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Demenza senile, il segnale che ti condanna: come scoprirla con 5 anni di anticipo

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Melania Rizzoli
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Avete più di 50 anni ed iniziate a dimenticare le parole, i nomi o non ricordate appuntamenti e date importanti? Oggi con un semplice esame del sangue è possibile sapere, con ben cinque anni di anticipo, se vi state avviando verso una forma di demenza incipiente e progressiva, ma ancora meglio è possibile escludere del tutto questa nefasta diagnosi in favore di altre patologie meno devastanti. I ricercatori del Royal Melbourne Hospital in Australia, hanno messo a punto un sofisticato test ematico che rivela la presenza in circolo di una particolare proteina del cervello che in condizioni normali non è mai presente nel sangue, poiché il suo compito è quello di restare ad operare chiusa dentro la scatola cranica, per aiutare a mantenere solida e compatta la struttura delle cellule cerebrali tra di loro, e che perciò, quando viene rilevata nel plasma dei soggetti, il suo livello segnala il più o meno grave danneggiamento già in corso e la quantità di neuroni che stanno morendo, più o meno lentamente, le cui scorie vengono eliminate e riversate nel flusso sanguigno molto precocemente, quando tutto ciò avviene ancora all'insaputa sia del paziente, che non manifesta sintomi evidenti, che dei suoi medici curanti che non ne rilevano i segnali patologici, né tantomeno risultano danni cerebrali agli esami radiologici e strumentali.

 

 

PROTEINA
La proteina in questione è stata chiamata "NfL" poiché si tratta di un "Neurofilamento a catena leggera" che si ritrova nel circolo ematico solo quando avviene la morte progressiva di cellule encefaliche, ed infatti non è stata mai riscontrata presente in tutte le altre condizioni di malattie mentali che non prevedono la perdita di neuroni. L'importanza della scoperta scientifica risiede nel fatto che quando si trova questo biomarcatore del sangue, il suo livello equivale a quello dei neuroni morenti del cervello, e siccome è stato riscontrato in pazienti apparentemente sani e in salute cerebrale, che presentavano solo lievissimi disturbi cognitivi come cali di memoria, oppure avevano parenti e familiari con demenza, questo vuol dire che con tale test è possibile sapere e diagnosticare, con anni di anticipo, se si è in presenza di un paziente a rischio di sviluppare in futuro una forma di demenza come l'Alzheimer. L'analisi NfL misura in pratica i frammenti dei neuroni morti o in fine vita che vengono rigettati nel sangue, e il loro livello, analizzato con un test per calcolare le probabilità, indica con chiarezza matematica come e quando avverrà la possibilità di sviluppare l'Alzheimer, anni prima di quando fino ad ora sarebbe stato possibile fare diagnosi, ovvero quando la malattia è nel suo stadio iniziale e comincia ad agire silenziosa nella sua azione distruttiva, proprio nelle sue prime fasi di sviluppo, mentre il paziente ne è ancora totalmente ignaro.

 

 

DEPRESSIONE
Ma qual è il vantaggio di conoscere in anticipo che ci si sta avviando verso la demenza? Intanto il test è un aiuto importante per i neurologi, i quali in molte situazioni iniziali incontrano difficoltà a distinguere se una persona soffre di un disturbo psichiatrico, come per esempio la depressione, oppure se sta mostrando i primi segni di una patologia neurodegenerativa cerebrale, ed è un vantaggio sapere se quel paziente è a rischio basso, moderato o alto di andare incontro alla demenza, ma soprattutto è vantaggioso escluderne la possibilità, con la successiva ricerca diagnostica, una volta esclusa la demenza, di altre patologie mentali che nulla hanno a che vedere con la morte dei neuroni nel cervello. Questo test in pratica predice l'Alzheimer ancora prima che i suoi segni tipici ed evidenti siano riscontrabili clinicamente, alla Tac od alla Risonanza Magnetica Nucleare, cioè quando ormai la malattia ha invaso il cervello in maniera massiva ed irreversibile. Una persona su tre con disturbo cognitivo lieve sviluppa negli anni l'Alzheimer, una sindrome neurologica devastante per la salute mentale, una malattia ancora orfana di una terapia mirata o di un trattamento che sia in grado di modificare o rallentare l'evoluzione e il decorso, e questa nuova scoperta può aiutare i medici specialisti a trovare nuovi strumenti, oltre che a consigliare comportamenti mirati prima che la patologia domini l'intero cervello cancellando memoria e coscienza, e può quindi permettere ai pazienti di discuterne con i familiari magari predisponendo il proprio futuro e i propri desideri.

 

 

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