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Covid, le liti tra virologi? "Tutta la verità sulla scienza, cosa c'è dietro davvero": crolla il falso mito della razionalità

Giordano Tedoldi
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Caduta la fede in Dio, non ci resta che la scienza. Ma, essendo l'uomo fragile e mortale, e in eterna ricerca di consolazione, esiste il rischio che anche la scienza diventi dogmatica, ideologica, e dunque una sorta di sostituto delle credenze religiose. Del resto, i dibattiti scientifici non somigliano, almeno nella passione, nel calore umano dei partecipanti, alle serrate dispute teologiche del medioevo? Basti pensare ai duelli tra virologi e immunologi (specie all'esordio della pandemia) dove ogni razionalità scientifica sembrava vacillare sotto i colpi delle inclinazioni personali, e anche del desiderio di visibilità mediatica. Ma tutto ciò non deve stupirci, perché la scienza, al contrario di ciò che si pensa, non è il paradiso di un'asettica obiettività, al contrario, è costituzionalmente intrisa di numerosi elementi irrazionali. Questa è la tesi sostenuta dal filosofo della scienza neozelandese Michael Strevens nel suo ultimo libro: La macchina della conoscenza. Come l'irrazionalità ha creato la scienza moderna (Einaudi, 348 pagg., 26 euro).

 

 

METODI A CONFRONTO
Strevens è un "metodista", cioè crede che esista un metodo che tutti gli scienziati, consapevolmente o no, seguono nel loro infaticabile processo di scoperta di dati e della loro interpretazione mediante teorie valide. Ma il suo metodo, a differenza di quello "falsificazionista" di Karl Popper, o di quello "paradigmatico" di Thomas Kuhn, dove la soggettività dello scienziato, le sue passioni, le sue preferenze e i suoi pregiudizi sono banditi, include anche tutto ciò che, per così dire, nella scienza è "troppo umano". Perché, dice Strevens, il progresso scientifico non è lineare, ma discontinuo, e questo è spiegabile solo se in questo progresso non tutto è implacabilmente razionale. Ad esempio, nel Seicento sir Francis Bacon nel suo Novum Organum, libro che nelle intenzioni dell'autore doveva soppiantare la logica aristotelica, forniva una spiegazione del calore che è in linea con quella moderna: il calore deriva dal movimento di alcune minute particelle che compongono i corpi. Tuttavia, due secoli pensiero aliena», dice Strevens e, specialmente agli inizi di una innovazione teorica odi una sperimentazione, «la divergenza di opinioni è inevitabile», come insegna la logica probabilistica del matematico inglese settecentesco Thomas Bayes; il che spiega anche perché, tornando ai nostri giorni, allo scoppio della pandemia gli scienziati erano molto più litigiosi di adesso, quando sembrano aver raggiunto un generale consenso sulle caratteristiche del virus e sui modi per combatterlo. Il fatto che in principio, di fronte alla prima ondata del Covid, gli scienziati litigassero, non era un segno di debolezza della scienza, ma un comportamento tipico della comunità scientifica avvenuto sempre anche in passato, quando si trattò di schierarsi per la gravità newtoniana o per la "assurda" innovazione della relatività di Einstein; o perla creazione delle specie da parte di Dio oppure per l'evoluzione attraverso selezione naturale sostenuta da Darwin. Anzi, non è difficile incontrare, ancora oggi, brillanti ingegni che si ostinano a contraddire Einstein e Darwin: evidentemente la scienza non è quel processo rigorosamente "autocorrettivo" immaginato da Karl Popper, ma, come tutte le attività umane, un gioco in cui rientrano fragilità, spirito polemico, rivalità, ostinazione. Ma queste passioni, anziché essere esclusivamente di ostacolo alla scienza, secondo Strevens ne alimentano la potenza.

 

 

GLI ESPERIMENTI
Nessuno scienziato si metterebbe mai a raccogliere tonnellate di cervelli di maiali, e a tritarli, e ad aspettare annidi analisi nella speranza di rilevare in quei microscopici frammenti la struttura molecolare di un certo ormone, se non fosse animato da qualcos' altro che non la mera razionalità. Questo scienziato, infatti, deve per così dire entrare in una sorta di "chiusura mentale" che lo fa sprofondare anima e corpo solo nei suoi cervelli tritati e nel sogno di un risultato positivo, che non è affatto scontato; e tutto ciò per anni, rinunciando spesso a una vita sociale soddisfacente, a divertimenti e piaceri di vario genere. È per questo che Strevens arriva a dire che «la scienza fa il suo lavoro non a dispetto, ma in virtù della sua scarsa chiarezza, chiusura mentale e sistematica irrazionalità». Il che non vuol dire che la scienza sia, per dirla brutalmente, un gran casino: i progressi nella medicina, nelle comunicazioni, nei trasporti sono sotto gli occhi di tutti. Solo che la scienza ha bisogno di tempo perché, attorno a una ipotesi, si crei una convergenza degli scienziati; non è un mero gioco di vero/falso, decretato all'istante. Ci vogliono decine, centinaia, migliaia di esperimenti per corroborare un'ipotesi. La scienza, insomma, è (anche) irrazionale, ma nel lungo periodo produce conoscenze valide per tutti. 

 

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