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Vaccino, grosso guaio per Pfizer e Moderna: sei mesi dopo, di quanto è crollata l'efficacia

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Diversi studi hanno riscontrato che nell’arco di sei mesi l’efficacia dei vaccini mRna è più debole. Una premessa è però d’obbligo: si parla di efficacia nel frenare il contagio, non nella protezione dal ricovero e soprattutto dal decesso, che resta altissima sia con Pfizer che con Moderna, anche in caso di contagio da variante Delta.

 

 

Assodato che i vaccini a mRna svolgono benissimo il lavoro più importante, quello di evitare lo sviluppo della malattia (una certezza scientifica che dovrebbe bastare e avanzare per convincere tutti a vaccinarsi, senza ricorrere all'obbligo), i dati sulla minor efficacia nel frenare il contagio avvalorano la tesi secondo cui potrebbe essere necessaria una terza dose per alcune categorie. Specialmente per i soggetti più fragili e per i medici e gli operatori sanitari, che sono stati i primi a sottoporsi alla vaccinazione. Stando ai dati contenuti in un nuovo studio condotto dal New England Journal of Medicine, l’efficacia del vaccino mRna nel prevenire il contagio è scesa dal 90% di marzo al 65,5% di luglio.

 

 

Ovviamente la predominanza della variante Delta, combinata alla fine delle restrizioni e al maggior senso di sicurezza della popolazione, ha fatto sì che la protezione al contagio offerta dal vaccino calasse. Da diverse ricerche è però emersa una certa differenza tra Pfizer e Moderna, con quest’ultimo che sembra offrire una risposta immunitaria più forte e duratura nel tempo: negli studi di Fase 3 è emerso che l’efficacia di Pfizer è scesa all’80% dopo quattro-sei mesi, mentre Moderna resta al 93% dopo cinque-sei.

 

 

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