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Arriva un salvagente per i cuori ‘affogati'

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Da un ormone della gravidanza, speranze sempre più concrete per lo scompenso cardiaco acuto

Maria Rita Montebelli
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Chi ci è passato, lo descrive come una sensazione terribile, quella di ‘affogare' letteralmente nel proprio corpo. E' lo scompenso cardiaco acuto, una condizione dovuta ad un improvviso inceppamento della funzione del cuore che non ce la fa più a pompare il sangue verso l'aorta, lasciando che questo si accumuli nel cuore e ‘tracimi' a monte, nel circolo polmonare. Con il rapido aumento di pressione all'interno dei vasellini della circolazione polmonare, la parte liquida del sangue attraversa la parete dei vasi e si riversa all'interno degli alveoli, le strutture simili a bolle di sapone, all'interno delle quali avvengono gli scambi gassosi. Qui, quando tutto funziona, il sangue si carica di ossigeno e si libera dell'anidride carbonica. Ma se gli alveoli si riempiono di liquido, come succede nell'edema polmonare acuto, gli scambi gassosi non possono più avvenire e tutto l'organismo va in grave sofferenza, ‘soffoca', perché non riceve più ossigeno. Di fronte a questa evenienza, una persona può morire in breve tempo se non si interviene subito, trasportandola presso il più vicino pronto soccorso, dove viene trattata con diuretici per rimuovere i fluidi che ‘affogano' dai polmoni e farmaci che dilatano i vasi (per abbassare la pressione). La stessa terapia da qualche decennio, molto efficace nell'alleviare i sintomi e nel salvare la vita nell'immediato, ma purtroppo non in grado di influire sulla mortalità di quel paziente a più lungo raggio: il 20-30% di loro è destinato a morire entro un anno dall'episodio di scompenso cardiaco acuto. Nuove terapie. Ma dopo quarant'anni senza alcuna novità nel trattamento di questa condizione, c'è finalmente qualcosa di nuovo all'orizzonte. Le speranze sono tutte riposte in un farmaco, la serelaxina,  derivato da un ormone della gravidanza. I risultati di una nuova analisi dello studio di fase III RELAX-AHF, presentati ad Amsterdam al congresso della Società Europea di Cardiologia e pubblicati su European Heart Journal, dimostrano che questo farmaco è in grado non solo di alleviare i sintomi dell'attacco acuto, ma anche di migliorare i dati di mortalità a lungo termine, anche nei pazienti con insufficienza renale e nelle persone con più di 75 anni. I risultati dello studio ‘madre' presentati lo scorso anno, avevano dimostrato che la serelaxina, aggiunta alla terapia tradizionale, abbatte la mortalità a sei mesi del 37%. Risultati che fanno della serelaxina l'unico farmaco ad aver dimostrato finora un beneficio così consistente sulla riduzione di mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco acuto. Lo scompenso cardiaco acuto è un'emergenza medica che interessa almeno 3,5 milioni di persone ogni anno in Europa e negli USA.  Si può presentare a ciel sereno, ma più frequentemente in persone già affette da scompenso cardiaco cronico, una condizione caratterizzata da un progressivo calo delle performance cardiache, che si manifesta nella vita di tutti i giorni con l'affanno che compare per sforzi sempre meno importanti, come salire qualche gradino. L‘ipertensione è tra le cause più frequenti di questa condizione (è presente in oltre la metà dei pazienti scompensati); in un terzo dei casi, lo scompenso può derivare da infarti avuti in passato che minano la forza contrattile del cuore. (LAURA MONTI)

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