La capretta uccisa ad Anagni? Studio choc: "Cosa rischia chi è violento con gli animali"
«Una delle cose più pericolose che possono accadere ad un giovane è uccidere o torturare un animale e farla franca» (Margaret Mead, antropologa). Anche dall’altra parte del mondo, dove mi trovo in questo momento, arriva con forza la notizia della festa conclusasi con l’uccisione di una capretta di pochi mesi nell’agriturismo Sant’Isidoro, alla periferia di Anagni: si festeggiavano i 18 anni della figlia di un esponente delle forze dell’ordine. Presenti molti ragazzi della Fiuggi bene. Il crimine è stato commesso e postato online da un gruppetto già conosciuto in paese e fondatore del canale social chiamato “Non ci sono problemi”, dove gli stessi giovani del video si dedicavano ad inutili attività pseudo goliardiche, nella speranza di ottenere visualizzazioni e like.
Che dire: “I problemi ci sono e sono anche evidenti”. La ricerca costante di attenzione social qualunque sia il contenuto che si vuole proporre, è indicativa di una mancanza di stima e senso di completezza per l’individuo, che sta alimentando sempre più turbamenti di natura mentale, con una crescita esponenziale dal periodo Covid. Diventa fondamentale, dunque, soprattutto a fronte dell’evidente carenza di educazione digitale e delle inquietanti giustificazioni da parte di una delle madri che ha derubricato l’atto ad una sciocchezza su un animale già morto, (affermazione chiaramente falsa, data la documentazione inequivocabile fornita al web da questi geni del disagio) ricordare che davanti ad una situazione di queste proporzioni, ci troviamo nell’ambito del patologico e non della marachella, dove un comportamento genitoriale inefficace diventa parte del problema, una voragine dovuta alle lacune fornite dall’ambiente domestico.
COMPRENSIONE
Solo da pochi anni si è compresa l’importanza di considerare la violenza sugli animali un indice predittivo di pericolosità sociale. Per statistica, chi maltratta un animale è predisposto anche agli abusi sui minori e alla violenza domestica. La correlazione tra violenza domestica, sulle donne, su minori e violenza contro gli animali è campo di studio della Zooantropologia della Devianza fondata da Francesca Sorcinelli nel 2006, diventata disciplina di riferimento in Italia sulla materia del “Link” (la correlazione tra pericolosità sociale e maltrattamento animale). Gli animali sono esseri senzienti e dunque provano, come noi, delle emozioni. Il mancato riconoscimento di queste ultime da parte di chi li maltratta, la totale mancanza di empatia è da considerarsi un fattore prognostico importante di disturbo della personalità.
Non a caso l’Oms considera questo genere di abusi fra gli indicatori del «disturbo della condotta». Il legame tra il maltrattamento degli animali e la violenza interpersonale è particolarmente evidente quando ad essere violenti sono i più giovani. Nel caso in cui sia il giovane stesso l’artefice di condotte scorrette nei confronti di esseri indifesi, suggerisce una potenziale situazione esistenziale patogena (incuria, abusi psicologici, fisici, sessuali) e potenzialmente predittiva di futuri comportamenti anti-sociali e criminali (distruzione di proprietà con il fuoco, estorsione, rapimento, violenza sessuale, etc.) in età adulta. Diversi studi statistici condotti sulla popolazione penitenziaria, hanno rilevato un collegamento preoccupante tra abusi sugli animali in giovane età e comportamenti violenti in età adulta. Secondo ricerche condotte dall’Università di Yale, tra il 54 e il 71% delle donne che cercano rifugio da abusi domestici ha riferito che i loro partner avevano minacciato, ferito o ucciso animali domestici. Ancora più allarmante, oltre l’80% delle famiglie trattate per abusi su minori aveva un passato di maltrattamento degli animali. In due terzi di questi casi, un genitore violento aveva ucciso o ferito un animale; in un terzo dei casi, la vittima minore aveva perpetuato il ciclo di violenza maltrattando un animale domestico.
LE STRAGI A SCUOLA
Queste statistiche indicano anche come questi individui abbiano una probabilità cinque volte maggiore di commettere crimini violenti rispetto a chi non ha mai perpetrato abusi sugli animali. La storia criminale insegna, ed è disseminata di esempi sconvolgenti: Albert De Salvo, noto come lo Strangolatore di Boston, aveva in gioventù imprigionato e ucciso trovatelli con delle frecce; Jeffrey Dahmer prima di farlo con i suoi amanti, sezionava i gattini del quartiere; Dennis Rader, il terribile BTK, descriveva nei suoi resoconti come aveva impiccato cani e gatti per “divertimento”. Azioni analoghe sono state riscontrate anche nei profili di alcuni autori dei mass shooting delle scuole statunitensi. Nikolas Cruz, responsabile della sparatoria a Parkland, in Florida, e Luke Woodham, a Pearl, Mississippi, avevano entrambi un passato di tortura animale. Gli studenti della Columbine High School, Eric Harris e Dylan Klebold, che hanno ucciso 12 compagni di classe prima di suicidarsi, traevano piacere nel narrare di mutilazioni sui pets dei vicini. L’evidenza empirica suggerisce un chiaro bisogno di interventi preventivi. Rilevare e denunciare tempestivamente questi casi di abuso può non solo salvare le vite di creature indifese, ma anche prevenire possibili atti di violenza futura su esseri umani.
Nel 1963 il pioniere della criminologia, lo psichiatra J. M. MacDonald in “The Threat to Kill”, sull’American Journal of Psychiatry poneva l’accento su alcuni comportamenti messi in atto dai bambini fin dall’adolescenza e che possono essere un forte campanello d’allarme. Lo zoosadismo su tutti. Ma non dobbiamo considerarlo solo un sintomo di disagio e malessere psicologico e sociale di chi lo compie, perché costituisce anche un vero e proprio reato (disciplinato dall’art.544 bis e 544 ter del Codice penale). L’abuso di qualsiasi essere vivente è inaccettabile e mette in pericolo tutti. Questo concetto, è stato qualche mese fa al centro di una proposta di legge innovativa a prima firma del deputato di Europa Verde Devis Dori, e costituisce una reale avanguardia nella prevenzione e nel trattamento delle devianze. Francesca Sorcinelli, presidente di Link Italia, associazione operativa sul territorio nazionale di promozione sociale che sviluppa e promuove iniziative e studi scientifici sulla relazione tra maltrattamento animale e distinti tipi di violenza umana intraspecifica, come la violenza domestica e la violenza di genere, l’omicidio, il bullismo, la pedofilia e la malavita organizzata, ha dichiarato che «L’uccisione e maltrattamento sono comportamenti che non si estinguono spontaneamente con la maturità, sono condotte che tendono a variare nel tempo. L’esito di tale variazione dipenderà dalla combinazione della condotta violenta con la risposta ambientale.
Se quest’ultima saprà interpretare correttamente simili condotte, allora la pulsione potrà essere contenuta. Nel rapporto sullo Stato Globale della Prevenzione della Violenza dell’OMS e delle Nazioni Unite (2014), emerge come le condotte antisociali causino più di 1,3 milioni di decessi ogni anno e un numero ancora superiore di feriti. Per cui prevenire, trattare e contrastare la violenza interpersonale nelle proprie declinazioni, costituisce letteralmente una questione di vita o di morte. In questa cornice il contrasto e trattamento delle condotte in danno ad animali come atto dovuto di per sé, è ciò che può fare la differenza fra la vita e la morte umana e trattare la violenza interpersonale nelle proprie correlazioni è ciò che può fare la differenza tra la vita e la morte animale».
DEUMANIZZAZIONE
È quindi importante rimuovere il concetto di “deumanizzazione”, ovvero, la concezione di pensare ad un’altra specie come incompleta, inferiore, subordinata. In un mondo che predica ancora questa forma snobistica di supremazia umana, ed è urgente riorientare le nostre priorità educative: il rispetto deve essere omnicomprensivo, estendendosi oltre il genere umano per abbracciare anche animali e ambiente. Abolendo questa mentalità permissiva verso la crudeltà che ci ha avvicinato pericolosamente alla spirale della sua assuefazione, apriamo le porte al progresso, a quell’accenno di evoluzione che ad oggi stiamo lasciando ad uso esclusivo della tecnologia e che forse un giorno, sarà capace di più compassione rispetto all’uomo. Davanti alla nostra fallacia ed istintiva violenza per una ricerca continua di riconoscimento e soddisfazione personale, chi è la vera bestia?