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Sordità. L'impianto cocleare farà rivivere l'organo uditivo

Grazie alle nuove frontiere tecnologiche presentate al recente simposio MED-EL, all'interno del Congresso Inner Ear Biology recentemente tenutosi a Padova, si potrà garantire a lungo il normale funzionamento della coclea

Maria Rita Montebelli
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Il problema della sordità coinvolge un numero sempre più ampio di italiani: basta considerare solo la popolazione infantile, in cui il 2 per cento dei bambini di età compresa tra i 4 e i 12 (101 mila) e l'1 per cento fino a 3 anni (23 mila) presentano un deficit uditivo di grave entità. Il trattamento delle sordità di grado severo e profondo è sempre più connesso a soluzioni terapeutiche all'avanguardia, in particolare connesse agli impianti cocleari, sistemi sempre più sofisticati e mininvasivi, che rappresentano un'efficace soluzione anche in pazienti al di sotto dell'anno di età. A tale tema era dedicato il Simposio MED-EL ‘New Approaches for Improving Inner Ear Function', all'interno del ‘56° Congresso Inner Ear Biology Workshop' recentemente tenuto a Padova, appuntamento dedicato alla ricerca di base e applicata per il trattamento delle ipoacusie. Gli impianti sono dispositivi elettromedicali che permettono alle persone con gravi disabilità uditive di riacquistare la percezione dei suoni, con un'operazione chirurgica poco invasiva in cui si posizionano micro elettrodi all'interno della coclea, in prossimità del nervo acustico, in modo da stimolare e ripristinare la sensazione uditiva. È importante la scelta e la posizione del tipo di elettrodo, che deve essere adatto alle caratteristiche individuali della coclea. Non esiste infatti una peculiarità che accomuni tutte le persone con danno uditivo: basti pensare alla variabilità di gravità, morfologia e età di insorgenza del danno. “I benefici degli impianti cocleari sono tanto più rilevanti quanto più la tecnologia li rende sicuri ed affidabili nel tempo, a garanzia di una maggiore qualità di vita del paziente – dichiara il professor Alessandro Martini, ordinario di Otorinolaringoiatria dell'Università degli Studi di Padova – I più recenti studi hanno mostrato come rendere tale tecnologia sempre più efficace nel tempo, in particolare attraverso il rilascio di sostanze di rigenerazione e neuro-protezione per tramite degli elettrodi inseriti nella coclea”. Lo scopo di tali studi, condotti con il supporto di MED-EL, è stato investigare come ridurre le eventuali reazioni e traumi che l'introduzione di un elettrodo, per quanto sottile e flessibile, può determinare in un organo così piccolo e delicato come la coclea, soprattutto in caso di impianto in pazienti con una prospettiva di vita molto lunga (come è il caso dei bambini nei primi mesi di età). Ad inizio studio gli elettrodi sono stati ricoperti con un agente antiinfiammatorio della famiglia del cortisone, con un rilascio programmato a vari tempi nella coclea. È stato verificato che gli elettrodi che rilasciavano il farmaco, provocavano una minor reazione da parte dei tessuti dell'organo cocleare e quindi una minor fibrosi e ossificazione rispetto agli elettrodi standard. “Questi risultati fanno pensare che l'utilizzo di elettrodi dotati di dispenser rilasciante un farmaco antinfiammatorio possano ridurre al minimo il trauma post- chirurgico dell'orecchio interno, mantenere nel tempo i benefici dell'impianto e pertanto garantire a lungo il normale funzionamento della coclea”, conclude Martini. Non solo: il rilascio di sostanze può essere anche di stimolazione e rigenerazione dei neuroni cocleari, ad esempio attraverso sostanze neurotrofiche o cellule staminali. La nuova frontiera della tecnologia uditiva è orientata pertanto non solo a limitare i danni e mantenere i benefici dell'impianto ma anche a favorire la rigenerazione funzionale dell'udito, in modo da evitare ci sia quella degenerazione spontanea dei neuroni e quindi permettere che questo beneficio si mantenga nel tempo. (FABRIZIA MASELLI)

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