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Il prof molla le piccole imprese

Paragone: stretta sul credito e aumento delle aziende insolventi. E' emergenza, ma Monti pensa alle banche

Giulio Bucchi
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Il dato secco sfornato da Libero e dalla Cgia di Mestre abbatte qualsiasi chiacchiera: c'è una forte stretta sul credito e le aziende insolventi sono cresciute del 36 per cento. Credo che questo dato dovrebbe preoccupare il nuovo governo per tanti motivi eppure l'affanno che Monti e soci vivono riguarda soltanto dati che attengono all'economia di tipo finanziario. La visita ai santuari borsistici è lì a dimostrarlo; come se la rinnovata fiducia degli speculatori sia di per sé motivo di crescita o di ripresa. Per nulla. Il fatto di alzare lo sguardo sull'Europa ha una grande importanza, non saremo certo noi a negarlo; bene fa dunque Mario Monti a non tagliare fuori l'Italia dalle decisioni che vengono prese a Bruxelles. Tuttavia, se a guidare il cammino dell'Eurozona è la sola stella cometa dei mercati o delle banche, non si va lontano. O almeno di sicuro non ci va l'Italia. Il nostro paese ha maturato negli ultimi decenni un modello di sviluppo autoctono: quello dei distretti produttivi. Il famoso (sebbene a volte denigrato) «piccolo è bello». Questo modello è forse il più riuscito miracolo italiano dopo il grande boom economico degli anni Sessanta, quando i pistoni economici si muovevano quasi da soli, a prescindere dal valore aggiunto della ricerca. Esaurita quella spinta, col tempo le industrie hanno dovuto fare i conti con l'aggressività degli altri mercati e con i mali sempre più cronici del sistema italiano, dalle tasse al costo del lavoro passando per la burocrazia. Ostacolo superato: quel mondo fatto di sinergie tra grandi e piccoli imprenditori e più ancora tra medie e piccole o piccolissime aziende aveva retto. Di più, aveva generato un modello emulativo assai virtuoso noto come ascensore sia imprenditoriale sia sociale. A dare linfa a questo modello era un sistema sano di credito ancorato al territorio, banche locali, sportelli a misura d'artigiano. Infine per superare i limiti che la politica non riusciva a superare (gap per cui negli anni novanta partirono dal nord la Lega di Umberto Bossi e Forza Italia di Berlusconi; ma è un'altra storia) queste piccole imprese si erano unite anche per costruire delle reti di servizi vari. Insomma tutto faceva “sistema”, tutto era funzionale al distretto. Il cui cuore pulsante restava la grandissima capacità di fare impresa, di creare, di realizzare. Di stupire. Una capacità che ancora oggi non ha eguali, in giro. Tant'è che nonostante le mille zavorre il prodotto italiano è attraente sui mercati. Dove si sta rompendo il giocattolo? Nel doppio tradimento: quello della politica (incapace di dare soluzioni vere) e quello del sistema bancario sempre più impigliato in giochi finanziari. Silvio Berlusconi aveva venduto un grande sogno, non l'ha realizzato; ma quel mondo però lo aveva capito perché ne aveva sempre respirato l'aria. Al suo posto c'è Mario Monti, uomo del tutto estraneo per la sua formazione culturale al «piccolo è bello», anzi forse non ne è nemmeno attratto. Monti è più uomo di finanza, è uomo di banche e di intrecci; e si sta muovendo in tal senso. Così se il Time domanda: «può quest'uomo salvare l'Europa?», la risposta non può che essere positiva: sì, lui Draghi e gli altri membri delle élite salveranno l'Europa. Quale Europa? L'unica e la sola esistente al momento: l'Europa della moneta. Perciò se la moneta è in difficoltà, le banche andranno aiutate a prescindere e senza discussione. Anche a costo di intervenire nelle politiche dei singoli Paesi. Non è proprio quello che sta succedendo? Nel pacchetto «Cresci Italia» le aziende sono fuori obiettivo; le pmi e gli artigiani sono alieni. Arrivo così al dato della Cgia di Mestre da cui siamo partiti. Se il piano di Monti è il piano europeo (salvare le banche senza se e senza ma), lo spazio di crescita per le piccole imprese si ridurrà sempre di più poiché viene meno l'interesse delle banche a partecipare ad un modello di crescita che pure le aveva impegnate fino a poco tempo fa, tra l'altro con risultati soddisfacenti. Sono gli stessi imprenditori a raccontarlo: se fino a poco tempo fa il direttore della filiale si fidava della solidità dell'azienda, oggi lo stesso direttore alla stessa persona chiede garanzie personali, al netto della solidità dell'impresa. «Questi sono i nuovi ordini che arrivano dall'alto». Inutile dunque girarci attorno: il modello dei distretti ha potuto reggere alle bugie della politica ma non sosterrà lo tsunami del credito. Dove si può morire coi crediti in tasca e nello stesso tempo con la chiusura dei fidi e con Equitalia che pignora i capannoni. È solo questione di tempo, è un moto accelerato uniforme verso il basso. Con uno scenario del genere, l'Italia sarà spinta verso un nuovo modello economico dove ai capannoni (fatti morire per omicidio non per incapacità di stare sul mercato, sia chiaro) si sostituiranno i servizi. Com'è accaduto recentemente in Spagna, la cui crescita illusoria fu basata sul terziario sotto la regia delle banche, le quali sono poi venute a fare la spesa in Italia. Nessuno vuole indossare i panni del complottista, però un minimo di analisi un po' fuori dagli schemi andrebbe pur fatta. Altrimenti tanto vale non chiamare più Monti presidente del consiglio ma papa. Cosa che qualcuno sottovoce già fa… di Gianluigi Paragone

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