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Coronavirus, come restare amici senza vedersi

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Daniela Mastromattei
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Dopo oltre un anno di paura, battaglia e lutti, il virus è ancora tra noi e lo stato d'emergenza non è finito. Le nuove zone rosse scattate oggi lo dimostrano. Speriamo che le immagini degli ultimi week end, con le strade e i marciapiedi affollati di gente, non siano la prova che non abbiamo capito che il nemico siamo noi ogni volta che ci verrà la tentazione di bruciare le distanze sfidando la nostra sorte e quella degli altri. C'è poco da fare, più virtuosi saranno i nostri comportamenti e prima il Covid con tutte le sue varianti lascerà il nostro pianeta. Intanto soffriamo. E tanto, per non poter uscire come vorremmo. Ma non abbiamo alternative. Niente aperitivi, cene fuori, cinema, teatro, concerti. Ci manca tutto. E ancor di più il contatto fisico. Non a caso i nostri parenti più stretti, gli scimpanzé, passano ore a pulirsi a vicenda, accarezzandosi e rafforzando in tal modo i legami sociali. Effusioni che rilasciano le sante e benedette endorfine, essenziali per stimolare il piacere e la sensazione di benessere. Quell'appagante "felicità" ci manca quasi come l'aria che respiriamo. 

LA CONDIVISIONE
Come sostiene Paolo Crepet l'amicizia è il sentimento più importante, ancor più dell'amore, necessita però di grandi emozioni condivise, per questo siamo tornati alle chilometriche telefonate, chiacchierate fiume, per raccontarci quel poco che facciamo e quel tanto che ci fa star male. Per dirla con le parole di Pitagora «prima di chiamare il medico, chiama il tuo amico». Sul tema dell'amicizia uno studio commissionato da Snapchat rivela che gli italiani per restare in contatto hanno scelto, oltre alla voce via iphone, di inviare al proprio confidente una fotografia che li ritrae insieme (36%) oppure legata a un ricordo condiviso (35%). Significativo anche il ruolo dell'humor: il 26% crede che mandare immagini animate e divertenti possa essere il modo migliore per dare il via a una conversazione. Infatti per la ricercatrice esperta di amicizia Donya Alinejad è importante la comunicazione visiva per provare la sensazione «di essere insieme anche quando si è fisicamente lontani», particolarmente apprezzabile «per chi ha bisogno di supporto emotivo». 

Non c'è alcun dubbio, il distanziamento sociale ha cambiato i nostri rapporti di amicizia. E ognuno di noi ha escogitato un proprio modo per tenersi in contatto. Molti hanno preso alla lettera il Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò... di Lucio Dalla, attraverso mail, sms, e la messaggistica istantanea di whatsapp per poterci ridere sopra, per continuare a sperare. Comunicazione telematica (comprese le videochiamate) e social, da alcuni demonizzati per l'uso esagerato che se ne faceva, si stanno rivelando un'ancora di salvezza. Quasi sei italiani su 10 confermano di utilizzare maggiormente i canali online per dialogare rispetto a prima della pandemia. Per un italiano su due le conversazioni sono diventate più profonde e si concentrano meno su argomenti superficiali. Un aspetto da non sottovalutare. 

Chissà se si è diventati meno frivoli oppure sono le preoccupazioni per il futuro a renderci più riflessivi? Comunque, sembra proprio che la conversazione attraverso le nuove tecnologie sia fondamentale per mantenere vivo il rapporto con gli amici, indipendentemente dall'età, per 8 italiani su 10. Anche se il 40% dichiara che è stata l'impossibilità di vedere i propri amici a farli sentire ancora più soli; e uno su tre ha l'impressione che il distanziamento sociale abbia indebolito i rapporti amicali. Certo, non sempre bastano una tastiera e qualche clic per arrivare al cuore. 

IL LATO POSITIVO
E si scopre inoltre che durante il lockdown un italiano su due ha sentito il bisogno di risentire gli amici dell'infanzia o comunque quelli persi nel tempo; e qualcuno ha provato a migliorare i rapporti con gli attuali. «Stringere e mantenere amicizie è cruciale per la salute e il benessere individuale. Le amicizie possono essere un supporto emotivo importante nell'affrontare eventi traumatici di qualunque tipo. Rappresentano vicinanza, complicità e fiducia. E in questo periodo ancora di più», spiega Elisabetta Ruspini, professoressa associata di Sociologia presso l'Università di Milano-Bicocca. Aggiunge: «La pandemia ha drasticamente rimodellato le nostre relazioni personali: alcune interazioni ne sono uscite rafforzate, mentre altre sono state danneggiate o interrotte. La tecnologia ha offerto e può offrire un valido supporto per tenere vivo quel bene prezioso chiamato amicizia». 

Che richiede generosità, capacità di ascolto, empatia, riconoscenza. E impegno. «È un'esperienza multidimensionale: la maggior parte delle amicizie può richiedere la gestione di disaccordi che non necessariamente condurranno alla fine del rapporto amicale. Il perdono gioca un ruolo fondamentale, anche se può risultare difficile. Tuttavia un vero amico è in grado di comprendere, superare i conflitti e perdonare», sottolinea la sociologa. Come dire, la vera amicizia è una pianta che cresce lentamente e deve passare attraverso i traumi delle avversità perché la si possa chiamare tale. 

GLI ADOLESCENTI
Sarà per questo che durante i lockdown ne abbiamo sentito così tanto la mancanza. Più di tutti hanno sofferto gli adolescenti. «Loro vivono l'età fragile di chi ha più bisogno di complicità e confronto con i coetanei. Vivono l'angoscia e l'ansia dei divieti. Viene negata loro la possibilità di nuovi incontri e conoscenze, dei primi innamoramenti. Mesi vissuti con la paura di perdere quel tesoretto di amicizie ancora in embrione e non ancora sbocciate», fa notare la psicoterapeuta Emma Cosma. «Nell'età dell'incertezza, della scoperta e ricerca di conferme si sono dovuti distanziare e accontentare dei surrogati digitali che però non permettono il contatto e la frequentazione. I giovani più degli adulti, hanno bisogno di contatti, di pacche sulle spalle e di abbracci. La didattica a distanza ha reso ancora più faticoso tutto questo e portato i famosi assembramenti fuori. E adesso più che mai gli adolescenti devono poter contare sulla compartecipazione e vicinanza dei genitori», chiosa la psicologa. «E le istituzioni devono smetterla con il terrorismo, ora c'è bisogno di sostegno e gratificazioni. Il messaggio che deve passare non può essere più quello della paura ma quello della speranza». L'appello della professoressa Ruspini.

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