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“Dopo 15 anni una nuova terapiarisponde ai bisogni dei pazienti”

Nei pazienti con tumore del polmone in stadio III non resecabile, durvalimab riduce il rischio di morte di un terzo: lo dicono nuovi dati presentati durante Congresso mondiale sul cancro al polmone 2018 (Wclc)

Maria Rita Montebelli
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Un importante annuncio arriva da Toronto, città che negli scorsi giorni ha visto chiudersi i lavori del Congresso mondiale sul cancro al polmone 2018 (Wclc): rispetto all'attuale standard di cura, durvalumab migliora significativamente la sopravvivenza globale nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (Nsclc) in stadio III, non resecabile, e ha pertanto raggiunto con successo uno dei co-primary endpoint. A dare la notizia AstraZeneca e Medimmune, che nel corso della manifestazione hanno presentato i dati dello studio di fase III Pacific, durante il quale è emerso che durvalumab riduce il rischio di morte di quasi un terzo rispetto allo standard di cura. “Durvalumab rappresenta indubbiamente un importante progresso nel trattamento di questi pazienti e supporta l'introduzione dell'immunoterapia come nuovo approccio terapeutico in grado di ottimizzare l'efficacia degli attuali standard di trattamento con chemio-radioterapia – ha commentato il professor Umberto Ricardi, direttore del dipartimento di oncologia della Città della salute e della scienza di Torino e presidente della European society for radiotherapy and oncology (Estro)- Emerge inoltre il ruolo chiave del team multidisciplinare per l'adeguata selezione e per la corretta gestione dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato”. In contemporanea i risultati dello studio Pacific sono stati pubblicati sul New England journal of medicine. L'altro co-primary endpoint, la sopravvivenza libera da progressione è stato presentato già a settembre 2017 in occasione del congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo), dimostrando un vantaggio di oltre 11 mesi rispetto allo standard di cura. "Questi risultati sono estremamente incoraggianti per i pazienti – ha affermato il professor Giorgio Scagliotti, direttore del dipartimento di oncologia medica dell'università di Torino e presidente dell'International association for the study of lung cancer (Iaslc)- che da 15 anni non avevano a disposizione nessuna nuova arma terapeutica, e confermano durvalumab quale prima immunoterapia a dimostrare un beneficio significativo di sopravvivenza globale”. (MATILDE SCUDERI)

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