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La Russa: "Con l'Onu, ma poi aiuto per profughi"

Il ministro intervistato da Belpietro: "Comando deve verificare il 'cessate il fuoco di Gheddafi'. Doveroso nostro intervento"

Andrea Tempestini
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L'emergenza in Libia e la missione dei caccia italiani sui cieli di Tripoli sono gli argomenti al centro dell'intervista al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, realizzata dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, ne La telefonata di Mattino 5. Ci fa un po' il punto della situazione? I nostri aerei ieri hanno partecipato alle operazioni. Sono 4 Tornado che possono neutralizzare le fonti radar nemiche, e quindi rendono impossibile alla contraerea libica di colpire. Sono stati accompagnati dai nostri caccia che funzionano in questo caso da scorta. L'obiettivo più ampio della missione è mettere a tacere la contraerea libica per realizzare la no-fly zone. Ora Gheddafi ha proclamato una sorta di cessate il fuoco. Il comando alleato deve verificare se è vera questa affermazione o se è vera quella di qualche ora prima in cui diceva che avrebbe combattuto a lungo. Mi pare di capire allora che gli aerei italiani non hanno bombardato? Non sono dotati di bombe dirompenti. Hanno operato intervenendo contro i radar intervenendo se li avessero trovati accesi o non già distrutti. Tocca al comando militare rilevare se poi hanno effettivamente colpito o no, e sono notizie che comunque non darei. Questa notte ci sono stati segnali di movimento delle truppe libiche o è stato rispettato il presunto "cessate il fuoco" dichiarato da Gheddafi? Non abbiamo ancora potuto verificare se sia un'impossibilità ora, quella di alzarsi in volo, poiché l'attività notturna non poteva essere verificata al 100 per cento. Possiamo verificare se si alzano in volo aerei libici: e questo, per questa mattina, non ci risulta. Gheddafi ha minacciato di scatenare l'inferno contro gli alleati: la possibile reazione è una delle preoccupazioni dell'Italia. E' un rischio messo in conto? Ci sono delle iniziative? Certo che è stato messo in conto, anche se abbiamo notizie, che ritengo esatte, relative all'inadeguatezza delle armi in dotazione all'esercito libico. Il rischio di reazione c'è, come c'è a riguardo della guerra dell'Afghanistan. Ma non sarebbe stato minore se non avessimo partecipato all'operazione, a meno che non avessimo messo a disposizione le nostre basi, schierandoci nettamente contro l'intera comunità internazionale. E' una visione assolutamente impossibile. Lei prima faceva riferimento agli attentati. Il ricordo è un missile sganciato dalla Libia contro la Sicilia tanti anni fa. Non arrivò però a Lampedusa, ma a poche centinaia di metri. Missili del genere non dovrebbero essere più nella disponibilità di Gheddafi. Si hanno notizie degli otto italiani rapiti sul rimorchiatore? Gli otto italiani sono ancora sul rimorchiatore, che non ha toccato terra. Non è sbarcato a Tunisi come doveva essere. Si stanno dirigendo verso ovest, ma non abbiamo ancora la possibilità di sapere dove veramente sono diretti, poiché proseguono un po' zigzagando. Nel rimorchiatore ci sono dei militari libici armati. Volevo sottolineare che l'auotrevolezza che deriva all'Italia dalla partecipazione a pieno titolo alla missione voluta dall'Onu, dovremo saperla e vogliamo usarla per chiedere a tutti gli Stati di dividere con noi il peso eventuale del flusso migratorio, delle migliaia di persone che in teoria potrebbero sbarcare clandestinamente nel nostro territorio.

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