Alla ‘Fondazione Santa Lucia' a rischio cure di alta specialità
La Fondazione Santa Lucia rischia di subire un dimezzamento della propria attività di neuroriabilitazione di alta specialità con 177 posti letto, dei complessivi 325 accreditati presso il Servizio sanitario regionale
Il Decreto (Dca n. 275, 04.07.2018) è stato al centro dell'Audizione della Commissione Sanità del Consiglio Regionale, convocata per fare chiarezza sulla situazione. Nel corso del dibattito è emersa una situazione d'incertezze normative che rende difficile qualsiasi programmazione da parte delle strutture in un ambito complesso come la sanità, che invece avrebbe bisogno di certezze. Per questo l'audizione si è conclusa con la richiesta della Commissione all'assessore di prorogare i termini di attuazione del Decreto al 31 gennaio 2019, oltre quindi il limite di 90 giorni stabilito dal Decreto. La riorganizzazione dei posti letto di neuroriabilitazione nel Lazio era stata in realtà già decisa da un altro Decreto del Commissario ad Acta (Dca n. 377 del 17.11.2016) che prendeva a riferimento il fabbisogno nazionale di neuroriabilitazione di alta specialità calcolato dal Ministero della Salute in 1.216 posti letto in tutta Italia (Decreto Ministeriale 70/2015). Da questo calcolo deriverebbe per la Regione Lazio un fabbisogno di 117 posti letto. Il ricorso presentato dall'Irccs Santa Lucia contro il calcolo di fabbisogno stabilito dal Ministero della Salute è stato tuttavia accolto dal Tar del Lazio e limitatamente a questo punto il Decreto Ministeriale risulta annullato, in attesa che si esprima al riguardo il Consiglio di Stato. Sul reale fabbisogno di neuroriabilitazione in Italia hanno preso posizione negli ultimi mesi anche diverse società scientifiche e associazioni di pazienti. Nel documento ‘Alta specialità in neuro riabilitazione' (aprile 2017) la Società italiana di riabilitazione neurologica (Sirn) conclude per esempio che solo per garantire livelli adeguati di neuroriabilitazione ai pazienti post-ictus sarebbero necessari "4.800 posti letto oltre ai 1.365 posti letto necessari per la neuroriabilitazione dei pazienti colpiti da malattie e traumatismi del midollo spinale (paratetraplegie) per un totale di 6.165 posti letto. Ne deriva che i previsti 1.216 posti letto per la neuroriabilitazione a livello nazionale corrispondano solo al 20 percento dell'effettivo fabbisogno”. Da parte sua la Fondazione Santa Lucia Irccs fa sapere che nel 2017 ha ricevuto come singolo ospedale un totale di 3.707 domande di ricovero contro le 1.403 che ha potuto accogliere. In questa situazione una riduzione di posti letto di neuroriabilitazione aumenterebbe ulteriormente il rischio che pazienti con gravi cerebrolesioni possano accedere a un ricovero solo privatamente o siano indirizzati a strutture non organizzate per erogare percorsi di riabilitazione neurologica complessa. In più c'è il fatto che le domande di ricovero vengono inviate dagli ospedali pubblici per acuti alle strutture di neuroriabilitazione di alta specialità. Se si riduce la capacità di ricovero di queste ultime, si riduce anche per gli ospedali per acuti la possibilità di far fronte al ricovero di pazienti provenienti dai pronto soccorso. La Regione Lazio obietta tuttavia che anche nelle attuali condizioni di rimborso, l'Irccs Santa Lucia non riesce a erogare un numero sufficiente di ricoveri che esaurisca il budget assegnatole per prestazioni sanitarie in convenzione con il Servizio sanitario regionale. “La Regione ha stabilito negli anni una serie di restrizioni ai ricoveri di neuroriabilitazione di alta specialità oltre a quelli già fissati dal Ministero della Salute a livello nazionale. – obietta Antonino Salvia, direttore sanitario dell'Irccs Santa Lucia – Questo permette alla Regione di disconoscere l'appropriatezza del ricovero, applicando tariffe più basse anche nel caso di pazienti gravi. È questo che impedisce di utilizzare interamente il budget assegnato. Uno dei tanti casi che posso citare. Paziente ricoverato da noi con grave cerebrolesione per neuroriabilitazione di alta specialità. Dopo un paio di settimane viene trasferito in un ospedale per acuti della Capitale per una gastrostomia in day hospital necessaria a nutrilo. Rientra nel nostro ospedale per proseguire la riabilitazione e a questo punto proviene da un reparto di gastroenterologia anziché neurologia, neurochirurgia o terapia intensiva (uno dei criteri aggiunti dalla Regione Lazio a quelli nazionali). Così la Regione da quel giorno non lo riconosce più come ricovero di neuroriabilitazione di alta specialità”. Un'altra grave restrizione di accesso a cure di neuroriabilitazione di alta specialità per pazienti con gravi cerebrolesioni riguarda tutto il territorio nazionale ed è stata stabilita nel 2015 dal già citato Decreto 70 del Ministero della Salute. Da allora possono accedere a questo tipo di cure solo pazienti che hanno registrato almeno un giorno di coma. “Anche questo un criterio non giustificato da evidenze scientifiche – spiega Antonino Salvia – Ci sono pazienti con grave cerebrolesione che non hanno attraversato un periodo di coma e, viceversa, pazienti usciti dal coma che non hanno bisogno di cure di neuroriabilitazione di alta specialità”. Tra i grandi esclusi dalla neuroriabilitazione di alta specialità a causa di questa restrizione imposta dal Ministero della Salute ci sono i pazienti con gravi cerebrolesioni provocate da ictus, patologia che registra 150 mila nuovi casi all'anno nel nostro Paese, di cui un terzo gravi, e conta ormai quasi un milione di persone che convivono con disabilità conseguenti alla malattia. “Nei casi gravi la patologia può determinare un'ampia gamma di deficit funzionali – precisa Nicoletta Reale, presidente dell'Associazione per la Lotta all'Ictus Cerebrale A.L.I.Ce. Italia onlus – Non solo paresi degli arti e complicanze causate dall'immobilità. Un paziente su tre soffre di disturbi del linguaggio e depressione, il 60 per cento presenta problemi visivi e quasi la metà dei sopravvissuti ha difficoltà di deglutizione e respirazione. La riabilitazione costituisce un approccio terapeutico fondamentale per restituire la maggiore autonomia possibile, ma i percorsi previsti oggi per chi è stato colpito da questa patologia sono assolutamente insufficienti e non solo sul fronte della neuroriabilitazione di alta specialità, Molte Regioni non hanno neppure ancora un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta), o non è detto che questo sia stato percepito, sia per la fase acuta che per il post-ictus. Restiamo anche ben lontani dal numero di Stroke Unit previsto dalla programmazione sanitaria nazionale per il primo livello di cura”. (FABRIZIA MASELLI)