Ma c’è uno spirito del tempo, uno Zeit Geist, che unisce i giovani del Madagascar capaci di far cadere il governo (seppur poi sfortunatamente sostituito da una giunta militare), a quelli del Perù in strada contro la criminalità organizzata, alle eroiche ragazze iraniane che corrono la loro maratona senza hijab, o ai quindicenni arruolati dall’Isis in Mali per combattere le truppe mercenarie russe?
E questo “spirito” collega anche la generazione Z del Global south agli scalmanati proPal europei e americani predicatori della massima libertà dei costumi e insieme del sostegno ai tagliagola jiahdisti di Hamas con velo imposto alle ragazze e gay gettati dalle finestre? E comprende, questo “Zeit”, pure Charlie Kirk (31 anni) assassinato nello Utah perché si batteva per il diritto di difendere la morale naturale? O il francese Gabriel Attal (36 anni) già premier francese critico del suo mentore Emmanuel Macron che ha sospeso una riforma delle pensioni capace di fornire un po’ di spazio di bilancio a questioni legate alla condizione giovanile, e questo “spirito” che muove i macroniani pentiti, è lo stesso che spinge il nipote di Helmut Kohl, Johannes Volkmann, deputato della Cdu a contestare il Cancelliere Friedrich Merz sempre sulla questione della riforma delle pensioni che pare essere motivo attuale per una frattura tra generazioni? Senza dubbio vi sono elementi che uniscono esponenti della generazione Z nei più diversi angoli del mondo: da una parte un effetto d’inquietudine psicologica diffusa in un Pianeta assai disordinato che sconcerta innanzitutto chi deve programmare l’intera sua vita, dall’altra un’era di cellulari e social che consentono di condividere ogni emozione con moltitudini giovanili in minime frazioni di tempo.
Però c’è una differenza rilevante con il Sessantotto. Allora nel mondo da Nord a Sud si affacciavano i baby boomer, figli della Seconda guerra mondiale: una impetuosa crescita demografica spingeva una generazione a conquistarsi spazi in ogni luogo: da Praga e Parigi, da Pechino a Berkeley, da Messico City a Londra. Oggi la spinta demografica è viva in Africa, Asia, Sud America e provoca in queste aree del mondo una generale ricerca di identità, talvolta anche con risultati catastrofici come il rilancio di una nuova ondata di jihadismo. Nelle società in declino demografico del Nord del mondo quella speranza talvolta irrazionale che aveva animato i giovani poco dopo la metà del Novecento, pare essere diventata per molti adolescenti una sorta di disperazione nichilistica che distrugge i valori tradizionali e li sostituisce con l’uso sempre più frequente di qualsiasi prodotto possibile antidepressivo, con il deprimersi dei desideri persino quelli sessuali decostruiti dalla pornografia, con cause “ideali” prive di rapporto con la realtà e non elaborate culturalmente. Mentre per altri giovani diventa una ricerca di soluzioni tecniche invece che etico-politiche con il rischio di uno scontro disgregatore tra generazioni e annessa diffusa opinione che la questione dell’eccesso di anziani vada risolta anche con la diffusione dell’eutanasia.
Dunque la questione generazione Z (così si definiscono i nati tra il 1996 e il 2010) non può non essere affrontata che con scelte differenziate. Nel Global south sarebbe opportuno puntare su scelte tipo Piano Mattei, interventi del mondo sviluppato non più neocolonialistici o d’intesa corruttiva con le varie élite locali, ma tesi a formare ragazzi e ragazze capaci di gestire la propria esistenza da lavoratori dipendenti, autonomi o immigrati. Una sfida complessa che fa i conti con difficili questioni antropologiche, ma essenziale per rispondere a domande di senso e identità che se non affrontate possono preparare un futuro pieno di tragici conflitti. Nel Nord sviluppato, invece, la generazione Z deve essere innanzi tutto e in ogni modo aiutata a fare i conti con le questioni morali che la nuova situazione storica comporta. Né la protesta nichilistica né le soluzioni tecniche aiuteranno ad affrontare la domanda di senso che società in declino almeno demografico (tendenza che però è segno di altri declini più complessi) impongono. Al momento vi è una difficoltà culturale della sinistra dove nel rapporto con le nuove generazioni sulla sensibilità etica dei Graziano Delrio tende a prevalere il cinismo dei Massimo D’Alema.
E vi è una difficoltà della destra ad accompagnare intuizioni anche interessanti con la promozione di movimenti vitali che non possono essere sostituiti da strutture giovanili di partito dall’azione molto limitata. Con tutti i suoi pasticci e le sue confusioni, molto di quello che sarà l’avvenire dell’Occidente è leggibile già oggi in quel che accade negli Stati Uniti. Così è utile ascoltare Gavin Newsom governatore della California e possibile candidato Dem nel 2028, che in morte di Kirk dice: «Il modo migliore di onorare la memoria di Charlie è continuare il suo lavoro: impegnarsi a discutere tra noi, con le nostre differenze ideologiche, con appassionati confronti. In una democrazia le idee sono messe alla prova attraverso parole e discussioni fatte in buona fede – mai attraverso la violenza. Un’onesta espressione di dissenso ci fa più forti; la violenza ci disgrega soltanto e a partire dai valori fondativi della nostra nazione».
E ugualmente interessanti sono le parole di Amy Vivian Coney, sposata Barney, allieva di Antonin Scalia e dal 2020 giudice della Corte suprema che intervenendo a un incontro della Federal Society ha detto: «In verità, essere una donna dagli orientamenti conservatori in una facoltà di Legge, richiede molto coraggio e spirito d’indipendenza, e per molti versi, dimostra maggiore femminismo che l’abbandonarsi a preconfezionate concezioni di che cosa una donna dovrebbe essere». In Europa soprattutto i giovani dovrebbero ascoltare con molta attenzione l’appello all’intelligenza di Newsom e quello al coraggio della Barney.




