, altro scandalo

di Massimo Sanvitomercoledì 3 dicembre 2025
Bologna, stop ai militari: chi detta la linea al rettore, altro scandalo

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Ma quale sostenibilità didattica... Quali problemi logistici... Quale autonomia accademica... Tutte scuse, anzi tutte balle. Dietro il “no” dell’Università di Bologna al corso di laurea in Filosofia per una quindicina di ufficiali dell’Accademia Militare di Modena ci sono loro. Sempre loro. Gli stessi nomi e gli stessi volti. Quelli che sono «dentro e contro l’università». Tre lettere: Cua, ovvero Collettivo universitario autonomo. Gli antagonisti travestiti da studenti che da vent’anni spadroneggiano all’Alma Mater. Occupano abusivamente un’aula al civico 38 di via Zamboni, all’interno della facoltà di Lettere, e dettano la linea al rettore (Giovanni Molari) dell’ateneo più antico d’Italia.

Il 21 novembre, giusto per intenderci, c’erano anche loro fuori dal PalaDozza a scatenare la guerriglia (15 poliziotti feriti) per protestare contro la partita di Eurolega tra la Virtus Bologna e gli israeliani del Maccabi. Erano i duri e puri del secondo spezzone di corteo che - aveva reso noto la Questura - lanciavano verso i reparti schierati «bottiglie di vetro, petardi e pietre». A fine ottobre, invece, avevano ospitato Ilaria Salis per disquisire di diritto all’abitare - quale miglior esperta di lei?- e festeggiare per le case e le stanze d’albergo gentilmente concesse dalla giunta Pd a chi appena prima aveva invaso un’intera palazzina.

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A smascherare gli artifizi linguistici dei vertici universitari ci hanno pensato gli stessi membri del collettivo, che non a caso già due mesi fa si erano mobilitati per fermare ogni tentativo di accordo tra il Dipartimento di Filosofia e l’Accademia Milano. Avevano pure organizzato un presidio durante il consiglio di dipartimento al grido di «fuori la guerra dalle nostre università». Ma come? Loro che si divertono a trasformare le strade della città in campi di battaglia, assaltando la polizia a ogni corteo, ripudiano la guerra? Ieri, in occasione di una conferenza stampa convocata ad hoc, hanno pure rilanciato con un appello diretto a tutta la città (oltre che al popolo universitario) per «opporci collettivamente a questo processo di militarizzazione».

Giulia, una delle militanti del Cua, ha spiegato che bisognare dire “no” «al fatto che le nostre università possano diventare degli avamposti militari o laboratori di addestramento mascherati a laboratori di alta formazione». Addirittura. Anna, invece, è andata oltre: «Le pressioni a cui abbiamo assistito in questi giorni da parte non solo di esponenti della destra cittadina, ma anche proprio di tutto il Consiglio dei Ministri, ci restituiscono un clima generale che da tanto denunciamo e che da tanto tempo ci porta nelle strade: quello di una militarizzazione crescente non solo nelle nostre università, ma di tutta la società». A essere malvista è pure la «presenza militare in contesti urbani». Via i soldati da piazze e stazione: campo libero per i delinquenti! Martedì prossimo ci sarà un’assemblea di ateneo, proprio nel quartier generale rosso di via Zamboni 38. «Vogliamo estendere la mobilitazione a tutti gli atenei d’Italia per uno stop della militarizzazione in toto».

Il clima, tra le aule universitarie bolognesi, è bollente. «La loro unica volontà è quella di trasformare i dipartimenti in nuove sedi di centri sociali, sgomberando il campo da qualsiasi pluralismo di idee. Attivare un corso di laurea per giovani ufficiali significa garantire il diritto allo studio e riconoscere il valore dell’istituzione delle Forze Armate perla nostra Nazione», ha attaccato Beatrice Ferrero di Azione Universitaria, membro del Senato Accademico. «Sarebbe grave se emergesse che l’estrema sinistra ha messo sotto pressione il Dipartimento», ha sottolineato. La risposta, al netto delle giustificazioni del rettore, la conoscono tutti. Anche se la sinistra preferisce far finta di nulla... Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, si è schierato al fianco dell’Alma Mater: «Dobbiamo sostenere la nostra università. Mi sono fatto un’idea ma non voglio mettere in difficoltà nessuno: penso che sia una conferma di cose che ho già detto recentemente, non voglio fare polemica. La nostra università ha le spalle larghe ed esprimo al rettore e ai docenti la mia massima solidarietà».

Sentite poi la sua vice, Emily Clancy, una che le manifestazioni delle frange oltranziste che sfociano in disordini le conosce bene per avervi preso parte (era il novembre del 2024 e i collettivi bolognesi protestavano per la presenza di Casapound in città): «Pressione su Bologna? Decisamente, è un atteggiamento dell’internazionale delle destre e non è diverso da Trump che manda l’Ice nelle città progressiste per mettere in difficoltà quelle amministrazioni. Un atteggiamento che si è visto bene anche sulla partita di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv. Stupisce che la Presidente del Consiglio addirittura attacchi direttamente l’università. Un attacco che deve essere respinto da tutta la nostra comunità».

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