Informazioni e accesso per tutte"Ecco cosa chiedono le pazienti"
La campagna di Europa donna Italia ‘Chiedo di+' vuole puntare i riflettori su passi da compiere per migliorare l'attività delle Breast unit, e lo fa con un manifesto che illustra i bisogni delle donne e delle loro famiglie
Sono passati 5 anni dalla legge che ha istituito le Breast Unit, centri dedicati alla senologia all'interno di ospedali pubblici dove è un team multidisciplinare a seguire le pazienti, dalla diagnosi alla fine del percorso terapeutico. Si tratta di strutture che si sono dimostrate valide ed efficaci nel migliorare la prognosi di tumore al seno, salvando vite e migliorando la sostenibilità del nostro Servizio sanitario nazionale. Grandi avanzamenti, eppure ancora oggi una donna su tre non viene curata all'interno di una Breast Unit, ed è arrivato il momento di chiedere di più. È questo il fulcro della campagna di Europa Donna Italia, ‘Chiedo di +', realizzata con il supporto incondizionato di Roche. “Dal dicembre 2014, quando la Conferenza delle Regioni ha recepito le linee di indirizzo ministeriali, i centri di senologia sono stati avviati gradualmente in quasi tutto il territorio nazionale; tuttavia, in alcune Regioni stentano ancora a decollare e a livello nazionale e non è ancora stato condotto un monitoraggio omogeneo della qualità delle prestazioni offerte alle pazienti - afferma Rosanna D'Antona, presidente di Europa donna Italia - Con la campagna ‘Chiedo di +' abbiamo voluto interpellare le dirette interessate, le pazienti, per far emergere dalla loro esperienza quali sono i gap da colmare affinché tutte Breast Unit d'Italia funzionino secondo i criteri previsti dalla normativa”. La campagna muove i suoi passa da un'indagine svolta dall'istituto di ricerca Swg interpellando le pazienti stesse con questionari online e interviste, rispettivamente, 500 e 30 partecipanti. Notevoli miglioramenti rispetto a una decina di anni fa – quando solo il 12-14 per cento delle donne veniva curato in centri che trattavano più di 150 casi l'anno - ma anche diverse richieste che ancora non hanno trovato ascolto: tra i gap riscontrati il primo riguarda i tempi di attesa in ogni fase del percorso - dalla formulazione di una diagnosi completa alla cura prima e dopo l'intervento - percepiti ancora come troppo lunghi. Le pazienti infatti riportano 2,3 mesi di attesa in media tra l'esecuzione degli esami e la diagnosi. Tra le altre principali criticità troviamo: la carenza di informazioni sia sugli effetti collaterali delle terapie sia su come gestirli, un problema riportato da una donna su 4 riguardo alla chemioterapia e alla radioterapia, e da oltre il 42 per cento riguardo all'ormonoterapia, dato particolarmente significativo se si considera che queste cure si prolungano per 5 anni; la carenza di informazioni per prevenire e curare il linfedema, anche con trattamenti precoci che possono portare a interventi meno invasivi, per esempio soffre di linfedema una intervistata su 4 e una su 6 riferisce di non aver ricevuto sufficiente supporto nella riabilitazione, nonostante sia prevista dai Livelli essenziali di assistenza; in molti casi il mancato accertamento della eventuale presenza di familiarità e/o di mutazioni nei geni Brca; la scarsa disponibilità dello psiconcologo ancora in molti centri, insufficiente per il 63 per cento delle intervistate; la necessità di una maggiore presenza del chirurgo oncoplastico all'interno del team multidisciplinare, in considerazione dell'elevata percentuale di mastectomie: il 43 per cento delle donne intervistate è stato sottoposto a intervento chirurgico; la scarsa presa in carico delle pazienti durante il follow up. Inoltre non sempre è assicurata la continuità di cura, infatti 4 intervistate su 10 hanno dovuto cambiare struttura, e ancora troppo spesso le giovani pazienti non ricevono adeguate informazioni e assistenza sulla conservazione della fertilità. Infine manca la figura del nutrizionista per fornire informazioni sull'alimentazione da seguire per la prevenzione delle recidive. “La ricerca rivela le opinioni e i vissuti delle pazienti - spiega Riccardo Grassi, direttore di ricerca Swg – in un contesto in cui in generale il rapporto con le strutture di cura è positivo. Emerge però molto forte il bisogno di collocare il percorso terapeutico in un quadro di relazione più umana: oltre una donna su 4 afferma di aver ricevuto la diagnosi in modo ‘freddo e distaccato', e più di una su dieci (13 per cento) per telefono o per lettera. La scoperta del tumore al seno rappresenta un momento psicologicamente molto difficile per una donna che si trova a dovere ridefinire tutto il suo futuro e che sente il bisogno di un accompagnamento forte anche in questo campo, per progettare la vita dopo le cure, con particolare attenzione anche per i temi nutrizionali e fisiatrici”. Gli unmeet need delle donne con tumore al seno sono stati sintetizzati in un Manifesto, che indica 10 azioni concrete da mettere in campo, perché è arrivato il momento di avere di più! “I centri di senologia sono l'emblema di un nuovo modello assistenziale che prende in carico la paziente dalla diagnosi fino alla fine del percorso terapeutico – afferma Corrado Tinterri, coordinatore del comitato tecnico-scientifico di Europa donna Italia e membro del gruppo di lavoro ministeriale per il coordinamento e l'implementazione dei centri di senologia - Oggi ci sono 140 Breast Unit in Italia, siamo vicini al numero ideale. Insomma, la partita più importante è chiusa, ma non ci fermiamo”. (MATILDE SCUDERI)