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Una terapia rivoluzionariain primis in onco-ematologia

Franco Locatelli

Intervista con il professor Franco Locatelli (nella foto), presidente del Consiglio superiore di sanità e direttore del dipartimento di Onco-ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma

Maria Rita Montebelli
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Cosa è la terapia CAR-T? La terapia con CAR-T cells è la forma più avanzata d'immunoterapia anti-tumorale, essendo basata su elementi del nostro sistema immunitario (i T linfociti), geneticamente modificati attraverso l'inserimento nel loro DNA di una sequenza genica che codifica per una proteina (chiamata recettore chimerico antigenico, CAR) in grado di reindirizzare l'attività di queste cellule sul bersaglio tumorale. Quest'aggressione si fonda sul riconoscimento selettivo di una molecola bersaglio presente sulle cellule tumorali (nel caso delle patologie in cui vi è stata l'approvazione da parte delle agenzie regolatorie europee, la molecola CD19). Si tratta di una cura standard per tutti i malati con un tumore del sangue o di una terapia utile in casi selezionati e destinata a pazienti con tumori giunti a stadio avanzato? La terapia con cellule CAR-T è a oggi riservata a malati che hanno fallito i trattamenti convenzionali. Più specificatamente, l'agenzia europea del farmaco (EMA) ha approvato la terapia con cellule CAR-T in: 1.    Pazienti fino ai 25 anni di età con Leucemia Linfoblastica Acuta a differenziazione B cellulare (LLA-BCP) in seconda ricaduta di malattia o con malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali o in prima ricaduta post trapianto emopoietico; 2.    Pazienti adulti affetti da Linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) o da Linfomi primitivi del mediastino (PMBCL) a grandi cellule B refrattari o resistenti a due o più linee di terapia sistemica. Come si effettua la terapia? I linfociti T, prelevati dal sangue del paziente mediante una procedura chiamata linfocito-aferesi, vengono modificati in laboratorio, in modo da inserire nel loro DNA quella sequenza genica che codifica per la sintesi del CAR, il quale, come già menzionato, reindirizza i linfociti contro le cellule tumorali. Le cellule CAR-T vengono, quindi, fatte moltiplicare, sempre in laboratorio e, infine, infuse nel paziente. La terapia è una tantum: una volta nel circolo sanguigno, i linfociti T sono in grado di riconoscere le cellule malate, eliminandole. Le cellule CAR-T possono essere prodotte solo in apposite Officine Farmaceutiche, autorizzate allo scopo. In ambito accademico italiano, per la produzione di un medicinale sul territorio nazionale, è necessaria l'autorizzazione dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), rilasciata previa verifica ispettiva diretta ad accertare che il richiedente disponga di personale qualificato e di mezzi tecnico-industriali conformi a quanto richiesto. La terapia è disponibile in Europa? Sì. Come già ricordato, EMA ha autorizzato all'immissione in commercio 2 prodotti: Kymriah (prodotto da Novartis) e Yescarta (prodotto da Gilead) secondo le indicazioni precedentemente ricordate. Inoltre, nel nostro Paese, sono attivi 3 trials accademici, 2 dei quali condotti all'Ospedale Bambino Gesù di Roma basati sull'impiego delle cellule CAR-T nelle LLA-BCP e nei linfomi a cellule B, così come in un tipo di tumore solido del bambino chiamato neuroblastoma. Un terzo studio fondato su un tipo particolare di cellule CAR, chiamate cellule CAR.CIK, viene condotto all'Ospedale San Gerardo di Monza e all'Ospedale Papà Giovanni XXIII di Bergamo in pazienti ricaduti dopo un trapianto allogenico di cellule emopoietiche. Perché si tratta di una terapia rivoluzionaria? Quali sono i vantaggi? Quali invece gli eventuali effetti collaterali? La terapia CAR-T è in grado di offrire una concreta possibilità di cura definitiva a quei pazienti che, avendo fallito i trattamenti convenzionali, non avrebbero ulteriori possibilità terapeutiche disponibili. Il più frequente e importante effetto collaterale associato alla terapia con cellule CAR-T è rappresentato dalla cosiddetta sindrome da rilascio citochinico, cioè uno stato di infiammazione estrema causata dai linfociti T attivati. I sintomi che la connotano possono essere anche molto gravi e, quindi, pericolosi per la vita del paziente. Per questo motivo, è fondamentale muoversi tempestivamente ai primi segni di sviluppo di questa complicanza e con le terapie appropriate (farmaci corticosteroidei o anticorpi che bloccano le citochine coinvolte nella fisopatologia di questa condizione). Quest'osservazione sottolinea l'importanza che la terapia con cellule CAR-T venga eseguita in Centri selezionati ad alta qualificazione e con esperienza specifica. Un'altra temibile complicanza della terapia con cellule CAR-T è costituita dalla neurotossicità che, in rarissimi casi occorsi in soggetti adulti, è risultata essere anche fatale. Per aumentare la sicurezza delle CAR-T nel nostro trial accademico, durante la generazione dei linfociti T, abbiamo sviluppato una modifica: l'aggiunta di un gene, chiamato suicida, che si attiva in caso di mancata risposta a terapie farmacologiche della sindrome da rilascio citochinico, piuttosto che della neurotossicità, determinando la pronta eliminazione delle cellule CAR-T. In Italia terapia è stata già effettuata sui bambini? In quali casi e con quali risultati? Nello studio da noi condotto all'Ospedale Bambino Gesù di Roma basato sull'impiego delle cellule CAR- T nelle LLA-BCP e nei Linfomi a cellule B la terapia ha mostrato una risposta decisamente favorevole nei 15 pazienti trattati con percentuali di ottenimento della remissione di malattia superiori all'80 per cento, valore del tutto in linea con i risultati riportati nello studio promosso a livello internazionale da Novartis. Anche i primi dati di risposta iniziale nei bambini con neuroblastoma sono promettenti e inducono largamente a proseguire sulla strada intrapresa. Quanti sono i bambini che al momento potrebbero usufruire della terapia nel nostro Paese? Sono stimati circa 30-40 bambini per anno per quanto pertiene alla LLA-BCP e ulteriori 5-10 sono i pazienti pediatrici con un linfoma eleggibile al trattamento con CAR-T cells. Va, tuttavia, sottolineato che alcuni pazienti, purtroppo, non possono beneficiare della terapia in ragione di uno scarso numero di linfociti T funzionanti, sia per le terapie ricevute sia per la patologia tumorale stessa. Altri ancora arrivano al momento dell'infusione, ma il trattamento non è più realizzabile perché la malattia leucemica o linfomatosa nel frattempo è troppo progredita. Deve essere anche chiarito che alcuni pazienti non rispondono alle CAR-T, oppure, dopo aver risposto, sviluppano cellule resistenti all'effetto delle cellule CAR-T stesse. (STEFANO SERMONTI)

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