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Coronavirus e varianti, Delta compresa: "Ecco quanto protegge il vaccino", le percentuali in uno studio definitivo

Melania Rizzoli
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I dati epidemiologici lo dimostrano, e sono inconfutabili. Il rischio di infezione da Covid-19 è in continuo e drastico calo in tutta Italia grazie alla poderosa campagna vaccinale di massa messa in atto dal governo e dalle Regioni. Dopo 21 giorni dalla prima somministrazione di qualunque tipo di vaccino in uso nel nostro Paese la possibilità di contrarre il Coronavirus è minima e il rischio di contagio scende allo 0,5 per cento, mentre tra coloro che hanno ricevuto entrambe le dosi il tasso di infezione post -vaccinale non raggiunge lo 0,1 per cento. E se dopo alcune settimane dalla siero profilassi gli anticorpi neutralizzanti risultano bassi all'esame sierologico, non c'è motivo di allarmarsi o di sospettare che il vaccino antiCovid non abbia funzionato, poiché è stato dimostrato che i linfociti T, ovvero i globuli bianchi specializzati nel riconoscimento delle cellule infette, ne conservano la memoria immunologica e restano vigili ed attivi contro il Coronavirus, nonostante l'insorgenza delle temute varianti.

CELLULE T - Ciò significa che queste cellule T sorvegliano costantemente la situazione, per cui in caso di eventuali nuovi contatti virali sono in grado di attivare immediatamente la loro risposta di difesa immunitaria al punto di riconoscere e di offrire protezione anche contro i ceppi mutati del Covid-19. Tutto questo è frutto delle risposte multivalenti messe in atto nel nostro organismo in seguito alla somministrazione del vaccino, il quale, mentre da un lato stimola la produzione di anticorpi neutralizzanti specifici e mirati contro il Corona virus, dall'altra sollecita le cellule T, deputate appunto alla difesa a lungo termine, a sviluppare e conservare la memoria immunologica, che oggi è valutata persistente fino a 12 mesi, solo perché la si sta appunto monitorando da un anno, il che non significa che non possa durare molto più a lungo.

 

 

RISPOSTA IMMUNOLOGICA - Inoltre, moltissimi studi scientifici dimostrano come, in quasi tutte le persone che hanno invece contratto il Covid-19, la risposta immunologica contro il Sars-CoV-2 sia di lunga du rata, verrebbe prontamente riattivata in caso di un successivo contatto con il virus, ed é ipotizzabile che potrebbe addirittura accompagnarle per tutta la vita.

EQUIPARAZIONE - In tutti coloro che si sono infettati con il Coronavirus, sintomatici e non, la malattia virale viene equiparata ad una prima dose di vaccino, avendo sviluppato gli anticorpi specifici contro il virus, per cui agli infettati è caldamente gliato di eseguire una di vaccino dai 3 ai 6 dopo l'ultimo tampone negativo certificato a dell'infezione, poiché somministrazione exconsidosemes ine seguito talea girebbe, dal punto di vista immunologico, al pari del richiamo vaccinale eseguito sui soggetti non contagiati dal Covid19. Al contrario tutte le persone che in questi 18 mesi di pandemia hanno evitato la infezione da Coronavirus devono fare la vaccinazione completa delle due dosi di somministrazione, e non è affatto certo che sia necessaria una dose di richiamo tra 12/18 mesi.

 

 

IL MIX Inoltre, la decisione di ricorrere al mix vaccinale autorizzata nelle ultime settimane dimostra che chi è stato vaccinato prima con un siero a vettore virale, come AstraZeneca, e poi con un vaccino a mRna Messaggero, come Pfizer o Moderna, sviluppa una risposta anticorpale particolarmente elevata, con alto indice di sicurezza e protezione dai ceppi mutanti. Uno studio pubblicato su Lancet che ha seguito nel mondo l'avanzata della variante Delta ha dimostrato che questa si propaga il 40% più velocemente di quella Inglese, a sua volta 50 volte più infettiva del ceppo originario di Wuhan, il che sottolinea una assoluta necessità: vaccinare il più rapidamente possibile con due dosi tutta la popolazione, con precedenza ai soggetti più vulnerabili, prima che sia troppo tardi, per essere al sicuro ed evitare l'espansione della variante Delta, isolando subito i piccoli focolai.

 

 

UN SOLO DECESSO - Martedì scorso in Lombardia è stato registrato un solo decesso per Covid, e questo grazie alla scienza che è riuscita in meno di un anno a stabilizzare il principio attivo del vaccino, che era in studio da quasi 30 anni, contro un virus sconosciuto che si è diffuso in tutto il mondo in poche settimane, mietendo milioni di vittime (se ne contano circa quattro milioni), quelle vittime che non vanno affatto dimenticate, il cui sacrificio ha permesso alla stessa scienza di riuscire a comprendere e decifrare in pochi mesi il meccanismo mortale di un essere estremamente intelligente come il Coronavirus e spezzare la tragica catena di letalità che ha devastato per mesi il nostro Paese. 

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