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Biosimilari, nuovo position paper“Solo il medico decide la terapia”

Un documento presentato negli scorsi giorni al ministero della Salute esclude la sostituibilità automatica tra terapie, sottolineando che solo il parere clinico può dirimere la scelta

Maria Rita Montebelli
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I farmaci biologici hanno rivoluzionato il mondo dell'oncologia, cambiando la vita di numerosissimi pazienti con tumore. Adesso, grazie ai farmaci biosimilari, questa rivoluzione potrebbe arrivare a costare il 20 per cento in meno al nostro Servizio sanitario nazionale. Ma, per quanto i biosimilari siano sicuri e affidabili, la scelta del trattamento da seguire – oppure il passaggio da una terapia all'altra nel caso di pazienti già in cura - deve rimanere esclusivamente affidata agli specialisti. Non solo: questo passaggio può avvenire solo dopo un'attenta informazione del paziente, che dovrebbe essere monitorato per l'insorgenza di eventuali effetti collaterali. Sono questi alcuni dei punti fondamentali del Position paper sui farmaci biosimilari in oncologia presentato nei giorni scorsi al Ministero della Salute. A firmare il documento l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), la Società italiana di farmacologia (Sif), la Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie (Sifo), il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) e la Fondazione Aiom. “Concordiamo con la posizione espressa nei recenti Position paper della Società europea di oncologia medica (Esmo) e dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che escludono la sostituibilità automatica proprio perché i farmaci biosimilari non possono essere considerati alla stregua dei prodotti generici– ha spiegato Stefania Gori, presidente nazionale Aiom e direttore dipartimento oncologico dell'ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar - Anche l'eventuale decisione clinica di eseguire uno switch terapeutico in un paziente già in cura deve essere attentamente valutata dal medico, che rimane il responsabile della prescrizione”. “L'avvento  di alcuni farmaci biologici quali gli anticorpi monoclonali, iniziato negli anni Ottanta – ha continuato Gori - ha permesso a milioni di pazienti oncologici nel mondo di beneficiarne. Dal 2014, con la scadenza dei brevetti di alcuni anticorpi monoclonali, si è aperta la strada alla sintesi di farmaci simili, ma non uguali, agli originatori. Questi biosimilari di farmaci antitumorali sono molto più complessi rispetto ai biosimilari di prima generazione”. L'introduzione di un biosimilare nella pratica clinica avviene solo dopo il superamento di un rigoroso esame da parte delle agenzie regolatorie. “Per ottenerela registrazione, l'azienda produttrice è tenuta a presentare un dossier completo ed esaustivo che comprenda anche studi di confronto clinico – ha evidenziato Simona Creazzola, presidente Sifo - parte integrante del dossier è l'esercizio di comparabilità. Scopo di questa procedura è dimostrare la similarità del biosimilare rispetto all'originatore in termini di qualità, efficacia e sicurezza, inclusa l'immunogenicità, cioè la capacità di indurre una reazione immunitaria nell'organismo, sia in fase preclinica che clinica. L'esercizio di comparabilità ha anche lo scopo di garantire qualità ed omogeneità del prodotto e del processo produttivo. Questa procedura è quindi basata su un robusto confronto ‘testa a testa' tra i due agenti, secondo specifici standard di qualità, efficacia e sicurezza, avendo definito a priori le differenze ritenute accettabili perché non clinicamente rilevanti. L'esito positivo dell'esercizio di comparabilità deve tradursi nella piena fiducia nella sostanziale equivalenza terapeutica dei due agenti”. Altro aspetto approfondito nel Position paper è costituito dall'estensione d'uso dei biosimilari per indicazioni diverse da quelle contenute nel dossier registrativo - processo detto di ‘estrapolazione' - che può essere accettabile in presenza di sufficienti dati di sicurezza ed efficacia. “Il processo di estrapolazione prevede un ‘salto logico', perché trasferisce le evidenze che derivano da uno o più studi clinici a contesti differenti – ha illustrato Alessandro Mugelli, presidente Sif - Nonostante la piena fiducia della comunità farmacologica nei biosimilari, occorre puntualizzare che la successiva traslazione nella pratica clinica può rappresentare un elemento delicato da ‘accettare' da parte della comunità oncologica. Strumenti di monitoraggio successivi all'introduzione in commercio, inclusa la conduzione di studi clinici, possono aumentare la fiducia dei medici nei confronti dei biosimilari. Alcuni effetti collaterali sono infatti rilevabili solo dopo esposizioni prolungate o, per la intrinseca rarità di alcune situazioni cliniche, solo in seguito alla esposizione di un più alto numero di pazienti rispetto agli studi pubblicati. Per questo la comunità oncologica considera le procedure di farmacovigilanza come parte fondante del monitoraggio successivo all'immissione in commercio”. In Italia le procedure di rimborsabilità prevedono che il prezzo dei biosimilari sia fissato, mediante una negoziazione condotta da Aifa con il produttore, a un valore inferiore almeno del 20 per cento rispetto al costo del biologico di riferimento. “I biosimilari rappresentano uno strumento irrinunciabile per lo sviluppo di un mercato dei biologici competitivo e concorrenziale, necessario alla sostenibilità del sistema sanitario e delle terapie innovative, mantenendo garanzie di qualità, efficacia e sicurezza per i pazienti e consentendo loro un accesso omogeneo, informato e tempestivo ai farmaci, in un contesto di razionalizzazione della spesa pubblica – sottolinea Mario Clerico, presidente Cipomo - Dovrebbe inoltre essere garantito il riutilizzo delle risorse economiche ‘liberate' grazie all'introduzione e all'impiego dei biosimilari in ambito oncologico a sostegno dell'acquisto e della diffusione di molecole antitumorali innovative ad alto costo.È stato stimato che l'impiego diffuso dei biosimilari consentirebbe un risparmio economico rilevante”. La corretta informazione ai clinici e ai pazienti riveste un ruolo essenziale per l'affermazione dei biosimilari. L'esperienza maturata con i farmaci di supporto, la prima categoria in ordine cronologico ad aver visto l'introduzione di biosimilari nella pratica clinica - ad esempio fattori di crescita granulocitari ed eritropoietine - ha evidenziato che, al di là delle decisioni regolatorie, la ‘fiducia' dei clinici nella ‘equi-efficacia' del biosimilare rispetto all'originatore e i conseguenti livelli di convinzione nella loro prescrizione possono essere bassi, soprattutto nelle prime fasi di commercializzazione. Nel Position paper è riportata anche la posizione dei pazienti oncologici che fanno riferimento a fondazione Aiom. “È fondamentale – afferma Fabrizio Nicolis, presidente fondazione Aiom – che i pazienti siano informati e rassicurati sulla qualità del processo produttivo, sull'efficacia e sulla sicurezza dei farmaci biosimilari. Devono inoltre sapere che i farmaci biosimilari non compromettono la qualità delle cure ricevute, in considerazione delle procedure che sono alla base dell'autorizzazione al commercio di questi farmaci. E devono sapere che l'utilizzo dei biosimilari su larga scala può significare la garanzia di accesso a nuovi trattamenti anti-neoplastici innovativi”. (MATILDE SCUDERI)

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