Alzheimer, l'ultima frontiera: come dimezzare il rischio-demenza

mercoledì 9 luglio 2025
Alzheimer, l'ultima frontiera: come dimezzare il rischio-demenza
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Una nuova frontiera si apre nella ricerca contro l’Alzheimer, ispirata da un meccanismo fisiologico ben noto, ma il cui punto di partenza è stato chiarito solo recentemente grazie a uno studio condotto dai ricercatori dell’Harvard Medical School, guidati da Christiane Wrann, e pubblicato su Nature Neuroscience. Al centro della scoperta c’è l’attivazione del gene ATPIF1, un processo che normalmente si innesca con l’attività fisica e che, una volta avviato, sembra potenziare la sopravvivenza delle cellule nervose, favorire la loro plasticità e migliorare la funzione sinaptica, in particolare nel giro dentato dell’ippocampo, area chiave della memoria. Insomma, l'attività fisica come chiave nella prevenzione all'Alzheimer.

Il meccanismo è stato individuato inizialmente nei topi sottoposti ad esercizio anaerobico su ruote da laboratorio, ma successive analisi di sequenziamento dell’RNA hanno confermato la sua presenza anche negli esseri umani. Gli scienziati stanno ora esplorando modalità alternative per stimolare l’ATPIF1 senza ricorrere necessariamente all’attività fisica – una soluzione pensata per chi non può muoversi regolarmente o ha difficoltà a mantenere un regime costante. Come ha indicato uno studio australiano del 2022, pubblicato su JAMA Neurology, "con 3800 passi al giorno il rischio di demenza si dimezza, ma il beneficio non sale di molto nemmeno arrivando a 9800 passi". Forse, quindi, "una ‘spintarella’ chimica non guasterebbe".

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Nella malattia di Alzheimer, è noto il calo degli astrociti coinvolti nel sistema neurovascolare, mentre l’esercizio fisico ne stimola l’aumento. Queste cellule, essenziali per l’organizzazione gliale del cervello, giocano un ruolo cruciale nella modulazione delle sinapsi e nei processi legati alla memoria, all’apprendimento e al comportamento. Anche gli oligodendrociti rispondono bene all’attività fisica: sono infatti le cellule gliali più influenzate positivamente, e la loro funzione principale è la produzione della mielina, la guaina isolante che avvolge le fibre nervose, simile alla plastica che riveste i fili elettrici.

Ma il ruolo dell’ATPIF1 va oltre: questo gene sembrerebbe stimolare l’attività delle elicasi, enzimi capaci di preservare la stabilità del DNA mitocondriale e nucleare durante la duplicazione, intervenendo sui telomeri, le sequenze terminali del DNA che proteggono l’integrità genetica. Questi sono spesso considerati simbolo della longevità cellulare, ma si accorciano progressivamente con ogni replicazione, in parte a causa dell’azione della telomerasi. Le elicasi, però, aiuterebbero a contrastare questo accorciamento, rallentando il processo di invecchiamento cellulare.

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