Disturbo borderline di personalità Ora famiglie e professionisti in rete
Per la prima volta in Italia, professionisti e familiari di pazienti affetti da disturbo borderline di personalità hanno partecipato insieme a questo evento di grande rilievo scientifico. La lettura magistrale della professoressa Perry Hoffman, presidente e fondatrice di NEA BPD, ha lanciato un messaggio di grande ottimismo per le famiglie: il'borderline' è un disturbo con una buona prognosi. gli interventi successivi hanno affrontato il tema sotto il profilo della descrizione del disturbo, della sua eziologia, del problema della comorbilità con altri disturbi e dei trattamenti. Evento correlato alla giornata è stato il primo training italiano di Family Connections, programma sviluppato all'interno di NEA BPD e presente in 16 paesi ed ora, per la prima volta, anche in Italia. Il programma prevede la formazione, in una vera e propria ‘classe' di apprendimento, di familiari e operatori che imparano le tecniche necessarie alla conduzione poi di gruppi per familiari di pazienti con disturbo borderline, storicamente soli nella gestione dei propri cari. I progetti del Fatebenefratelli. L'Irccs Fatebenefratelli di Brescia è impegnato da anni sul fronte del disturbo borderline di personalità e sta studiando le caratteristiche cerebrali associate a questa patologia, con l'utilizzo di tecnologie estremamente sofisticate applicate alle immagini di risonanza magnetica. Tra le attività in corso vi è uno studio dei correlati clinici e neurobiologici della risposta al trattamento psicoterapeutico: i pazienti vengono seguiti gratuitamente per un anno attraverso un intervento di psicoterapia intensivo sviluppato dal Terzo centro di Psicoterapia di Roma, leader italiano in questo campo. «Il nostro lavoro è diretto a cogliere non solo l'efficacia clinica ma anche come la psicoterapia agisce sulla neurobiologia e quindi aiuta a chiarire l'efficacia della psicoterapia» spiega la ricercatrice dell'Irccs Roberta Rossi. Epidemiologia. Il disturbo, almeno prevalentemente, vede il suo esordio in adolescenza ed è stimato coinvolgere dall'1 al 3% degli adolescenti della popolazione normale e circa il 4% dei giovani adulti. Questa patologia è certamente tra quelle più studiate attualmente: rappresenta un problema psichiatrico importante a causa dell'elevata richiesta di prestazioni assistenziali (ricoveri in reparti psichiatrici, utilizzo dei servizi di pronto soccorso, ecc.) e perché induce spesso comportamenti di tipo impulsivo. Va sottolineato che ha un prevalenza molto elevata sia nella popolazione generale (a seconda degli studi la prevalenza del DBP varia dallo 0,4% al 5,9%) che nella popolazione clinica dove ormai, mediamente, un paziente su 3 presenta un disturbo borderline della personalità, che spesso risulta associato sia ad altri disturbi di personalità che ad altri disturbi mentali quali depressione, ansia, disturbi alimentari e soprattutto abuso di alcool e di sostanze; una copresenza che peggiora in maniera significativa il quadro psicopatologico e la prognosi. Caratteristiche. John Gunderson, uno dei più grandi studiosi mondiali del “borderline” e da molti considerato il “padre” di questi studi, identifica come centrali nella caratterizzazione del disturbo 4 macroaree: disregolazione emotiva, ossia una difficoltà a regolare i propri stati emotivi con la presenza di manifestazioni affettive molto intense che vengono classicamente descritte, impropriamente, come “esagerate”; l'emozione della rabbia è assolutamente centrale; ipersensibilità interpersonale: i pazienti con disturbo borderline presentano spesso un'ipersensibilità al rifiuto (anche quando non si verifica) e all'allontanamento dell'altro e hanno relazioni spesso instabili, oscillanti tra l'idealizzazione e la svalutazione dell'altro; immagine del Sé: i pazienti con questo disturbo hanno un'immagine di Sé spesso distorta ed instabile così come instabili sono i propri scopi, bisogni e valori che sono spesso modulati dall'ambiente esterno e quindi possono cambiare repentinamente; discontrollo comportamentale: presenza di comportamenti impulsivi come autolesionismo, utilizzo di sostante, condotte alimentati disregolate, spese eccessive ecc.Data la componente affettiva del disturbo, il quadro clinico è spesso sovrapposto e/o confuso con il disturbo bipolare; in alcuni casi i due disturbi coesistono. Il rapporto tra i due disturbi, che peraltro è oggetto di un grande dibattito in letteratura e la relativa difficoltà di diagnosi sono uno dei motivi per cui spesso il processo di cura viene ritardato. Fattori predisponenti. Esistono dei fattori di vulnerabilità per il disturbo, oggetto di molte ricerche. Il dato più noto è che i pazienti con DBP mostrano, anche dal punto di vista di reattività cerebrale, un iperreattività di alcune regioni del cervello che sono parte del sistema emotivo. Inoltre, alcune caratteristiche temperamentali, come l'impulsività, sembrano essere più frequentemente associate al disturbo. Diversi studi hanno mostrato che esistono delle alterazioni cerebrali presenti fin dall'inizio della malattia, mentre altre sopraggiungono nel corso della malattia. Inoltre, tra i fattori predisponenti, viene ampiamente segnalata in letteratura la presenza di un ambiente invalidante, inteso come un ambiente familiare che ha delle caratteristiche peculiari, nel quale spesso alla comunicazione delle proprie esperienze interne seguono risposte estreme, inappropriate, punitive, banalizzanti e imprevedibilmente variabili, un contesto che è alla base dell'incapacità a comprendere e gestire le proprie e altrui emozioni. Inoltre, spesso, nella storia personale di queste persone si riscontrano frequenti esperienze traumatiche precoci. Prognosi. La più recente letteratura statunitense sul follow-up a medio e lungo termine ha confutato la tesi dell'immodificabilità di questi disturbi, aprendo la strada ad approcci sia diagnostici che terapeutici nuovi e più adeguati alla complessità di questo oggetto di studio. In particolare, è emerso che più della metà dei pazienti va incontro a remissione nell'arco di alcuni anni. Vi sono, tuttavia, dei tratti che sembrano essere più stabili nel tempo (es. instabilità affettiva) rispetto ad altri (es. autolesionismo). Non è ancora chiaro, però, quale sia la probabilità di ricadute e quali siano i fattori associati alla prognosi. Il numero degli studi che riportano dati di esito condotti al di fuori degli Stati Uniti è estremamente esiguo. Trattamento. In generale, i pazienti con DBP sono degli elevati utilizzatori di servizi, sia ambulatoriali che ospedalieri, e di trattamenti farmacoterapeutici. Il DBP impone spesso la necessità di ricoverare chi ne è affetto (tentativi di suicidio e gesti auto lesivi, come tagli e bruciature di sigaretta sulla pelle, incidenti per guida pericolosa, ingestione di farmaci, abuso di alcool e sostanze). I pazienti con DBP tendono a ricevere maggiormente, rispetto ad altri disturbi, interventi psicosociali, psicoterapia individuale, ospedalizzazioni in strutture psichiatriche e ad assumere terapie farmacologiche più complesse e per un periodo più lungo di tempo; inoltre, la diagnosi di DBP è una delle più frequenti condizioni che si osservano nelle unità di emergenza, anche in Italia. Il paradosso terapeutico. Iniziamo col dire che il costo economico e sociale di questo disturbo è più elevato di quello di altri disturbi psichiatrici sia in termini di costi diretti (giornate di ricovero, interventi medici ecc) che di costi indiretti (perdita di giornate lavorative o scolastiche). Recentemente, è stato mostrato come il DBP ha dei costi molto elevati anche per le famiglie, non solo in termini di carico emotivo, ma anche economico. Il vero paradosso riguarda però il trattamento dei pazienti. Non esistono dei farmaci specifici per il DBP e le linee guida come pure molti studi randomizzati controllati hanno indicato la psicoterapia come il trattamento più efficace, mentre la farmacoterapia è utile sono in alcune fasi e con obiettivi limitati. Psicoterapie strutturate per il DBP hanno mostrato di essere efficaci nella riduzione dei gesti autolesivi, dei tentativi di suicidio e del numero di ospedalizzazioni, mentre il trattamento farmacologico o i trattamenti psicosociali, da soli, non sono in grado di modificare gli aspetti centrali del DBP, quali l'instabilità affettiva, i disturbi di identità e relazionali. «Nella pratica clinica però – sottolinea Rossi - i sistemi di cura nazionali non sono attrezzati a fornire la psicoterapia, perché si richiede una formazione ben precisa da parte dei terapeuti nonché risorse di tempo notevoli, dal momento che i trattamenti di psicoterapia efficaci sono intensivi e richiedono almeno 2 ore alla settimana per persona. Quindi di fatto, la terapia più utilizzata resta quella farmacologica. Rispetto agli interventi riabilitativi standard, va detto che i modelli di trattamento integrato a disposizione sono onerosi in termini di ore di trattamento, di staff necessario per realizzarli anche se gli studi sui costi mostrano come, a fronte di un costo iniziale più alto rispetto ad un trattamento non specialistico, vi è un risparmio sul lungo tempo in termini di costi per successivi ricoveri e trattamenti aggiuntivi. Va sottolineato infine che la maggior parte delle strutture psichiatriche italiane sono strutturate per un'utenza prevalentemente con disturbi di tipo psicotico, e risultano quindi spesso non sufficientemente formati per il trattamento di pazienti con DBP; è anche per questo che tali pazienti presentano un tasso di abbandono della terapia particolarmente elevato». (MARCO FABELLO)