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Gianfranco fa scattare fotografie per mostrare che è ancora vivo

Strategie comunicative: dopo lo scatto al vertice di giovedì sera postato da Casini, quello diffuso da Fini con il leader Udc

Andrea Tempestini
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Passerà alla storia come il vertice della foto su Twitter. Il che, per l'appuntamento che doveva tracciare il solco dell'attività di governo di qui a chissà quanto, appare una soluzione un po' al ribasso. Ma tant'è: su lavoro, giustizia e Rai non si è concluso granché, mentre la foto scattata e pubblicata con destrezza da Pier Ferdinando Casini è stata l'argomento del giorno. Intanto perché ha scatenato un subitaneo effetto imitativo. Gianfranco Fini (del quale il fedelissimo Carmelo Briguglio, coincidenza, lamentava a mezzo agenzie lo scarso coinvolgimento da parte di Monti) ieri mattina ha subito colto l'attimo, facendo immortalare un colloquio con Casini e producendone a strettissimo giro evidenza fotografica su Twitter. E poi perché ieri è stato tutto un discutere sulla foto. Che, garantisce Pier Luigi Bersani, «non sostituisce quella di Vasto perché oltre alle foto bisogna sentire i sonori» («La foto di Casini è tetra, quella di Vasto è solare», rincarano dall'Idv). «La foto non è bastata per l'intesa», frena Angelino Alfano. A sera, Casini fa pure finta di stupirsi: «Che sulla foto di ieri sera si sprechino decine di interventi politici è lunare». Come se lo scopo di quello scatto non fosse stato proprio questo. I soliti maligni buttano lì che né Alfano né Bersani sono rimasti propriamente entusiasti della trovata di Casini. Il che ci sta pure: mettere la faccia sulla bizzarra maggioranza tripartita che sostiene il governo è ancora operazione dolorosa e graduale. Comprensibile dunque che vedersi su tutti i giornali uno accanto all'altro con tanto di Monti benedicente alle spalle per i due sia stato un po' traumatico. Per Casini vale invece il ragionamento opposto. L'obiettivo attuale di Pier è quello di accreditarsi come conciliatore dell'ABC ed incarnazione della nuova politica seria e sobria: quella foto rappresenta la prima certificazione iconografica dell'assunto. Detto questo, si può azzardare una risposta alla vera domanda: possibile che una foto diventi il dato politico centrale di una giornata come quella di ieri? Possibile, perché quella foto rappresenta niente di meno che la prova in vita dei partiti. Dei quali, inevitabilmente marginalizzati dall'arrivo dei Professori, si erano un po' perse le tracce: votazioni a parte il Parlamento non ferve granché, le iniziative collaterali languono e l'elettorato mostra segnali di disaffezione. La foto di ieri, se non altro, è valsa come promemoria per la collettività: ci siamo ancora, e stiamo qui a lavorare. Che i partiti siano talmente acciaccati da trovarsi costretti a dire cheese onde autocertificare la propria esistenza è di certo uno dei frutti più amari della presente stagione. E però vedere l'obiettivo mezzo pieno è persino possibile: una foto non sarà tantissimo ma è un segnale che, piano piano, il pudore che i leader di partito hanno nell'intestarsi la maggioranza di cui fanno parte sta venendo meno. Al prossimo vertice, magari, oltre alla foto gireranno anche un breve video che spopolerà su YouTube. In questi mesi, d'altronde, si è detto da più parti che i partiti dovevano fare uno scatto. E più scatto di così. di Marco Gorra

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