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Sigarette elettroniche, meno dipendenze e anche meno tumori

Chiara Pellegrini
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Mollare il vizio del fumo è un traguardo per pochi. Un modo ci sarebbe e per quanto sembri una contraddizione in termini passa proprio attraverso la sigaretta, quella elettronica però. Ogni anno in Italia l’80% di chi dichiara di aver tentato di smettere di fumare fallisce nel proprio intento. Lo rivela un’indagine del PASSI, un sistema di sorveglianza del Ministero della Salute. Solo una bassa quota (poco più del 10%), raggiunge l’obiettivo e riferisce di aver smesso di fumare da più di 6 mesi.

Secondo il professor Fabio Beatrice, primario emerito di Otorinolaringoiatria presso l’ASL Città di Torino, intervenuto in occasione della tavola rotonda “Fumo di sigaretta e prodotti a rischio ridotto”, organizzata dal quotidiano Il Giornale, in Italia nel dibattito pubblico degli ultimi anni sono state «incomprensibilmente trascurate alcune delle più recenti evidenze scientifiche». In Italia il fumo delle Cig (abbreviazione dall’inglese “e-cig, electronic cigarette”) viene stigmatizzato allo stesso modo delle vecchie bionde. Nel nostro Paese, stando ai dati riportati da Beatrice, fonte ministero della Salute, il 24,2% della popolazione è composto da fumatori e il 91% di essi non vuole o non riesce a smettere di fumare. Si stima infatti che siano a esso attribuibili oltre 93 mila morti l’anno solo nel nostro Paese.

La vulgata dei talebani delle sigarette è che non vi siano riscontri scientifici sui minor danni arrecati dal fumo delle cig. Non è cosi. Studi portati avanti nel 2022 da Cochrane, associazione internazionale di medicina basata su prove di efficacia, ha evidenziato, in una selezione di 78 studi completati con 22.052 partecipanti, di cui 40 randomizzati, come vi siano prove ad elevata certezza che le sigarette elettroniche con nicotina aiutino le persone a smettere di fumare più efficacemente rispetto ai prodotti farmaceutici che contengono nicotina. Recentemente la rivista Nature medicine ha pubblicato una ricerca dell’Università di Harvard e del King’s Hospital di Londra, in cui si accerta che la tossicità del fumo elettronico è inferiore del 95% rispetto alle sigarette tradizionali.

«Le evidenze pubblicate su Nature»,ha chiarito Beatrice, «sono talmente chiare che i CDC americani, cioè i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, hanno riferito che i fumatori hanno maggiori probabilità di utilizzare e avere successo con le sigarette elettroniche nel processo di cessazione rispetto ad altri prodotti, compresi i farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense».

Stati Uniti e non solo. In Giappone, come illustrato dal professor Umberto Tirelli, oncologo, direttore del Centro Tumori della Clinica TMG di Pordenone, «si è verificato un cambiamento rivoluzionario: le persone hanno abbandonato le sigarette a favore di prodotti non combustibili più sicuri. Le vendite di sigarette sono diminuite drasticamente del 50% in soli sette anni. Perché si sta ancora discutendo?», si chiede Tirelli. Che aggiunge: «Non è la nicotina che provoca i tumori ma i prodotti di combustione della sigaretta tradizionale».

Gli fa eco il dottor Giacomo Mangiaracina, medico specialista in Salute Pubblica e Presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione, che ricorda i numeri allarmanti delle vecchie sigarette: «Una sigaretta contiene circa 1 g di tabacco e 1 mg di nicotina, ma ben 15 mg di condensato in forma di 3-4 Benzopirene. Venti sigarette al giorno per un anno, depositano nelle vie respiratorie circa 100 grammi di condensato (catrame). Se un fumatore di sigarette transitasse completamente ai vaporizzatori, avremmo un abbattimento della cancerogenicità generale, nonché dell’incidenza e della prevalenza del tumore polmonare spalmato in 10-20 anni». Ciò nonostante con l’ultima legge di Bilancio per le cig è stato previsto un aumento dell’1% annuo nel 2025 e nel 2026 per i prodotti liquidi con nicotina e per quelli senza nicotina. Previsto anche un rialzo della tassazione del tabacco riscaldato, con aumenti nel 2024 e nel 2025. Nel 2026 ci sarà poi un successivo incremento di un punto percentuale. Proprio sul taglio delle accise ha parlato l’onorevole Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze alla Camera dei deputati. «Se ci sono realtà che inducono a ridurre il pericolo del vizio vanno incentivate. Bisogna premiare gli stili di vita non penalizzarli. Il sistema sanitario nazionale ne guadagnerebbe».

 

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