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Pezzoli: “Non tardare, inizia oggi”Cambia l'approccio al Parkinson

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Maria Rita Montebelli
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Il 29 novembre si celebra la Giornata Nazionale della Malattia di Parkinson. Qual è ad oggi lo stato dell'arte per il trattamento di questa malattia? La Giornata Nazionale della Malattia di Parkinson rappresenta un momento importante per richiamare l'attenzione su questa patologia che colpisce solo nel nostro Paese circa 230.000 persone. Negli ultimi 40 anni si è verificato un miglioramento continuo dei trattamenti disponibili e l'attuale approccio farmacologico appare abbastanza efficace almeno per i primi anni di malattia. La levodopa, ad esempio, fu introdotta nel mercato proprio all'inizio di questo periodo e rappresenta ancora oggi il gold standard della terapia per la malattia di Parkinson. Con il progredire della malattia insorgono fenomeni di fluttuazione sia per aspetti motori che non motori (blocchi e movimenti involontari) e talvolta anche un deterioramento cognitivo. E' essenziale quindi conoscere bene tutti questi fenomeni per una terapia ottimale. In generale, rispetto ad altre malattie neurologiche, possiamo ritenerci “relativamente soddisfatti”. I medici del Centro Parkinson dell'ICP di Milano hanno da poco pubblicato un nuovo studio, condotto in Africa e in Italia sull'utilizzo di levodopa nei pazienti affetti da Malattia di Parkinson. Quali gli obiettivi e le evidenze emersi? Il Centro Parkinson degli Istituti Clinici di Perfezionamento (ICP) - che ricordiamo è un centro di riferimento tra i più importanti al mondo con un database di circa 25.000 pazienti - ha condotto recentemente uno studio in Ghana, in collaborazione, fra l'altro, con l'Università di Accra, con l'obiettivo di studiare gli effetti dell'interazione tra la malattia e la terapia con levodopa, tema sul quale da parecchi anni vi è un acceso dibattito relativo alla possibilità di procrastinare o no la terapia in considerazione del rischio di sviluppare complicazioni motorie. Lo studio condotto su 91 pazienti ghanesi (confrontati con un gruppo di controllo di 2.282 pazienti visitati per la prima volta al Centro Parkinson di Milano nello stesso periodo) ci ha permesso di osservare come, soprattutto in casi con più di 10 anni di malattia, alcuni pazienti hanno mostrato la comparsa di fenomeni di fluttuazioni motorie solo dopo qualche ora, o al massimo qualche giorno, dalla loro prima assunzione di levodopa. Queste evidenze ci hanno permesso di dimostrare che l'insorgenza delle fluttuazioni è indipendente dalla durata del trattamento con levodopa ed è invece un fattore strettamente legato alla progressione naturale della malattia. In Europa uno studio del genere sarebbe stato impossibile. La sua peculiarità risiede proprio nell'essere il primo studio ad aver indagato direttamente la latenza tra inizio della levodopa e comparsa di fluttuazioni motorie in pazienti di un paese in via di sviluppo dove l'inizio della terapia, per mancanze di risorse, si verifica spesso molti anni dopo l'esordio della malattia, al contrario dei paesi industrializzati dove il paziente viene messo in trattamento farmacologico subito dopo aver ricevuto la diagnosi. Come può cambiare il percorso terapeutico del paziente affetto da Parkinson a seguito di quanto dimostrato dallo studio? Abbiamo ricevuto i complimenti da tutti i migliori neurologi del mondo. Uno di questi ha condiviso in un suo editoriale il successo del nostro studio e ha sintetizzato così quello che noi riteniamo il nostro più importante risultato: 'Don't delay, start today' – “Non tardare, inizia oggi”. Finora si pensava che le fluttuazioni motorie che si sviluppano dopo diversi anni di terapia a base di levodopa fossero complicazioni a lungo termine della terapia. Pertanto, si tendeva a rimandare l'introduzione del farmaco il più possibile, a scapito della stessa qualità di vita dei pazienti. I risultati dello studio hanno dimostrato invece che una terapia a basso dosaggio di levodopa può essere somministrata subito, vale a dire nel momento in cui viene fatta la diagnosi di malattia. Si tratta di una vera e propria rivoluzione dal punto di vista del trattamento dal momento che negli ultimi 30 anni si è pensato esattamente il contrario e cioè che il modo migliore per ritardare l'insorgenza delle complicanze fosse proprio quello di ritardare l'introduzione di questo farmaco. L'esperienza della Fondazione Grigioni nei paesi in via di sviluppo ha permesso di scoprire anche una terapia naturale per il trattamento del Parkinson: la mucuna pruriens, semente tipica delle regioni tropicali africane, del Sud-America e dell'Asia meridionale. Ci può spiegare meglio di cosa si tratta? Il nostro gruppo di ricercatori ha concentrato la sua attenzione su una potenziale terapia “naturale”: un particolare legume, la mucuna pruriens, i cui semi contengono un'alta concentrazione di levodopa. Grazie alla collaborazione con la dottoressa Janeth Laguna, medico neurologo di SantaCruz de la Sierra, abbiamo condotto uno studio osservando alcuni pazienti boliviani che già la utilizzavano e abbiamo messo a punto un sistema che non prevede alcun passaggio industriale, ma richiede solo una preparazione semplice da eseguire e a costo praticamente zero. Ci siamo poi resi conto che la tostatura era la modalità di preparazione ottimale: una volta decorticati, tritati e setacciati i semi di mucuna erano pronti per essere assunti. E soprattutto funzionavano molto bene. Questo non solo ha un grande valore terapeutico ma rappresenta un'opportunità di cura anche in realtà molto povere dove il costo per sostenere la terapia farmacologica tradizionale risulta nella maggior parte dei casi insostenibile. Ricordiamo che la malattia di Parkinson ha una prevalenza nel mondo di circa 2 persone su 1000; e che circa 4-5 milioni di malati vivono in realtà dove non è possibile affrontare una cura farmacologica tradizionale per una questione economica. La spesa media per la terapia farmacologica ordinaria è di circa 2 dollari al giorno, in paesi dove lo stipendio mensile, per chi ha un impiego, è di circa 50-80 dollari; il costo di una terapia con mucuna è di 12 dollari all'anno. Quali sono stati il ruolo e l'impegno della Fondazione Grigioni in questi studi? La Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson ha finanziato quasi interamente sia lo studio parallelo parkinsoniani ghanesi-italiani sia quello sullo sviluppo della mucuna pruriens come terapia per i pazienti più poveri dei paesi in via di sviluppo, che non hanno la possibilità di accedere alla terapia farmacologica. (GIOIA TAGLIENTE)  

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