Obesità, il nuovo farmaco: chi può usarlo

di Claudia Osmettimercoledì 14 maggio 2025
Obesità, il nuovo farmaco: chi può usarlo
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Attenzione: sono farmaci, non panacee universali. Sarebbe bello, sarebbe comodo, ma i chili in più non si combattono (solo) con una punturina al volo. Serve altro e, sopratutto, serve la supervisione di un esperto. In Italia ci sono circa quattro milioni di adulti alle prese con l’obesità (che è una malattia a tutti gli effetti e il nostro è anche il primo Paese al mondo che sta per varare una legge a riguardo) e oltre diciassette milioni in condizioni di sovrappeso: la fotografia non è di quelle più rassicuranti, però la ricerca, nel settore, ha registrato progressi che uno manco s’immagina. C’entra quasi niente la dieta generalmente intesa, c’entra ancor meno la “prova costume”: qui si tratta di una patologia seria che come tale va trattata, perché è tra i dieci fattori di rischio per la salute e può provocare il diabete o cardiopatie di tipo ischemico.

Signori, obesità e sovrappeso fanno su per giù 57mila morti all’anno (per colpa delle complicazioni): con uno scenario del genere ben vengano le soluzioni terapeutiche, specie se sono mirate e sempre più precise. È che i medicinali ci sono (vivaiddio) e sono persino efficaci, tuttavia vanno assunti con coscienza e conoscenza. Ozempic (quello che spopola nell’Hollywood dei divi del cinema, per capirci), Mounjaro e Wegovy: nomi che circolano sempre più facilmente, che sono diventati oramai popolari, ma sui quali è forse il caso di andarci piano e un tantinello più nel dettaglio.

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Ché sì, è vero, spesso promettono risultati da strabuzzare gli occhi (prendi, per esempio, la Eli Lilly, che è una casa farmaceutica statunitense, quella che s’è inventata l’insulina: il suo ultimo tirzepatide, che è stato recentemente autorizzato anche dall’Aifa, cioè dall’Agenzia italiana del farmaco, per il trattamento del diabete di tipo 2, può far perdere fino a 23 chilogrammi e 18,4 centimetri di girovita in poco più di un anno; ma sul punto ci torniamo a breve), epperò non sono per tutti e non sono un rimedio fai-da-te.

Cerchiamo di semplificare sennò il pericolo è quello di perdersi: tra i farmaci più efficaci per combattere l’obesità c’è il Wegovy della Novo Nordisk che ha lo stesso identico principio attivo dell’Ozempic (ma un dosaggio differente) e che consiste in un’iniezione settimanale di semaglutide, la quale funge da antagonista per un recettore che si chiama Glp1. Il Wegovy riduce il senso di fame, aumenta quello di sazietà e agisce in massima parte sul sistema nervoso centrale. In due parole, blocca l’appetito (mentre il suo fratellino minore, l’Ozempic è nato pensando specificatamente ai diabetici). Il Mounjaro, invece, (etichetta in codice: tirzepatide), agisce in doppio combinato, sia sul recettore Glp1 che su quello Gip: non si limita, insomma, al sistema nervoso (che tra l’altro trascina effetti Correlazione con il cancro L’obesità è un fattore di rischio per 10 diversi tipi di tumore (endometrio, colon-retto, esofago, reni, pancreas, seno, cistifellea, fegato, ovaie, prostata) benefici anche a livello cardiovascolare e dello stomaco o del pancreas), ma riesce a operare anche sul tessuto adiposo. Che è, per noi profani della medicina, semplicemente il “grasso”.

All’European congress on obesity che è in corso in questo dì a Malaga, nell’Andalusia spagnola, è appena stato presentato uno studio pubblicato sulla rivista New England journal of medicine che mette a confronto proprio questi due farmaci (ci siamo arrivati), il Wegovy e il Mounjaro. Be’, detto in termini assolutamente poco professionali, vince il secondo.

La tirzepatide può portare a una maggiore riduzione del peso rispetto alla semaglutide, chi l’ha assunta ai fini del report ha ottenuto una riduzione del peso del 20,2% (rispetto a chi ha optato per l’altro farmaco e che si è fermato al meno 13,7%) in 72 settimane. «Questo», spiega una nota della Eli Lilly, «corrisponde a una perdita di peso relativa maggiore del 47%». Il che è sicuramente un ottimo dato e una buona notizia per chi ne ha bisogno, intendiamoci.

«Si tratta sempre di farmaci e di farmaci potenti», commenta poi il professor Massimiliano Caprio, ossia il responsabile del laboratorio di Endocrinologia cardiovascolare all’Irccs San Raffaele di Roma che è proprio a Malaga a seguire l’evento, «proprio per questo vanno prescritti quando c’è una situazione di obesità o di sovrappeso e sono controindicati a chi ha avuto pancreatiti pregresse, anche se qui il rischio è molto raro. Molto più importante è capire che non basta usare un farmaco, tocca anche saper gestire bene l’alimentazione e lo stile di vita che ne accompagna l’assunznione. Il paziente che fa male questi passaggi perde peso, sì, ma perde peso muscolare e può quindi andare incontro a un’altra complicanza che è la sarcopenia». C’è da fidarsi, non ne vale la pena. Esercizio fisico (fondamentale), alimentazione corretta (idem) e supervisione medica (praticamente obbligatoria), ecco il segreto: «Questi farmaci possono essere prescritti anche da un dottore di medicina generale, però deve avere delle competenze nel campo dell’obesità. È un approccio integrato. Il medicinale da solo non basta».

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