Christian Raimo
Il limite democratico. Occorre mettere nelle fiere editoriali un limite democratico. Ecco il nuovo mantra dei vigilantes del pensiero unico che per non usare la brutta parola che andrebbe usata – e cioè censura – si travestono da inquisitori democratici. E finché a invocare il limite democratico è uno come Christian Raimo, il professore che dice che i neonazisti vanno picchiati e che il ministro Valditara è un lurido che va colpito come la morte nera, è anche una cosa che ti aspetti. Ma il fatto è che la cupoletta dei buoni e dei puri ha arruolato anche l’Aie, il cui presidente Innocenzo Cipolletta si è detto d’accordo sull’idea di «mettere un limite democratico» il prossimo anno alla partecipazione delle case editrici alla Fiera della piccola e media editoria. «Ci penseremo», ha promesso.
E chi lo decide il limite democratico? Ma la cupoletta di cui sopra, ovvio. Magari i firmatari dell’appello per censurare la casa editrice Passaggio al bosco. Loro decideranno chi potrà esporre il proprio catalogo e chi invece deve finire dietro la metaforica lavagna dei cattivi, anzi dei cattivissimi. Tutto normale? Neanche un po’. Viene in mente ciò che Ray Bradbury fa dire nel suo romanzo Farenheit 451 al capo dei pompieri incariè inutile e che sarebbe meglio un dibattito delle idee anziché le liste di proscrizione. Niente da fare. Da sinistra, dopo avere per mesi inveito contro la presunta deriva autoritaria del governo di centrodestra, non sanno fare altro che invocare divieti e ancora divieti. Manifestando una tentazione totalitaria che va denunciata e respinta al mittente.
Anche Massimiliano Smeriglio, assessore capitolino alla cultura, appare affezionato all’idea del limite democratico, finché – ovvio – sono loro a stabilire i confini. «Se Hamas avesse fatto una proposta per fare uno spazio» a Più Libri Più Liberi «e proporre un libro di Sinwar, il suo capo militare, che tipo di metro avremmo usato? Penso sia inaccettabile. Penso ci sia un limite: il nazismo, il fascismo e l’islamismo in quest’altro caso. Ed è importante che si apra una discussione per definirlo con più attenzione». Ma davvero? Ma come: fino a ieri marciavano dietro lo striscione che inneggiava al 7 ottobre e adesso scoprono il pericolo del terrorismo islamista? Ma non erano sempre loro che volevano dare il Nobel alla Albanese, che le hanno conferito varie cittadinanze onorarie, una che se citi Hamas si arrabbia e ti aizza contro il pubblico però adesso il “limite democratico” impone di ricordarsi che quelli di Hamas sono biechi terroristi?
Certo che a rovesciare frittate nessuno è bravo come la sinistra, che svela del resto la sua vera e profonda natura. Una natura fatta di intolleranza e manicheismo. Così Pierluigi Battista concludeva il suo pamphlet di denuncia “Libri al rogo” che denunciava come i gendarmi del pensiero si armano di intolleranza verso chi considerano nemico. «Mettere sul banco degli imputati dei cittadini sulla base di un obbrobrio giuridico liberticida come il reato di apologia di fascismo è un cedimento alle pulsioni prepotenti dell’intolleranza. Un regalo agli intolleranti che si vorrebbe combattere».
Era il 2019, ma tali conclusioni sono più attuali che mai. E il prossimo passo quale sarà? Entrare nelle biblioteche delle case? Scandagliarne i titoli? Fare delle liste per incitare alla gogna social? Cosa ancora si inventeranno per sentirsi padroni della cultura “insidiata” dai fascisti? Cosa ancora dovranno escogitare per non arrendersi al fatto che la cultura è libera, senza etichette, e non sopporta schematismi imposti?