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Il ‘delirium' e la comorbiditàmettono a rischio gli anziani

Lorenzo Palleschi

Negli over 75 la compresenza di almeno tre patologie cliniche riguarda il 50 per cento dei soggetti in Italia. Sono gli ultraottantenni, invece, quelli più colpiti da delirium, con il 20-30 per centodei soggetti ospedalizzati

Maria Rita Montebelli
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Invecchiare in salute, un obiettivo perseguito da tutti sebbene non sia semplice. In età geriatrica, infatti, è frequente la coesistenza di malattie diverse, un fenomeno particolarmente frequente negli over 75: in questa fascia d'età la compresenza di almeno tre patologie cliniche riguarda il 50 per cento dei soggetti in Italia. "Questo fenomeno - spiega Lorenzo Palleschi, responsabile geriatria azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata e vicepresidente della Società italiana di geriatria ospedale e territorio (Sigot) - interferisce con tutti i momenti dell'approccio clinico, a partire da quello diagnostico, rappresentando l'elemento centrale della complessità e peculiarità del paziente anziano. Dopo i 75 anni avere una sola patologia rappresenta una rarità. In ambito cardiologico, le comorbidità più frequenti sono la broncopneumopatia cronico ostruttiva, il diabete mellito, l'anemia e l'insufficienza renale". Questa molteplice presenza rende atipica la manifestazione d'esordio di molte delle malattie, provocando molti errori diagnostici. Un esempio è la confusione mentale, il cosiddetto ‘delirium', tipica della demenza ma contemporaneamente esordio di fenomeni quali, ad esempio, una comune sindrome influenzale, uno scompenso cardiaco, ma anche la frattura del femore o un ricovero ospedaliero. Nonostante questo passi spesso inosservato e sia anche sottovalutato, riguarda il 20-30 per cento dei soggetti ultraottantenni. Cifre purtroppo in aumento, perché diventa sempre più vecchia la stessa popolazione ospedaliera italiana: nelle strutture nosocomiali un soggetto su due, infatti, è over 80. "Il delirium, o stato confusionale acuto, è una sindrome clinica caratterizzata da transitoria reversibile confusione mentale – aggiunge Palleschi – che si associa ad un importante disorientamento spaziale e temporale, inattenzione e pensiero disorganizzato. Questo momento, durante l'ospedalizzazione, è riconosciuto come un fattore di rischio indipendente di morte. E' quindi una situazione che va riconosciuta, valutata e indagata, così da scoprire il determinante patologico scatenante il delirium. Un tempo queste situazioni riguardavano soltanto reparti geriatrici ma, con l'invecchiamento di tutta la popolazione ospedaliera, sono ormai molto diffusi anche nei reparti specialistici, come quelli cardiologici, chirurgici e ortopedici". Ad aggravare la situazione, le cattive abitudini: due anziani su tre non aderiscono correttamente alle terapie prescritte dagli specialisti. Eppure, negli ultimi anni, la consapevolezza di quanto queste siano fondamentali è aumentata, ma evidentemente ciò non è ancora sufficiente. "L'aderenza ai farmaci - spiega Francesco Vetta, cardiologo aritmologo presso le case di cura Paideia e Mater Dei di Roma - è cresciuta nel corso degli ultimi 15 anni: ormai il medico si è adeguato a dosaggi e a strumenti consigliati. Di conseguenza anche il paziente è maggiormente preparato e attento. Questo aumento di sensibilità ha di fatto abbassato il rischio di mortalità, ma c'è ancora molto da fare". Di questi temi si è parlato durante il 14° Congresso di Cardiogeriatria – organizzato dalla Società italiana di geriatria ospedale e territorio (Sigot), e presieduto da Francesco Vetta e Lorenzo Palleschi – che si è concluso negli scorsi giorni a Roma. (MATILDE SCUDERI)

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