Paga le tasse con 24 ore di ritardo: 395 euro di cartella
Paga le tasse con un giorno di ritardo e Equitalia come regalo di buona Pasqua gli recapita una cartella esattoriale da 395, 58 euro. Storie di ordinaria malaburocrazia italiana. Siamo a Padova, nell'ex ricco nordest oggi più che mai infiammato dal sogno dell'indipendenza. Il malcapitato di turno si chiama Franco Zecchinato. Cerca di campare con un lavoro da dipendente al quale affianca una piccola attività da imprenditore agricolo. Nel mirino del fisco è finita la dichiarazione dei redditi 2010. L'importo indicato nell'avviso bonario, ossia la comunicazione con cui l'Agenzia delle Entrate informa il contribuente di eventuali imposte o contributi non versati, era stato pagato con 24 ore di ritardo. La disattenzione è costata un ricalcolo delle sanzioni a cui si sono aggiunti interessi e spese. «In un Paese in cui l'evasione fiscale è altissima e i grossi evasori anche se beccati non pagano, o peggio trattano con il fisco» si sfoga Zecchinato «prendersela in questo modo con chi le tasse le paga e le ha sempre pagate è semplicemente vergognoso». La vicenda ricorda quanto accaduto di recente nel Bergamasco. Un 65 enne, per un ritardo «imperdonabile» (3 giorni) nel pagamento delle imposte, si è visto chiedere da Equitalia il 20% in più dell'importo originario. L'anno incriminato anche stavolta è il 2010. Dalla dichiarazione dei redditi erano stati colpevolmente (e va sottolineato) omessi circa 7 mila euro. Ricevuto l'avviso bonario di pagamento, aveva ottenuto la possibilità di rateizzare il debito in 19 versamenti. Giunto al quinto però, a dicembre 2013, l'Agenzia delle Entrate ha annullato la dilazione perché, a detta del commercialista del contribuente, la prima rata (novembre 2012) sarebbe stata saldata 72 ore dopo il termine previsto. Dell'azienda di Rovigo che pochi giorni fa si era vista negare il Durc (documento unico di regolarità contributiva senza il quale non si possono riscuotere i crediti con le pubbliche amministrazioni) per il mancato versamento all'Inps di un centesimo, abbiamo già scritto. Ma sempre dal Veneto, e torniamo a Padova, arriva un'altra storia incredibile. Quella del 59 enne Alberto Grinzato. Dal '92 gestisce l'osteria-enoteca all' «Anfora». Quel vaso romano di terracotta, simbolo del locale, è sempre stato vicino al bancone. Sennonché nel 2010 (annus horribilis) un carabiniere aveva aperto una segnalazione. L'oste era stato indagato per aver omesso la detenzione dell'anfora, ritenuta bene archeologico. Ma fortunatamente è arrivata l'assoluzione «per non aver commesso il fatto». Grinzato non dovrà pagare 4.500 euro, come richiesto dal pm (l'alternativa erano 15 giorni di carcere e una multa di 800). Il motivo? Ci sono voluti quasi 4 anni, ma il giudice alla fine ha deciso che la denuncia avrebbe dovuto presentarla chi, prima che Grinzato rilevasse l'attività, aveva portato l'anfora nel locale. di Alessandro Gonzato