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Fino a un anno senza dolore chi soffre di artrite reumatoide

Secondo gli esperti riuniti al 55° congresso nazionale della Società Italiana di Reumatologia i nuovi dati su baricitinib di Eli Lilly confermano “una maggiore sicurezza e protezione dagli effetti collaterali gravi”

Maria Rita Montebelli
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Riduzione del dolore evidente già dalla prima settimana, miglioramenti significativi della funzionalità fisica, articolare e possibilità di ripresa delle attività quotidiane con risultati mantenuti, in taluni casi anche fino alla 52° settimana (364 giorni, un anno intero). Un ‘guadagno' in qualità di vita e un ‘risparmio' in termini di stanchezza e sofferenza generalizzata già a cominciare dalla quarta settimana e perdurante nel tempo. Sono questi i risultati emersi da uno studio basato su un questionario elettronico – il HAQ-DI (Health Assessment Questionnaire Disease Index for Rheumatoid Arthritis) – somministrato a pazienti affetti da artrite reumatoide attiva, in trattamento con baricitinib della Eli Lilly, refrattari o con risposte inadeguate ad altre terapie tra cui methotrexate. Complessivamente lo studio, pubblicato su Annals of Rheumatic Disease, evidenzia una superiorità statistica di efficacia di baricitinib, rispetto a una diversa molecola attiva, secondo i criteri proposti dall'American College of Rheumatology (ACR 20) in circa il 70 per cento dei pazienti (contro circa il 61 per cento del comparatore) alla 52 settimana. Baricitinib è anche in grado di garantire un ottimo profilo di sicurezza, come emerso nei risultati dell'ultima analisi integrata a 6 anni, in cui, su un totale di circa 3500 pazienti, i dati mostrano un profilo di sicurezza sostanzialmente simile a quello riportato nel breve-medio termine. Inoltre, il follow-up ha consentito di osservare un positivo impatto economico: la migliore efficacia si traduce in minori spese assistenziali con costi medi a paziente, in un arco di tempo di 6 mesi, stimati in circa 4 mila euro contro gli oltre 6 mila euro di molecole affini (Global & Regional Health Technology Assessment, 2018). Baricitinib, in conclusione, si profila come un'ottima opzione terapeutica nel paziente con artrite reumatoide, di cui solo in Italia si registrano 400 mila casi, con una incidenza di 2-4 nuovi casi per anno su 10 mila adulti, più frequenti fra le donne con un rapporto di 3 a 1 rispetto all'uomo, e nella fascia di età fra i 40 e i 60 anni, una delle più critiche in quanto ancora altamente produttiva sia a livello professionale che socio-relazionale e privato. “L'introduzione e l'efficacia testata di questa molecola – esordisce Luigi Sinigaglia, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell'ASST Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini CTO di Milano – apre nuovi orizzonti terapeutici nel trattamento del paziente con artrite reumatoide. Una patologia tra le più severe fra le malattie osteoarticolari in termini di danno strutturale delle articolazioni e dell'osso subcondrale, ma anche di complicanze extra-articolari e di comorbidità che generano un impoverimento della qualità della vita e una riduzione della spettanza di vita. Studi scientifici recenti dimostrano la superiorità di baricitinib rispetto a un farmaco biologico nel controllo e riduzione del dolore e nel recupero della funzionalità articolare già a partire dalle prime settimane di trattamento con mantenimento dei risultati a lungo termine fino a 52 settimane dall'inizio della somministrazione”. “Baricitinib è un nuovo farmaco per la terapia dell'artrite reumatoide – aggiunge Marcello Govoni, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell'Azienda Ospedaliero Universitaria S. Anna di Ferrara – che agisce inibendo l'attività di alcune molecole intracellulari (Jak1 e Jak2), indispensabili per la trasmissione del segnale di citochine pro-infiammatorie. Ovvero riducendo, in tal modo, l'attività di malattia e rallentando la progressione del danno articolare. L'efficacia terapeutica della molecola è stata testata e ampiamente dimostrata in diversi trial clinici controllati e randomizzati. In una recente analisi secondaria dello studio RA BEAM è stato valutato l'effetto di baricitinib anche sui cosiddetti ‘patient reported outcomes' (PROs) mediante una indagine, con somministrazione di appositi questionari in grado di valutare l'impatto della malattia su aspetti particolarmente importanti per il paziente, quali l'assolvimento delle normali attività della vita quotidiana, la funzionalità fisica, la rigidità articolare mattutina, l'astenia, il dolore, la capacità lavorativa e, più in generale, la qualità della vita. I risultati di questa analisi hanno dimostrato che i pazienti trattati con baricitinib hanno manifestato un miglioramento significativamente più evidente rispetto ai pazienti trattati con placebo o adalimumab nella maggior parte dei PROs considerati. Questi miglioramenti tendevano a presentarsi già entro le prime settimane di trattamento e si sono mantenuti per tutte le 52 settimane della sperimentazione. Dunque – prosegue il professor Govoni – il baricitinib ha permesso di ottenere un ‘guadagno' sensibile anche su dimensioni della malattia di particolare rilevanza dal punto di vista del paziente contribuendo a migliorarne la qualità della vita”. Non ultimo, dati positivi si sono osservati sull'impatto economico, condizionato dalla migliore riposta terapeutica e dunque dalla minore necessità assistenziale. “Un recente studio – conclude il professor Sinigaglia – ha dimostrato che il costo medio per 6 mesi di trattamento con baricitinib a paziente è pari a circa 4 mila euro, sensibilmente inferiore agli oltre 6 mila euro di una terapia con un'altra molecola di riferimento (adalimumab). A tutto questo si aggiunge il valore della facilità di somministrazione: una compressa una sola volta al giorno contro l'assunzione parenterale (sottocutanea o endovenosa) di altre terapie che può avere una ricaduta sulla migliore aderenza terapeutica del paziente”. (STEFANO SERMONTI)

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