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Karl Lagerfeld, politicamente scorretto su donne e gay: la serie sul kaiser della moda

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Alessandra Menzani
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Pungente, diretto, politicamente scorrettissimo, libero: oggi avremmo un gran bisogno di personaggi così, anche cattivi se vogliamo, che non si fanno chiudere il becco da diktat di ogni tipo in fatto di linguaggio e . Per fortuna una serie tv ci restituirà, forse, quel croccante cinismo che ha reso celebre lo stilista tedesco Karl Lagerfeld, scomparso nel 2019 a Parigi a 85 anni, al di là delle sue creazioni di moda. Disney+ ha annunciato che l’attesa serie drama originale in 6 episodi Becoming Karl Lagerfeld (precedentemente intitolata Kaiser Karl), prodotta da Gaumont e Jour Premier, debutterà con tutti gli episodi il 7 giugno 2024, in esclusiva su Disney+ a livello internazionale e su Hulu negli Stati Uniti.

BATTUTE FULMINANTI

La serie fa scoprire chi era Karl prima di diventare Lagerfeld un po’ come il film di qualche anno fa su Gabrielle prima di diventare Coco Chanel. Lui era quello dalle battute senza peli sulla lingua alla faccia di sessismo, bodyshaming, omofobia, ecologia, eccetera. «Penso che i tatuaggi siano orribili: è come vivere tutto il tempo con addosso un abito di Pucci», diceva. E anche: «Le stampe floreali sono per signore di mezza età che hanno problemi di peso». Sui russi: «Se fossi una donna russa sarei lesbica perché gli uomini sono orrendi». Cose così, adorabili.

Passo indietro. Nel 1972, Lagerfeld (interprepato dall’attore di Goodbye Lenin Daniel Brühl) ha 38 anni e non porta ancora il suo famoso taglio di capelli: cotonato e con la coda. È uno stilista di prêt-à-porter, sconosciuto al grande pubblico. Quando incontra e si innamora del sensuale Jacques de Bascher (Théodore Pellerin), un giovane dandy ambizioso e problematico, osa sfidare il suo amico (e rivale) Yves Saint Laurent (Arnaud Valois), genio dell’haute couture sostenuto dal discusso uomo d’affari Pierre Bergé (Alex Lutz). Il pubblico è dunque immerso nel cuore degli anni ‘70, a Parigi, Monaco e Roma, per seguire la crescita formidabile di questa personalità complessa e iconica della moda parigina, che ambiva a diventare l’imperatore dello stile. Tra feste grandiose e passioni distruttive, questa serie è tratta dal bestseller Kaiser Karl di Raphaëlle Bacqué. Non mancherà Choupette, l’inseparabile gattina dello stilista, che portava sempre appresso: «Io non potrei mai lavorare, soprattutto leggere, se non fossi completamente solo. Detesto la vita di tipo coniugale e ho un solo grande amore, la mia gattina Choupette: è una presenza meravigliosa, morbida, sfuggente, soprattutto silenziosa». Non si mostrava mai in pubblico senza gli occhiali da sole neri fascianti e la camicia bianca, il capo d’abbigliamento che considerava più importante di tutti.

Le sue battute, tra Woody Allen e Oscar Wilde, si ricordano forse più delle sue creazioni. Ne aveva per tutti. Diceva che «i matrimoni sono stati creati quando le persone morivano a 30 anni. Ora la gente si sposa a 30 e deve vivere per altri 60 anni». Pippa Middleton? «Non mi piace il viso di Pippa: dovrebbe far vedere solo il lato B». Adele? «È un po’troppo grassa, ma ha un bel viso e una voce stupenda». Frasi sul corpo delle donne che oggi lo bandirebbero da ogni evento pubblico. E poi ecologia, ambientalismo, vegan: «In un mondo carnivoro, dove la pelle è usata nelle scarpe o nei vestiti, la discussione sulla pelliccia è semplicemente infantile». Parole oggi che non sarebbero tollerate, ma lui era fiero della sua libertà«Il mio più grande lusso è non dovermi giustificare con nessuno».

 

 

 

CULTURA E MODA

La serie mette in luce anche le personalità della moda e della cultura. Jeanne Damas veste i panni di Paloma Picasso, mentre Claire Laffut quelli di Loulou de La Falaise. Marlene Dietrich è interpretata da Sunnyi Melles, mentre Andy Warhol ha il volto di Paul Spera. Ultimamente impazzano le serie e i film sugli stilisti. Abbiamo appena visto quelle su Balenciaga e Dior. Al cinema arrivano John Galliano e Alexander McQueen. In effetti, i geni della moda sono un po’ rockstar e un po’ artisti. Anche i nostri maestri italiani andrebbero raccontati di più.

 

 

 

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