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Flavio Briatore: "Se avessi avuto Renzi a The Apprentice..."

Ignazio Stagno
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Ieri sera si è conclusa su Sky Uno HD la seconda edizione di The Apprentice, il talent che vuole scoprire giovani leoni dell'imprenditoria affidato a uno che in vita sua ha ruggito parecchio, Flavio Briatore. Di sicuro un successo. La seconda edizione del programma si è chiusa con una crescita del +18% rispetto alla prima, nonostante la scorsa edizione potesse contare su un bacino di utenti oltre quattro volte superiore. Ascolti più che soddisfacenti, quindi, con ogni puntata vista da una media di 610 mila spettatori. Piace sempre la comunicativa mai mediata di un Briatore che non si fa troppi problemi nel lanciare (metaforicamente, sia inteso) gli inidonei dal Diamantone, nuovo grattacielo milanese che funge da Rupe Tarpea. Ospite di Daria Bignardi, qualche sera fa Flavio ha sorpreso tutti, invitando i giovani a mollare tutto e partire per il Kenya. Perché? «Ho parlato di Kenya perché è un Paese che conosco, avendovi aperto e gestito un locale, lo Sleeping Lion. Era solo un esempio, basato su un rapporto che ho appena letto e in cui si dice che il Kenya è un luogo in forte sviluppo, come tanti altri Paesi africani. Ma avrei potuto dire anche la Cina. O l'America che resta un evergreen e sarà di sicuro la prima nazione a uscire dalla crisi. Quello che volevo dire è semplice: ragazzi, inutile stare qui a lamentarsi. Se non trovate lavoro, fatevi coraggio e partite». Se è così facile, perché secondo lei i giovani non lo fanno? «Perché spesso hanno la mente piccola. Io quando vedo il numero di giovani che sognano di fare gli avvocati resto sbalordito. Ma cosa fai l'avvocato se solo il 5% di loro ha successo? Studi fino a 30 anni per finire in uno studio legale a 1500 euro al mese. Io ho dei camerieri che portano a casa dai 40 ai 50 mila euro all'anno. E in giro ci sono manager che ne guadagnano 160 mila. Per non parlare di certi cuochi che toccano i 200 mila. Quando a 20 anni si finiscono le scuole superiori bisogna pensare a tutte le possibilità, osare anche l'inedito. Non ci sono solo gli avvocati o le banche». Quindi per lei i giovani sono pigri? Eppure paiono ansiosi di bruciare le tappe. «Hanno tanta fretta, ma non hanno esperienza. Escono dalle scuole con un mucchio di conoscenze teoriche e nessuna capacità pratica. E molti sono talmente testardi da non voler ascoltare i consigli di chi ha più esperienza di loro. A The Apprentice c'era una ragazza che doveva affrontare una prova legata al mondo della moda. Si era messa in testa che il logo del produttore era brutto e lo aveva nascosto. E non voleva ascoltare ragione, sicura di saperne più di tutti. E anche più di me. La prova è andata naturalmente male ed è stata eliminata. Poi molti non sanno giocare di squadra. Quando scali una montagna di 5.000 metri hai bisogno di chi guida le Jeep e degli sherpa, anche se alla fine pianti la bandierina da solo». Il primo a essere escluso da questa edizione è stato Fulvio che lei ha accusato di usare troppi tecnicismi. Il Boss è il Boss anche perché sa subodorare la fuffa? «Certo! Tutta questa roba pseudotecnica in un finto inglese è calcolata, non è naturale. Io lavoro da più di 45 anni e non ho mai avuto bisogno di usare simili gerghi del tutto inventati. Chiacchiere vuote che dimostrano solo quanto sono finti. Godono nel riempire i loro tweet di paroloni che forse nemmeno capiscono. Sa cosa vorrei leggere io nel tweet di una persona giovane che inizia a lavorare? “Oggi ho trovato un lavoro e sono contento”». Ristoranti, locali notturni, discografia, Formula 1. Briatore è passato attraverso cento esperienze. Diversificare è un altro consiglio che lei darebbe ai giovani? «Diversificare significa conoscere mondi diversi. In fondo il management è sempre uguale, le regole non cambiano sia che si lavori con i motori sia che si lavori con i dischi. Le differenze richieste dai prodotti finali sono minime. Ciò a cui si deve tenere presente è che la fatica è commisurata al guadagno. In un ristorate è tecnicamente la stessa cosa gestire 50 coperti 500. La differenza sta nel fatto che con 50 coperti lavori meno, ma non guadagni». Se a The Apprentice si fosse presentato Matteo Renzi come lo avrebbe giudicato? «Benissimo. Matteo ha una cosa che quasi nessun politico possiede: il coraggio. Magari tanti manager avessero quella sua voglia di buttarsi nelle avventure. Renzi cerca di fare le cose. Qualcuno dirà che finora abbiamo ascoltato soltanto proposte. Ma io trovo coraggioso già fare proposte innovative. Fosse stato a The Apprentice non so se avrebbe vinto. Ma di sicuro sarebbe arrivato in finale. Molti tracciano un parallelo tra Renzi e Berlusconi, ma è una cosa impossibile, Anche se Matteo è un politico puro ha di certo un atteggiamento da imprenditore come Silvio. Ma tra i due ci sono 40 anni di differenza e hanno due modi completamente diversi di vedere il mondo. Due modi che mi piacciono. Mentre proprio non mi piaceva quell'atteggiamento cupo del governo Monti. Quando li vedevi pareva di assistere a un funerale pieno di becchini. Ti deprimevano. Ti passava persino la voglia di andare al ristorante. Fossero venuti a The Apprentice li avrei licenziati tutti». intervista di Tommaso Labranca

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