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Tumore del polmone, nuove speranze di vita per i pazienti: ok l'associazione pembrolizumab-chemioterapia

In Italia, nel 2019, sono stimate 42.500 nuove diagnosi. Convegno di esperti sulla neoplasia più diagnosticata al mondo (2 milioni di casi l'anno) organizzato a Milano da Motore Sanità con il contributo non condizionato di MSD

Maria Rita Montebelli
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Diagnosi precoce, appropriata presa in carico dei pazienti, accesso ai test molecolari, terapie innovative in prima linea e tempi rapidi di approvazione dei nuovi farmaci. Questi alcuni dei temi affrontati durante il convegno ‘Innovazione e sostenibilità nel carcinoma polmonare confronto tra esperti', organizzato da Motore Sanità, grazie al contributo incondizionato di MSD e che ha visto la partecipazione delle Istituzioni, dei clinici e delle associazioni di pazienti. Il tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) non squamoso è la forma più frequente di cancro del polmone e rappresenta l'83 per cento del totale di carcinomi polmonari. In Italia, il tumore del polmone è tra le neoplasie più frequentemente diagnosticate (con 42.500 nuove diagnosi stimate nel 2019 dai dati AIRTUM) e la principale causa di morte oncologica (con 33.838 decessi registrati nel 2016). Esiste un bisogno urgente di trattamenti sempre più efficaci e innovativi che possano migliorare e prolungare la vita di questi pazienti e recenti dati hanno dimostrato che l'innovazione terapeutica, sempre più spesso, va nella direzione dei trattamenti di combinazione che vedono l'associazione di più farmaci tra loro. È il caso del recente studio Keynote 189 che ha dimostrato come l'immunoterapia con pembrolizumab in associazione alla chemioterapia in prima linea raddoppi la sopravvivenza dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) non squamoso metastatico, con una riduzione del rischio di morte del 44 per cento rispetto alla sola chemioterapia. “Fino ad oggi l'immunoterapia era disponibile solo per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico con espressione di PD-L1 superiore al 50 per cento ed in pazienti già trattati con la chemioterapia, cioè in seconda linea. Il KN-189, studio clinico che porta una firma italiana importante, rappresenta una pietra miliare della ricerca oncologica del tumore del polmone. Questo studio ha infatti stabilito che l'associazione dell'immunoterapico pembrolizumab con la chemioterapia è il nuovo standard di trattamento di prima linea dei i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico non squamoso EGFR/ALK wt, indipendentemente dall'espressione di PD-L1, incluso i pazienti con livelli di PD-L1 inferiore al 50 per cento o PD-L1 negativo e quelli nei quali non è stato possibile determinare il PD-L1. Era dal 2008 che in questi pazienti non si riuscivano a superare i risultati della sola chemioterapia, ed oggi, grazie all'aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia in prima linea si raddoppia la sopravvivenza. È bellissimo vedere come oggi questa combinazione, nata grazie all'impegno fondamentale dei ricercatori italiani, sia rimborsata dal SSN e quindi finalmente disponibile per i nostri pazienti”, ha dichiarato Marina Chiara Garassino, responsabile Struttura Semplice Oncologia Medica Toraco Polmonare, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano. “Le neoplasie polmonari, in particolare i carcinomi del polmone, sono tra quelle che più hanno beneficiato dallo sviluppo e commercializzazione dei farmaci innovativi siano essi mirati a bersagli molecolari che immunoterapici. Possiamo quindi considerare questa patologia un eccellente esempio di come la ricerca e l'innovazione possano avere un impatto significativo sulla pratica clinica e sulla prognosi di pazienti anche con malattia avanzata. Il modello è quello della sperimentazione che nasce nelle popolazioni di pazienti a peggior prognosi e trattate con finalità palliativa e poi progressivamente si sviluppa in ‘setting' di malattia più precoce dove l'obbiettivo del trattamento non solo è la cura ma la vera e propria guarigione. Di fatto in questa neoplasia la ricerca ha permesso di migliorare costantemente l'offerta terapeutica e studiare con successo soluzioni ai meccanismi di resistenza primaria e secondaria. Ormai abbiamo l'evidenza di una percentuale di pazienti con malattia avanzata che sono liberi da progressione di malattia a più di 5 anni e potrebbero essere guariti. Questo era inimmaginabile solo 10 anni fa. Da qui lo sforzo attuale di portare il contributo di queste cure in fasi più precoci per poter aumentare significativamente la probabilità di guarigione. Questa è, a mio avviso, la strategia vincente anche per la sostenibilità. Infatti, i trattamenti neo-adiuvanti o adiuvanti la chirurgia e/o radioterapia sono per definizione più brevi e quindi a costo minore rispetto alla cura della malattia avanzata”, ha spiegato Filippo De Braud, ordinario di Oncologia Medica Università di Milano Direttore Scuola di Specialità in Oncologia Università di Milano Direttore Dipartimento di Oncoematologia Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori. “Gli ultimi 10 anni sono stati caratterizzati da molti cambiamenti nell'approccio terapeutico dei pazienti affetti da tumore del polmone e sicuramente due novità che hanno davvero modificato la qualità e l'aspettativa di vita di molte di queste persone sono la medicina di precisione, con l'impiego dei farmaci a bersaglio molecolare, e l'immunoterapia. Queste tipologie di trattamento insieme alla chirurgia, alla radioterapia e alla chemioterapia sono le armi per combattere la malattia e queste armi devono essere molto ben conosciute da chi le utilizza in modo da trarne il beneficio maggiore nel singolo paziente, che ormai richiede un ‘confezionamento' della strategia di cura ad hoc. La corretta applicazione di queste innovazioni scientifiche nell'ambito della cura del tumore polmonare ha permesso di offrir ea molti pazienti una prospettiva e una qualità di vita migliore, ma perché ciò avvenga è indispensabile che ai pazienti sia sempre garantito un accesso tempestivo ai test molecolari, ai farmaci e agli studi clinici, per garantire un'equità di diagnosi e di cure. Come Associazione lavoriamo da anni con l'obiettivo di dare una risposta forte e concreta ai bisogni dei nostri pazienti, non solo a quelli sanitari ma anche quelli di tipo informativo, assistenziale, sociale e psicologico”, ha detto Silvia Novello, ordinario di Oncologia Medica, Università degli Studi di Torino e Presidente WALCE. L'utilizzo di farmaci innovativi ed efficaci, già dalla prima linea di trattamento, nei pazienti con tumore del polmone, porta un beneficio non soltanto in termini clinici ma anche economici: migliorando significativamente la sopravvivenza dei pazienti, si ha la possibilità di incidere positivamente sui costi diretti/indiretti e sulla produttività del sistema sanitario. Oltre ai fondi attualmente stanziati per i farmaci innovativi (500 milioni di euro annui) emerge la necessità di identificare nuove modalità di governance in grado di rispondere ai bisogni regionali in un'ottica di razionalizzazione delle risorse. “Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 41.100 nuovi casi di tumore del polmone: 29.400 negli uomini e 11.700 nelle donne (I numeri del cancro in Italia, 2015). I tumori del polmone rappresentano la seconda neoplasia più frequente negli uomini (15 per cento dei casi) dopo la prostata e la terza nelle donne (6 per cento), dopo la mammella ed il colon-retto. Il costo del tumore al polmone in Italia è stimato essere pari a circa 2,4 milioni di euro tra costi diretti sanitari e costi indiretti e sociali. In termini previdenziali è importante sottolineare che il tumore al polmone è caratterizzato da un incremento sia degli assegni ordinari di invalidità che delle pensioni di inabilità. Le nuove terapie farmacologiche stanno migliorando notevolmente ed in maniera evidente la speranza di vita dei pazienti con un conseguente miglioramento della qualità della vita. Tutto questo si traduce in un valore aggiunto economico e sociale importante, soprattutto in termini di riduzione della perdita di produzione. Selezionare i pazienti rispondenti (Test PDL 1) ad immunoterapia porta ad un miglioramento della qualità vita, allungamento della sopravvivenza e riduzione degli eventi avversi con incrementi marginali della spesa farmaceutica. Queste evidenze dimostrano una volta di più come soltanto con l'abbandono dei Silos Budget e seguendo un PDTA appropriato sia possibile effettuare delle valutazioni che permettano al decisore di superare il concetto di costo della Sanità per passare ad un concetto di investimento nell'ottica di un miglioramento dell'assistenza sanitaria. I fondi attualmente stanziati per i farmaci innovativi (500 milioni di euro) non sembrano essere sufficienti per fare fronte al fabbisogno previsto. Sarebbe importante tutelare l'acceso alle terapie attraverso un approccio multidimensionale (PDTA accompagnato da valutazioni di HTA)”, ha raccontato Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria, EEHTA CEIS; Università di Roma “Tor Vergata”, Kingston University London UK. L'uso appropriato dei PDTA dovrebbe rappresentare un diritto garantito a ciascun paziente. La corretta implementazione dei percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali permetterebbe di migliorare la qualità e l'efficienza delle cure, assicurare una gestione multidisciplinare, comportare una più rapida diagnosi e una maggior probabilità che il paziente riceva il trattamento più adeguato, con un impatto positivo sulla prognosi. Per questo scopo è fondamentale che le strutture sanitarie, a livello regionale, siano connesse in una rete capace di ottimizzare la presa in carico del paziente oncologico. (PIERLUIGI MONTEBELLI)

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