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“Tutti sanno cosa bisogna mangiarema… è difficile metterlo in pratica”

La maggioranza dei soggetti intervistati in occasione dell'Obesity Day risulta obesa anche se consapevole delle sane abitudini alimentari. Secondo il presidente della fondazione ADI Giuseppe Fatati «siamo in presenza di una vera e propria sindrome dell'imbuto: tutti sanno, ma pochi mettono in pratica»

Maria Rita Montebelli
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La maggioranza delle persone obese o in sovrappeso è già a conoscenza delle sane abitudini alimentari eppure non le attua. È questo uno dei più eclatanti ed allarmanti risultati emersi dall'indagine che ADI - Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica ha sviluppato nell'ultima edizione dell'OBESITY DAY, tenutasi come ogni anno il 10 ottobre. I questionari sono stati distribuiti dai medici negli oltre 200 centri di dietetica che hanno aderito all'iniziativa in tutta Italia. Sono stati intervistati 2.000 soggetti provenienti da tutta Italia. Di loro, il 37% è risultato obeso, il 32% sovrappeso, il 28% normopeso mentre il 3% sottopeso. Dalle risposte fornite sulle abitudini e sullo stile di vita alimentare emerge il dato nettamente discordante dal reale stato fisico rilevato nella maggioranza dei partecipanti. Più della metà delle persone intervistate ha, infatti, risposto correttamente alle domande presenti nei questionari: il 48%, ad esempio, risulta consapevole che la colazione non vada saltata; il 44% dichiara di mangiare molta frutta e verdura mentre l'82% consuma generalmente olio di oliva. A fronte di questo risultato ADI considera un fattore positivo l'elevato grado di adesione al questionario proprio da parte di persone obese o in sovrappeso; il dato evidenzia, infatti, che chi manifesta consapevolezza sul proprio problema è in grado di partecipare a situazioni di informazione e approfondimento. Allo stesso tempo è preoccupante notare che il grado di sensibilizzazione sulle regole della sana alimentazione sia così diffuso e così poco messo in pratica. I consigli dell'esperto. «Quanto emerge da questi importanti risultati pone l'attenzione su una visione del tutto superficiale di quello che caratterizza lo stilo di vita e le abitudini alimentari ‘sane' - dichiara il Prof. Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione ADI - È come se la maggioranza delle persone intervistate abbia compreso che l'alimento ha lo stesso valore di un farmaco, ma che si sia dimenticata di leggere il foglietto illustrativo con tutte le indicazioni e le controindicazioni del caso, evitando di dosare e ‘porzionare' in maniera intelligente tutto ciò che ingerisce. Ciò dimostra come i principi della dieta mediterranea, di cui tutti parlano, siano stati percepiti, ma non messi in pratica. Possiamo dire di trovarci in presenza di una vera e propria sindrome dell'imbuto ovvero, in linea generale tutti hanno sentito parlare della dieta mediterranea, una discreta parte ha cercato di approfondirne gli aspetti, ma solo una minima parte li ha messi veramente in atto». ADI ricorda a questo proposito come lo stile di vita mediterraneo, patrimonio immateriale dell'umanità, debba essere preso in considerazione come esempio di contaminazione naturale e culturale, e come tale debba diventare più che un modello di riferimento un modo di vivere. La dieta mediterranea promuove, infatti, l'interazione sociale, la condivisione e l'equilibrio. «Per seguire una dieta mediterranea non basta semplicemente consumare alimenti come l'olio di oliva, la frutta o la verdura, ma bisogna tener conto delle porzioni, dei condimenti, delle tecniche di cucina e soprattutto cosa fondamentale del tempo. Prendersi il giusto tempo a tavola non significa, stare seduti più a lungo e quindi mangiare di più, ma assaporare e gustare i piatti con tutti e cinque i sensi e prestare attenzione a ciò che si consuma. La dieta mediterranea o meglio la via mediterranea a una salutare alimentazione è lastricata di alimenti sani tenuti insieme da comportamenti corretti e costanti nel tempo». (STEFANO SERMONTI)

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