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La tratta dei cuccioli rom

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Grandi affari e rischio rabbia

Albina Perri
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Un mercato di cuccioli di tutte le razze che arrivano in Italia da Romania, Ungheria e Slovacchia. Un mercato che nasconde una tratta clandestina e pericolosa, non solo per la salute dei piccoli animali, ma anche degli uomini. La denuncia parte da Massimo Raviola, di Assovet, l'associazione dei medici veterinari: “Sono alcuni anni che sto seguendo la cosa, in modo anche frustrante perché chi dovrebbe occuparsene, non lo fa”, si sfoga a Libero-news. Alla base di tutto ci sono delle motivazioni economiche: un cucciolo di importazione costa al negoziante circa 40/50 euro a fronte di un prezzo al pubblico che varia dai 400 agli 800 euro. Se il negozio si rifornisse da allevatori italiani, i costi salirebbero almeno del 200%. Se non di più. Se fosse solo una questione di profitti a fine mese, la cosa potrebbe anche essere accettata. Ma c'è del marcio dietro. Come spiega Raviola, la legge prevede che per poter far attraversare la frontiera (anche comunitaria) ad un animale occorre un passaporto europeo, per ottenere il quale il cane deve avere un microchip di riconoscimento. E, cosa molto importante, una vaccinazione antirabbia praticata da almeno 20 giorni. Se le cose avvenissero regolarmente, il cucciolo non potrebbe essere introdotto in Italia prima dei 4 mesi di vita, età tra l'altro riconoscibile agli occhi di un veterinario perché è il momento in cui si verifica il cambio dei denti, da quelli da latte a quelli definitivi. E invece? E invece i cuccioli vengono allontanati molto presto dalle madri, quando hanno solo 30 o 40 giorni, e vengono destinati all'esportazione senza alcuna assistenza veterinaria. Dottor Raviola, ma le Asl non dicono niente? “Di segnalazioni alle Asl ne ho fatte tantissime, ma rispondono sempre dicendo di lasciar perdere, che non si può fare niente. Accampano la scusa che l'età degli animali non può essere identificata, quando questa è una delle prime nozioni che vengono insegnate ad un veterinario”. Però alla fine c'è il rischio della rabbia... “La rabbia è una malattia molto grave. In Italia al momento non abbiamo alcun problema, grazie alla lunga campagna di sensibilizzazione che è stata fatta. Ma basta che arrivi un cucciolo con questa malattia che è mortale e sarebbe davvero un grave problema da affrontare. Sarebbe una epidemia”. Sorge spontaneo il dubbio che ci siano colleghi che ne approfittino. “Chiaramente, tra l'altro i colleghi che emettono anche dei documenti chiaramente falsi hanno, a conti fatti, delle retribuzioni piuttosto basse. Mentre il volume d'affari su questa tratta è enorme. Fortunatamente quella parte di categoria che si comporta in questo modo per nulla professionale non è vastissima”. Le prime vittime, però, rimangono loro, i cuccioli, costretti al maltrattamento fisico e psicologico, con una mortalità che nei primi tre mesi si stima arrivi al 50%. E poi, per l'appunto, il rischio rabbia, un virus che passa inosservato, ma che è monitorato tutti i giorni e, teoricamente, siamo tutti a rischio del contagio ogni giorno. “Nell'ambiente tutti sanno, ma sembra importare a ben pochi. E quei veterinari che cercano di opporsi a questi sistemi alla fine ricevono solo un danno, perché vengono boicottati dai negozianti di animali”, conclude rassegnato, ma non troppo, Raviola.

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