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Atezolizumab ottimi risultati anche senza la chemioterapia

Filippo de Marinis

Secondo il professor Filippo de Marinis “Utilizzato in prima linea, consentirà ad un numero sempre più ampio di pazienti con carcinoma polmonare di beneficiare dell'immunoterapia, in base a una strategia terapeutica personalizzata”

Maria Rita Montebelli
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E' uno dei big killer assoluti tra i tumori a tutte le latitudini. Si tratta del tumore del polmone, che si stima verrà diagnosticato nel 2019 a 42.500 italiani e che rappresenta la prima causa di morte oncologica nel nostro Paese (33.838 decessi nel 2016). Ma uno studio presentato a Barcellona, al congresso europeo di oncologia (ESMO) apre la porta alla speranza soprattutto per quei pazienti portatori della forma istologica cosiddetta ‘non a piccole cellule'. Lo studio di fase 3 IMpower110, conferma l'immunoterapia come superstar del trattamento di queste neoplasie, fin dalle prime battute, cioè in prima linea. I risultati di questo studio arrivano sulla scia della notizia, di appena qualche settimana fa, che l'EMA, l'autorità regolatoria europea, ha approvato l'impiego dell'immunoterapico atezolizumab, in associazione a chemioterapia, per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule, sia in fase avanzata, sia nei pazienti mai trattati prima. “Questo vuol dire  commenta il professor Filippo de Marinis, direttore dell'Oncologia Medica Toracica dell'Istituto Europeo di Oncologia – che un numero sempre più ampio di pazienti con carcinoma polmonare potranno beneficiare dell'immunoterapia, in base a una strategia terapeutica personalizzata”. IMpower110 aggiunge un nuovo tassello, dimostrando che atezolimab funziona in prima linea anche senza far coppia con la chemioterapia. Lo studio è stato condotto su 572 pazienti, trattati con atezolizumab o chemioterapia (cisplatino o carboplatino in associazione a pemetrexed nelle forme ‘non squamose'  o associato a gemcitabina nelle forme ‘squamose'). Atezolizumab ha migliorato la sopravvivenza globale di oltre il 40 per cento (+ 7,1 mesi) rispetto alla sola chemioterapia, nei pazienti con elevata espressione del biomarcatore PD-L1. Questo esame (il test si chiama SP142) viene effettuato sul tessuto polmonare prelevato mediante biopsia e consente di individuare i pazienti che hanno le migliori chance di risposta all'immunoterapia. Più è alta la presenza della proteina PD-L1 nel tessuto tumorale, maggiore sarà la risposta al trattamento, che potrà essere dunque veramente ‘personalizzato' in base a questa caratteristica del paziente. I risultati di questo studio suggeriscono dunque una nuova potenziale indicazione di atezolizumab in monoterapia, in prima linea per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule ad elevata espressione di PD-L1. “Lo studio IMpower110 – spiega il professor de Marinis – ha dimostrato che atezolizumab in monoterapia è efficace in prima linea nei pazienti con questo tipo di tumore, sia in forma squamosa che non squamosa, e in particolar modo in quei pazienti che presentano un'alta espressione di PDL-1. I dati dello studio IMpower110 presentati al congresso ESMO aggiungono un ulteriore tassello nella strategia terapeutica nel tumore del polmone e confermano atezolizumab come valida opzione di trattamento in prima linea per questo tipo di pazienti”. Atezolizumab continua dunque a confermarsi un ottimo cavallo di battaglia contro il tumore del polmone. per capirne ancora più a fondo le piene potenzialità è oggetto di un vasto programma di studi clinici, ben 9 studi di fase 3, che lo vedono protagonista sia in monoterapia che in associazione ad altri farmaci. Questo immunoterapico è comunque al vaglio anche in altre forme tumorali; una serie di studi di fase 3 ne stanno valutando le performance (in monoterapia o in associazione con altri farmaci) anche nei tumori genito-urinari, della pelle, della mammella, gastro-intestinali, ginecologici, di testa e collo. (MARIA RITA MONTEBELLI)

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