Pecorino romano bocciato sulle razze: il "no" dell'Assemblea del Consorzio

lunedì 2 giugno 2025
Pecorino romano bocciato sulle razze: il "no" dell'Assemblea del Consorzio
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La modifica del disciplinare di produzione avviata nel 2020 ha scatenato una guerra all’interno dell’assemblea dei soci del consorzio del Pecorino Romano Dop, uno dei grandi campioni di export italiano. Al centro dello scontro, le razze di ovini che producono il latte destinato alla trasformazione. Tre anni or sono l’assemblea dei soci in seno al Consorzio di tutela votò a larghissima maggioranza di modificare in senso restrittivo il disciplinare, ammettendo soltanto le razze di pecore autoctone: Sarda (inclusa la Nera di Arbus), Vissana, Sopravissana, Comisana, Massese, Pecora dell’Amiata. La modifica, come impone la procedura europea per le indicazioni geografiche, venne inviata al Ministero dell’Agricoltura che giudicò favorevolmente la modifica, chiedendo però di integrarla, aggiungendo un periodo di tempo sufficientemente lungo per dare agli allevatori il tempo di sostituire gli ovini che non appartenessero alle razze autoctone. La procedura, tuttavia, non si chiuse, dal momento che il Ministero non ricevette mai il testo emendato con le proprie indicazioni.

E arriviamo alla fine dello scorso anno quando l’assemblea del Consorzio di tutela del Pecorino Romano si pronuncia nuovamente su alcune modifiche regolamentari. Questa volta, però, la stretta varietale alle sole razze autoctone viene bocciata clamorosamente. I favorevoli sono il 39,1% dei votanti, i contrari il 29,4% e gli astenuti il 26,3%. Per qualunque modifica al disciplinare serve fra l’altro la maggioranza qualificata del 66,6%. A tutela della Dop resta, come è sempre stato, il vincolo del latte proveniente esclusivamente dalle zone di produzione, vale a dire l’intero territorio di Sardegna e Lazio e la provincia di Grosseto, in Toscana.

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Il nuovo testo - senza alcun riferimento alle razze - arriva al Ministero, che chiede il parere (non vincolante) alle regioni interessate. E, sorpresa, la Regione Sardegna esprime parere negativo. Proprio per l’assenza al vincolo sulle razze. «In realtà la Regione è andata oltre le proprie competenze perché è chiamata a esprimersi sulle modifiche approvate e non su quelle che mancano», spiega a Libero il presidente del Consorzio di tutela Gianni Maoddi. Fra l’altro la contestatissima votazione sulle razze all’assemblea di dicembre 2024 è stata l’unica a spaccare i soci e ad ottenere una percentuale di voti positivi così bassa. Tutte le altre modifiche regolamentari sono passate con maggioranze che vanno dall’88,5 al 94,8 per cento. «E in ogni caso», aggiunge Maoddi, «resta aperta la possibilità di tornare in assemblea, qualora la stessa lo ritenesse opportuno, per discutere qualsiasi modifica: in questo caso la politica e le istituzioni, sensibili all’argomento, dovranno mettere in campo tutti gli strumenti normativi ed economici per sostenere questo processo».

Ma cosa può essere cambiato nel giro di tre anni, al punto da trasformare la larghissima maggioranza che aveva detto «sì» alle razze autoctone nel 2022 in una netta minoranza? «Non escludo che i soci abbiano riflettuto sui rischi legati all’introduzione di una norma molto restrittiva», precisa sempre Maoddi, «tutta la filiera della Dop è sottoposta a controlli severi da parte degli organismi di vigilanza. E con il vincolo alle razze autoctone basta la presenza di una capo in una mandria che non rientri nelle varietà previste dal disciplinare per provocare il blocco di ingenti partite di latte e di formaggio». E mentre non si placano le polemiche alimentate da alcune associazioni agricole degli allevatori, incombe il rischio dei dazi minacciati da Trump. Il 40% delle forme di Pecorino Romano Dop sono vendute proprio negli Stati Uniti che rappresentano il primo mercato di consumo.

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