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Coronavirus, effetti collaterali: giovani rimbambiti da solitudine, sfiducia e realtà distorta

Leonardo Binda
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Nel gorgo delle considerazioni sulla pandemia forse una certezza esiste: si parla di tutto, meno che dei giovani. Grande assente nella sarabanda dei salotti televisivi, oltre a qualche sparuta apparizione nel caso di iniziative stravaganti o rumorose, la presenza dei nostri ragazzi è stata completamente eclissata dal virus. Le uniche storie riuscite a fare breccia hanno un gusto velatamente comico, come le proteste di quegli studenti che, armati di libri e portatili, si sono «incatenati» di fronte agli ingressi delle scuole. Insomma, un simil Sessantotto con una cruciale differenza: oggi ci si ribella per tornare sui banchi, mezzo secolo fa per levarseli il prima possibile dalle scatole. Come fiori a primavera, di recente sono spuntati diverse analisi che hanno portato alla ribalta gli effetti assolutamente perniciosi che mesi e mesi di domiciliazione forzata e relazioni con il contagocce hanno prodotto sulle nuove generazioni. Solitudine, sfiducia e difficoltà a relazionarsi sono gli esiti più evidenti di settimane passate a farsi coraggio al suon di «andrà tutto bene».

 

 

CIÒ CHE NON SI PERCEPISCE -  Di gran lunga peggiore però è ciò che non si può percepire in modo così manifesto, qualcosa che nessun sondaggio è capace di palesare. Un anno fa, quando sono cominciati i confinamenti forzati era una questione di responsabilità: ognuno doveva fare la propria parte ed anche i giovani hanno risposto «presente!». Uno sforzo meritorio, ci verrebbe da dire. Invece no, perché in fondo che fatica hanno fatto i nostri ragazzi? Lo scorso novembre è diventato virale un video diffuso dal governo tedesco nel quale, come in un flashback, un anziano signore fingeva di ricordare il grande sforzo intrapreso, quando aveva ventidue anni, allo scopo di contrastare «un invisibile pericolo che minacciava tutto quello in cui credevamo, il destino del nostro Paese».

 

 

La risposta? «Niente, assolutamente niente». In fondo, che importa dei giovani? Meglio per loro, che hanno solamente dovuto poltrire sul divano di casa e «sforzarsi» a non far nulla. La verità è però ben diversa dalla narrazione. Molti, troppi, come nel mito di Platone incatenati di fronte alla parete della Caverna delle illusioni, hanno iniziato a scambiare questa privazione come la realtà, mettendosi anche in condizione di accettarla, specie se necessaria per tornare, finalmente, alla tanto agognata normalità.

 

 

SCUOLE CHIUSE - Scuole ed atenei chiusi, un mercato del lavoro in seria sofferenza ed il timore di dover vivere sempre all'ombra del prossimo sono solo alcuni dei disagi che un giovane, oggi più che mai, deve affrontare. Giunge però spontaneo un quesito: torneremo mai alla «vita di prima» come troppo spesso è stato ripetuto in quest' anno sfortunato? Forse sì, ma un fatto resta: come sempre accade qui da noi in Italia, un colpevole lo si deve trovare e chi meglio dei giovani? Davanti alle accuse i più timidi tacciono, i più irriverenti diventano gli untori per antonomasia e nessuno, se non pochi, ne prendono le difese.

Dopo un anno esatto dall'inizio della crisi siamo ancora qui, incollati ai nostri schermi del computer in compagnia delle tanto amate lezioni a distanza, a dilettarci con aperitivi alternativi e qualche serata scandita dalla qualità della connessione di casa. Tutto questo senza mai abbandonare, alla faccia degli invidiosi, la nostra voglia di vivere, pur restando tra color che son sospesi.

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