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Giuseppe Remuzzi: "Per il Covid non c'è una cura". Cosa ci aspetta nei prossimi mesi

 Giuseppe Remuzzi

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Non c'è una cura per il Covid e "i vaccini rappresentano l’unica soluzione solida ed efficace per prevenire la malattia". Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto ricerche farmacologiche Mario Negri, è tranchant. "Sono sicuri, fatti a tempo di record anche grazie ai governi che hanno fatto grandi investimenti a fondo perduto. La loro efficacia cala nel tempo, ma questo è normale. Serve un ciclo completo, che richiede almeno tre dosi. Non esiste una prevenzione diversa e migliore di quella fornita dai vaccini. Le cure riguardano le persone che si ammalano. E se ne parla poco solo perché sono molto in divenire. Non ci sono certezze, insomma". E se i non vaccinati non corrono ad immunizzarsi nei prossimi mesi rischiano di infettarsi e di morire. 

Il professore, in una intervista a Il Corriere della Sera, spiega che fondamentalmente, contro la malattia, "funzionano solo tre rimedi. Il cortisone, con certe dosi e in certi momenti, e la controindicazione che se sbagli fai peggio. Poi due anticorpi monoclonali che vanno somministrati insieme, e hanno comunque efficacia parziale. E un farmaco che inibisce una delle citochine responsabili dell’infiammazione, sul quale i dati sono ancora molto incerti. Più di questo, per i malati gravi non c’è. Al momento non esiste una cura per la fase acuta della malattia".

 

 

Quando si sviluppa l'infezione, spiega ancora Remuzzi, "non bisogna perdere tempo durante i dieci giorni iniziali, quando il virus si replica. La prima cosa da fare è bloccare il suo ingresso nell’organismo. Sappiamo che entra tramite l’ormai famoso recettore Ace 2. Alcuni medici hanno pensato di somministrare ad alcuni volontari dell’Ace 2 solubile, in modo da salvaguardare quello che si trova sulle cellule. Un modo per ingannare il virus, a farla semplice. Sembra non avere effetti negativi su cuore, reni e pressione. Ma i segnali incoraggianti non bastano. Servono risultati certificati su campioni molto ampi di pazienti". Inoltre, per impedire al virus di entrare, "c’è il tentativo di inibire l’enzima che abilita la proteina Spike del Covid a raggiungere le cellule. Un farmaco semplicissimo, la Bromexina, uno sciroppo per la tosse, sembra fornire una protezione importante e potrebbe anche essere preso come profilassi. Anche qui, ci sono cinque studi in corso. Aspettiamo".

 

 

Per quanto riguarda gli antivirali, chiarisce il professore, "quelli che funzionavano con l’Hiv non funzionano per il Covid. Quanto al famoso Remdesivir con il quale è stato trattato Donald Trump, in questo momento ci sono un numero ormai importante di studi clinici che dimostrano come la sua efficacia contro il Covid si limiti alla riduzione della carica virale nel naso e nella bocca. Allo stato attuale, chiamarla cura, sarebbe eccessivo". Il plasma iperimmune, invece, "non funziona, e lo si sapeva da subito. Adesso lo dice anche lo studio promosso dalla nostra Aifa. Risultati molto negativi. Si possono avere occasionali risposte favorevoli in presenza di un donatore con alto titolo di anticorpi neutralizzanti e un paziente senza risposte immunitarie per via di un trapianto o perché affetto da tumore o leucemia. Ma certo non si applica su larga scala".

Infine, per quanto riguarda altre possibili cure che fanno ben sperare, Remuzzi spiega: "La Vanderbilt University ha messo a punto un anticorpo che viene descritto come molto potente. Testato in laboratorio, funziona bene. L’istituto di ricerca sulle malattie per i bambini di Seattle e la Fondazione Rockfeller stanno lavorando sui piccoli anticorpi monoclonali presenti nei Lama e nei cammelli. Questi animali si infettano e non si ammalano, e producono anticorpi fortissimi, capaci di paralizzare il virus. Con gli animali funziona. Ma da qui all’uomo, il passo è lungo. Sono tutte promesse, da mantenere".Per il momento, però, "abbiamo i vaccini, ed è tantissimo. Un primo, straordinario risultato è stato raggiunto. Per la Cura, quella con la maiuscola, ci vuole ancora un po’ di tempo, e molta pazienza".

 

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