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Diabete, quanto mi costi!

Il diabete assorbe ogni anno il 9% della spesa sanitaria, facendo uscire dalle casse dello Stato oltre 1 milione di euro l'ora

Maria Rita Montebelli
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E' sempre più la malattia dei sedentari, dei cicciottelli, delle persone con un basso livello di educazione e interessa quasi 3 milioni di italiani, ovvero il 4,9% della popolazione. Questa la fotografia del diabete nel nostro Paese contenuta nel Barometer Report 2012, realizzato dall'Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) (un progetto nato dall'impegno congiunto dell'Associazione Parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione, dell'Università ‘Tor Vergata' di Roma e di Diabete Italia, con il supporto non condizionato di Novo Nordisk) e presentato in Senato. Il paziente ‘tipo' risiede soprattutto nelle regioni del Meridione (il 7,8% dei lucani e il 7,6% dei calabresi sono diabetici, contro il 2,6% degli abitanti di Bolzano, il 3,4% dei valdostani e dei veneti e il 3,6% dei lombardi), è in sovrappeso (un grande obeso presenta un rischio di sviluppare il diabete 60 volte maggiore rispetto ad un normopeso), non fa esercizio fisico (ad essere interessato dal diabete è l'8% di chi non pratica alcuna attività, contro appena l'1% degli sportivi); e anche un titolo di studio basso sembra avere un effetto negativo nei confronti di questa patologia (tra i laureati il diabete è diffuso 5 volte meno che tra le persone con la sola licenza media). E naturalmente, a fronte di numeri tanto elevati, non mancano ripercussioni economiche di tutto rilievo. “Il diabete – spiega il professor Renato Lauro, Presidente dell'Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) e Rettore dell'Università di ‘Tor Vergata' di Roma – assorbe ogni anno circa il 9% della spesa sanitaria, pari a 9,22 miliardi di euro. Spesa in gran parte legata ai ricoveri causati dalle complicanze del diabete. Eppure, nonostante l'enormità di questa cifra, secondo un'analisi della London School of Economics, siamo uno dei Paesi con la spesa più bassa d'Europa. Ma non c'è da cullarsi sugli allori. Entro il 2030, si prevede che i malati di diabete aumenteranno del 23%”. Per arginare questa epidemia, non resta dunque che potenziare la prevenzione. “Dieta bilanciata, esercizio fisico e controllo del peso corporeo – ricorda il Senatore Antonio Tomassini, Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato – riducono del 50% il rischio di essere colpiti da questa condizione, che ‘scippa' in media 5-10 anni di vita a chi ne è affetto”. Fondamentale naturalmente è anche il ruolo della terapia, mirata non solo al buon controllo della glicemia, ma anche a quello degli altri fattori di rischio cardiovascolari. “Il trattamento precoce ed intensivo di glicemia, ipertensione e colesterolo alto – spiega il professor Agostino Consoli, coordinatore del Report 2012 e ordinario di Endocrinologia presso l'Università di Chieti – riduce del 50% il rischio di gravi complicanze e di mortalità a 13 anni”. E' dimostrato infatti che una buona assistenza alla persona con diabete riduce del 15% ictus e infarti e del 47% le insufficienze renali gravi in un arco temporale di 15 anni. Una persona con diabete senza complicanze costa allo Stato 800 euro l'anno, mentre in presenza di una complicanza si balza subito a 3.000 l'anno. Una persona in dialisi infine (il diabete è la principale causa di insufficienza renale terminale e dunque di ricorso alla terapia emodialitica) costa in media 40.000 euro l'anno. Secondo i dati contenuti nell'indagine conoscitiva sul diabete realizzata dal Senato e presentati nell'ambito della “Seconda conferenza nazionale sul diabete”, il tasso di crescita di questa malattia nel nostro Paese è prossimo al 4% l'anno e questo comporta costi aggiuntivi per il SSN, pari a circa 300 milioni di euro l'anno. “L'indagine conoscitiva – spiega la Senatrice Emanuela Baio, Presidente del Comitato Nazionale per i diritti della persona con diabete, è un lavoro approfondito e prezioso che abbiamo messo a disposizione del Governo. La situazione del nostro Paese è stata fotografata in maniera meticolosa, Regione per Regione, mettendo in luce pregi, difetti e criticità. Sulla base di questa analisi, abbiamo inoltre formulato una serie di proposte concrete, alcune delle quali, sono state già recepite dal Piano Nazionale Diabete, di prossima presentazione da parte del Ministero della Salute”. Proposte che hanno la potenzialità di promuovere un profondo cambiamento culturale nell'organizzazione sanitaria del nostro Paese “visto che – sostiene il professor Umberto Valentini, presidente di Diabete Italia – il diabete è un vero e proprio paradigma delle malattie croniche e può dunque fungere da modello per affrontare la sfida più attuale per la sanità, quella della cura e dell'assistenza della cronicità”. “La cronicità di questa patologia e le previsioni sui futuri sviluppi – sostiene il professor Salvatore Caputo, Direttore scientifico di Diabete Italia, che ha collaborato con la Commissione Parlamentare alla stesura del rapporto conclusivo – impongono a livello politico una programmazione di medio e lungo periodo che, di volta in volta, affianchi o solleciti gli interventi sanitari adottati a livello regionale e territoriale. E' dunque urgente un Piano nazionale sul diabete poiché una corretta programmazione consentirà di garantire che la governance del ‘sistema diabete' sia sostenibile in termini economici”.  Tre i punti cardine suggeriti nell'indagine conoscitiva sul diabete: creazione di un registro nazionale delle persone con diabete, basato su registri regionali; intensificare la prevenzione attraverso la promozione di stili di vita salutari; ridefinire i LEA in diabetologia, per eliminare le differenze tra le diverse regioni (anche per quanto riguarda l'erogazione dei materiali per l'autocontrollo della glicemia e l'educazione terapeutica) . "Questo documento – conclude il senatore Antonio Tomassini – richiama ad un coinvolgimento diretto della scuola e delle Regioni, affinché si adoperino da un lato a contrastare l'aumento dell'obesità, particolarmente quella in età infantile e tra i giovani, dall'altro a dare una soluzione adeguata al problema della somministrazione dei farmaci a scuola, che riguarda non solo il diabete ma anche altre patologie”. (STEFANIA BELLI)  

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