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L'intelligenza artificiale sta cambiando la moda

Costanza Cavalli
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Mollemente seduta su un gradone, una tipella tra i 17 e i 19 anni tiene il viso leggermente inclinato e guarda fisso in camera. La forma degli occhi conserva il ricordo di una nonna orientale, lo sguardo punta al seducente ma cade nell’abbiocco. I capelli a caschetto hanno il colore dell’alba, il rosa tenue s’irradia nel biondo e circonfonde un viso perfetto: ha persino quell’irresistibile solco, mirabilmente accennato, tra il naso e le labbra. La tipella sul limitare tra il penale e il lecito indossa braghe larghe e una camicia a fiori.

Sullo sfondo, l’architettura è un mix tra Gaudì e il pianeta Naboo di Star Wars. Nel complesso, l’immagine ha un che di indefinibile, di straniante, che non è venuto bene ma è venduto bene. La modella, così come l’architettura e lo sfondo, sono opera dell’Intelligenza artificiale: fa parte della campagna pubblicitaria di Etro per la primavera 2024. Il direttore creativo Marco De Vincenzo ha lavorato con l’artista digitale Silvia Badalotti: hanno scritto un testo e l’hanno inserito in una piattaforma IA. Quest’ultima ha creato ambientazioni ultraterrene come sfondo, serre, fiori alieni, bassorilievi, mappe astrali e anche i “modelli”. Gli abiti e gli accessori sono stati fotografati e aggiunti dopo. De Vincenzo ha dichiarato al Financial Times di essersi divertito da pazzi: «L’IA sta modificando la realtà, ma è quello che ogni creativo cerca di fare. Il nostro lavoro è cercare di evadere e sperimentare. A volte la realtà non basta».

 

 

 

LA VERSATILITÀ DEL MEZZO

L’intelligenza artificiale è sempre più utilizzata nella moda quando si tratta di ricerca, e-commerce e servizio clienti, e ora sta prendendo piede nel marketing. Oltre a Etro, anche Moncler, Mango, Valentino, Pandora, Revolve e Misela hanno utilizzato l’intelligenza artificiale generativa per promuovere le nuove collezioni. Costa molto meno, fa fare bella figura quando si tratta di rispettare diversità e inclusione (serve un bellissimo modello albino? Basta chiedere) e i marchi non corrono il rischio di scegliere ambasciatori che commettono l’errore di avere un’opinione. La campagna del brand di borse di lusso Misela, per esempio, è stata creata con l’aiuto di Midjourney, una piattaforma per immagini generative: si tratta di 15 immagini, con altrettante donne, altrettante borse, in altrettante città. «Volevamo portare le borse e le donne in un tour globale», ha spiegato la fondatrice Serra Türker, e produrre gli scatti in modo “tradizionale” sarebbe costato da 15 a 20 volte di più.

Se nelle pubblicità di Misela l’unica cosa “maneggiabile” sono le borse, in quella di Mango sono i vestiti: il marchio spagnolo ha utilizzato l’IA per la collezione “Sunset dream” della linea Teen, da adolescenti. La modella ha la pelle olivastra, capelli lunghi neri, bellina ma non bellissima, di nuovo in quell’età che scatena un immaginario negabile in ogni momento. Al progetto hanno partecipato rappresentanti dei team di design, styling, fotografia: «È un eccellente esempio di lavoro di squadra tra l’intelligenza umana artigianale e l’intelligenza digitale» – ha spiegato Jordi Álex Moreno, a capo dell’Information Technology – «L’IA dovrebbe fungere da co-pilota per aumentare le capacità e la creatività dei nostri dipendenti, velocizzando le attività ripetitive in modo da dedicare più tempo al lavoro a valore aggiunto».

I brand insistono nel sottolineare che le immagini sono “guidate” dall’intelligenza artificiale e non “generate” da essa: insomma, che l’idea rimane dell’uomo, l’IA è solo uno strumento. Ma per convincere il pubblico dovranno fare qualche sforzo in più. Non tanto per la perfezione delle modelle: quelle “finte” sono come quelle “vere”, di là artificiali all’origine, di qua artificiali con le punturine. Zigomi su, occhi allungati, naso piccolo, la pelle liscia e senza pori, la vita della principessa Sissi e il culo delle Kardashian: la body positivity è stata il serraglio di un circo senza spettatori. Secondo il Financial Times alcuni clienti trovano agghiaccianti le campagne di intelligenza artificiale generativa, perché percepiscono l’intenzione di ridurre o eliminare il coinvolgimento degli esseri umani: il libero arbitrio può risultare così fastidioso.

LE CAPACITÀ ANALITICHE

E infatti, l’intelligenza artificiale è arrivata anche a limitare le seccature: le società di marketing la utilizzano per analizzare il passato degli influencer e per prevedere se, dati alla mano, esprimeranno opinioni in futuro. Per quanto i brand adorino le star dei social media non possono permettersi di assumere qualcuno che, mentre trangugia un beverone proteico, dice la sua riguardo i processi a Donald Trump, soprattutto con le elezioni in vista. L’agenzia pubblicitaria Captiv8, per esempio, utilizza l’IA per analizzare quando gli influencer vengono citati negli articoli online e determina se è probabile che discutano di elezioni, politica, questioni sociali, guerre. Dopodiché, l’azienda assegna dei voti a instagrammer, tiktoker e creator, in base a post, commenti e copertura mediatica. “A” indica “molto sicuro” (se l’è guadagnata la sette volte medaglia olimpica Simon Biles), “C” significa “non accollarti questo arnese”. Piuttosto, un influencer virtuale.

 

 

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