Carcinoma mammario HER2-positivoè ok trastuzumab emtansine di Roche
Secondo lo studio di fase III KATHERINE riduce della metà – rispetto a trastuzumab – il rischio di recidiva nelle pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in fase precoce con residuo patologico dopo il trattamento neoadiuvante
Buone notizie dal congresso di oncologia di San Antonio: lo studio di fase III KATHERINE ha soddisfatto il suo endpoint primario dimostrando che trastuzumab emtansine, usato come agente singolo, ha ridotto in modo significativo (riduzione del 50 per cento; HR = 0,50, IC 95 per cento 0,39-0,64, p <0,0001) il rischio di recidiva o morte (sopravvivenza libera da malattia invasiva o iDFS, invasive disease-free survival) rispetto a trastuzumab, in trattamento adiuvante (dopo intervento chirurgico) nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ in fase precoce (eBC, early breast cancer) che avevano patologia residua (residuo patologico invasivo mammario e/o nei linfonodi ascellari) dopo il trattamento neoadiuvante (effettuato prima dell'intervento chirurgico). A tre anni, l'88,3 per cento delle pazienti trattate con trastuzumab emtansine non ha sperimentano una recidiva del carcinoma mammario, rispetto al 77,0 per cento di quelle trattate con trastuzumab con un miglioramento dell'11,3 per cento. Trastuzumab emtansine ha migliorato l'iDFS indipendentemente dalla presenza di recettori ormonali, dal coinvolgimento dei linfonodi e dal precedente regime neoadiuvante mirato contro HER2. Il profilo di sicurezza di trastuzumab emtansine è stato coerente con quello osservato negli studi precedenti e non sono stati identificati eventi nuovi o imprevisti. “Da sempre il nostro gruppo - spiega Anna Maria Porrini, direttore medico di Roche Italia - si è dimostrato particolarmente attento nel cercare soluzioni terapeutiche per il tumore del seno. Ne è testimonianza la storia di trastuzumab, un anticorpo che ha modificato da anni il paradigma di trattamento del carcinoma mammario HER2+. I traguardi raggiunti da questa terapia sono stati successivamente migliorati ulteriormente sia in fase precoce che avanzata dall'utilizzo combinato con pertuzumab, un anticorpo anti-HER2 di nuova generazione. Questi traguardi ci hanno spinto nel tempo a proseguire ancora di più nella ricerca di trattamenti sempre più efficaci e innovativi. Le nuove evidenze fornite dallo studio KATHERINE offrono una ulteriore opzione di trattamento mirato e aprono nuove prospettive per avvicinare sempre più le pazienti all'obiettivo cura”. “Lo studio KATHERINE, condotto a livello internazionale, ha arruolato 1486 pazienti con risposta patologica incompleta, randomizzate a ricevere la terapia adiuvante standard (trastuzumab) oppure trastuzumab emtansine (T-DM1) - illustra Pierfranco Conte, ordinario Oncologia Medica all'Università di Padova, direttore Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto IRCCS - I dati a 3 anni presentati a San Antonio hanno evidenziato un tasso di recidive del 12,2 per cento nel braccio T-DM1 contro una percentuale del 22,2 per cento con trastuzumab (HR 0,5) riducendosi quindi del 10 per cento. L'endpoint primario iDFS è passato dal 77 per cento con trastuzumab al 88,3 per cento con T-DM1. Un dato molto incoraggiante se si pensa che ogni anno in Italia 8 mila donne ricevono una nuova diagnosi di tumore al seno HER2+, una delle forme più aggressive di carcinoma mammario. Di queste, circa 3 mila sono a maggior rischio di recidiva”. L'obiettivo nel trattamento del carcinoma mammario in fase precoce è fornire alle persone le migliori possibilità di cura, e questo potrebbe implicare un trattamento sia prima sia dopo l'intervento chirurgico, nell'ambito di un approccio terapeutico completo. Sebbene ci si avvicini sempre di più a questo obiettivo, nel lungo termine molte persone manifestano ancora una recidiva. Il trattamento neoadiuvante viene somministrato prima dell'intervento chirurgico, allo scopo di ridurre le dimensioni del tumore e contribuire a migliorare gli esiti chirurgici. Il trattamento adiuvante viene somministrato dopo l'intervento chirurgico ed è finalizzato all'eliminazione di eventuali cellule tumorali residue, per contribuire a ridurre il rischio di recidiva del tumore. “L'Italia ha avuto un ruolo molto importante nello studio KATHERINE, con un totale di 19 Centri coinvolti che hanno reclutato in tutto 110 pazienti – spiega Claudio Zamagni, direttore Oncologia Medica Addarii Policlinico S. Orsola di Bologna e coordinatore dei centri italiani partecipanti allo studio – Questa nuova opzione terapeutica ci pone di fronte ad un vero e proprio cambio di paradigma perché per la prima volta nel tumore HER2+ è possibile personalizzare la terapia sulla base della risposta patologica riscontrata: l'importante novità che ne deriva per la pratica clinica è che nelle donne con carcinoma mammario HER2 positivo useremo sempre di più la terapia neoadiuvante preoperatoria come strategia prioritaria. “C'è un'attenzione elevatissima nei confronti delle pazienti con cancro HER2+ in fase precoce – conclude Zamagni – perché è questa la finestra critica nella quale il tumore può essere efficacemente trattato. Avere a disposizione un farmaco efficace e mirato ci permette di personalizzare e migliorare le cure per le donne con residuo patologico, riducendo significativamente il loro rischio di recidiva, nella prospettiva di un sempre maggior numero di guarigioni”. (EUGENIA SERMONTI)