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Firmato il 'manifesto' d'azioneche contrasta il diabete urbano

Un documento nato da una nuova alleanza tra pubblico e privato si propone di fornire alle amministrazioni locali strumenti utili per fermare il dilagare di questa patologia nelle città italiane

Maria Rita Montebelli
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Migliorare lo stile di vita delle persone che vivono nelle città, questo è l'intento ‘Italian Urban diabetes charter', un documento siglato dall'Health city institute – gruppo di lavoro sull'urban health dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) – dall'Istituto superiore di sanità, dall'Associazione medici diabetologi (Amd), dalla Società italiana di diabetologia (Sid), dalla Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) e da Cittadinanzattiva. Si tratta di un vero e proprio manifesto, che in dieci punti si propone di fornire alle amministrazioni locali degli strumenti concreti per promuovere strategie per migliorare l'informazione, la rete assistenziale, la prevenzione e la cura delle persone con diabete di tipo 2, limitando i costi sociali dovuti alle complicanze e alla mortalità. Si tratta dell'espressione di una alleanza tra pubblico e privato che si propone di contrastare l'avanzare di questa patologia, un male che affligge in modo drammatico i centri urbani, soprattutto quello di grandi dimensioni.“Il diabete è uno tsunami che avanza – ha dichiarato Andrea Lenzi, presidente di Health city institute – si sta rivelando la malattia più rilevante e potenzialmente pericolosa del nostro secolo, per la crescita continua ed esponenziale della sua prevalenza e per la mortalità e le complicanze invalidanti correlate”. In Italia, le persone che dichiarano di avere il diabete sono 3,27 milioni, il 5,4 per cento della popolazione, secondo Istat ma “stime effettuate su dati amministrativi dall'Osservatorio Arno diabete, progetto di collaborazione fra Sid e Cineca, indicano che il dato è molto superiore, pari al 6,2 per cento, e studi hanno evidenziato che, in realtà, per ogni tre persone con diabete ne esiste una che non sa di averlo- ha aggiunto Giorgio Sesti, presidente Sid – se la crescita della prevalenza della malattia continuerà ai ritmi attuali, entro 20 anni potrebbero esserci in Italia oltre 6 milioni di persone con diabete”. Il fenomeno è particolarmente preoccupante nelle città, tanto che tra gli addetti ai lavori si sta facendo strada il concetto di ‘diabete urbano' o urban diabetes, che “non è una nuova forma di diabete, ma si riferisce al drastico aumento della prevalenza del diabete tipo 2 che si osserva nelle città a causa dell'urbanizzazione”, ha chiarito Lenzi. Vivere in un'area urbana si accompagna a cambiamenti sostanziali degli stili di vita: cambiano le abitudini alimentari e il modo di vivere, i lavori diventano sempre più sedentari, l'attività fisica diminuisce. “Numerosi studi internazionali hanno messo in risalto come esista un collegamento tra aumento di diabete tipo 2, obesità e urbanizzazione – ha detto Domenico Mannino, Presidente Amd – Gli amministratori della città saranno sempre più in prima linea, nel collaborare con i medici, per contrastare questo fenomeno, che vede già oggi 2 persone con diabete su 3 vivere in un nucleo urbano, con una stima dell'International diabetes federation che prevede nei prossimi 25 anni questo rapporto crescere a 3 su 4”. Il diabete e l'obesità, come tutte le malattie non trasmissibili, soprattutto quelle cardiovascolari, il cancro e i disturbi respiratori cronici, rappresentano oggi il principale rischio per la salute e lo sviluppo umano. “L'Organizzazione mondiale della sanità, come tutta la comunità scientifica internazionale, evidenzia quanto sia indispensabile per lo sviluppo sociale ed economico di tutti i paesi, investire nella prevenzione di queste malattie, e come questa sia una responsabilità in prima battuta dei governi, ma in realtà della società in senso più allargato – ha sottolineato Gerardo Medea, coordinatore dell'area prevenzione di Simg – Arrestare l'aumento del diabete in ambito urbano è un'impresa difficile, ma possibile grazie alla stretta collaborazione tra politica, mondo sanitario e società civile”. “La vivibilità del pianeta è la più straordinaria delle sfide, e questa sfida si vince con i grandi accordi mondiali, ma anche con tutte quelle iniziative che migliorano la qualità del nostro ambiente e dunque la vita quotidiana dei cittadini. La salute dei cittadini è una delle priorità dell'azione dei sindaci italiani e oggi gli amministratori locali sono chiamati a progettare soluzioni per migliorare i determinanti della salute nei contesti urbani e consentire ai cittadini di oggi e alle generazioni future di poter vivere in città migliori, più vivibili e salutari”, ha concluso Roberto Pella, vice presidente vicario Anci e coordinatore del gruppo di lavoro sullo urban health. In occasione dell'incontro, è stato inoltre presentato il ‘Programma C14+ - Pensare globalmente, agire localmente”, promosso da Health city institute e Cities changing diabetes, in sinergia con il gruppo di lavoro sull'urban health di Anci e in collaborazione con il mondo scientifico. Il programma intende fornire, nei prossimi anni, alle amministrazioni cittadine e alle aziende sanitarie delle 14 città metropolitane italiane, ma non solo, informazioni e conoscenze per contrastare il diabete urbano e migliorare la qualità di vita delle persone con diabete. (MATILDE SCUDERI)

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