Il quotidiano israeliano progressista Haaretz dedica un ritratto a Elly Schlein, chiedendosi se la segretaria Pd possa davvero sfidare Giorgia Meloni. Il giorno di Natale ha dedicato un lungo ritratto a Elly Schlein, con un titolo che già lascia trasparire un certo scetticismo: "Questa outsider politica di sinistra con radici ebraiche può davvero sfidare Giorgia Meloni in Italia?". Il quadro che emerge dall’articolo suggerisce che, difficilmente, la segretaria Pd potrà davvero porsi come rivale della leader di Fratelli d’Italia. Il politologo Carlo Galli, ex deputato Pd, sostiene che la sua leadership rimane limitata: Schlein avrebbe conquistato alcuni voti a sinistra e arrestato il declino del partito, ma non possiede il carisma e l’esperienza necessarie per impensierire la premier. Il reportage ripercorre le origini ebraico-americane della leader Pd, la sua carriera politica e le alleanze con il Movimento 5 Stelle, sottolineando però come il divario con la destra sia ancora ampio.
Anche la sua posizione sul conflitto israelo-palestinese, come riporta Open, viene descritta come un tentativo di assecondare una base radicale e di differenziarsi dal governo Meloni. Infine, Haaretz nota che Schlein non ha concesso interviste, costringendo il giornalista Ariel David a ricostruire il ritratto attraverso fonti e analisi politiche, dipingendo un quadro di leadership ambiziosa ma ancora fragile.Secondo il politologo Carlo Galli, ex deputato Pd e docente all’Università di Bologna, «la strategia migliore per Schlein sarebbe concentrarsi su se stessa, aggirando il partito, e rafforzare il proprio appeal personale presso gli elettori, come fanno Meloni e altri leader politici». Tuttavia, nota Haaretz, «Schlein non sembra possedere il carisma e la capacità comunicativa di Meloni», spesso facendo fatica a rendere il proprio percorso personale comprensibile e convincente agli elettori italiani. L’articolo ripercorre le origini e il percorso politico di Schlein, dalle radici ebraico-americane, grazie al padre Melvin, la cui famiglia proveniva dall’Ucraina e dalla Lituania, alla cittadinanza svizzera e a uno stile di vita apertamente queer. Il reportage sottolinea come Schlein, da assoluta outsider, sia riuscita a diventare la più giovane e prima donna a guidare il Partito democratico, a soli 37 anni. Ma, secondo Galli, la leadership della segretaria Pd ha ancora limiti evidenti. «Schlein non è percepita come la sfidante giusta per Meloni, che ha un curriculum politico di prim’ordine», osserva il politologo.
Negli ultimi due anni, Schlein ha creato legami con il Movimento 5 Stelle, rafforzando alleanze locali che hanno permesso alla sinistra di mantenere governatori in regioni chiave. Ha così arrestato il declino del Pd e attratto un elettorato più giovane e radicale. Tuttavia, una piattaforma unitaria con i Cinque Stelle resta lontana, e il divario con la destra rimane significativo. Haaretz analizza anche la posizione di Schlein sul conflitto israelo-palestinese. Dopo aver condannato l’attacco di Hamas del 7 ottobre, la leader Pd ha assunto un tono più critico nei confronti delle operazioni israeliane a Gaza. Secondo il quotidiano, questo cambiamento non sarebbe stato dettato solo dalla situazione sul campo, ma anche dalla necessità di rispondere a una base elettorale sempre più radicale e di utilizzare il tema come leva politica contro Meloni, sostenitrice di Israele.
L’articolo evidenzia infine come Schlein abbia marginalizzato alcune figure storiche e riformiste del Pd, come Emanuele Fiano e Graziano Delrio. Questo le ha permesso di conquistare voti a sinistra, ma potrebbe rappresentare un punto debole nel momento decisivo. «Il successo nel recuperare consensi persi e nel dimostrare che la sinistra può lanciare una sfida alla destra», conclude Galli, «potrebbe paradossalmente segnare i limiti della sua leadership: molti nel Pd ritengono che non abbia la statura politica e l’esperienza necessarie per diventare primo ministro».




