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Giampaolo Pansa: "Vi spiego perché Berlusconi rischia di far stravincere Matteo Renzi"

Ignazio Stagno
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Quando ero ragazzo, uno dei pochi lussi di mia madre Giovanna era di farsi fare le carte dalla mitica Gigin, la portinaia di uno stabile che stava di fronte al ghetto ebraico della città. In quel tempo erano molte le donne che si rivolgevano a una cartomante per conoscere dai tarocchi il loro futuro. Qualche signora non voleva sentire profezie tetre. E aveva scovato un'altra portinaia, questa volta nel quartiere dei ricchi, che dispensava soltanto previsioni felici: salute, amore, denaro. Silvio Berlusconi avrebbe bisogno di una cartomante così, per non farsi deprimere dai cattivi presagi che ormai lo assediano. Simili a fantasmi in grado  di devastargli le notti, nonostante che al suo fianco abbia una ragazza giovane, bella e solare, del tutto votata a lui. I sondaggi, i tarocchi di oggi, gli dicono male. Forza Italia sembra in picchiata, come un aereo incapace di riprendere quota. Gli ultimi arrivati al Cavaliere sostengono che il partito sia caduto a un livello modesto: appena il 13,3 per cento, contro il 40,2 del Pd. Ma più ancora delle previsioni esiste un altro fatto ad annunciare un disastro in agguato. Ed è l'avanzata, per ora inarrestabile, del presunto alleato di Berlusconi: il premier Matteo Renzi. Nell'indifferenza di troppa gente, il presidente del Consiglio sta costruendo un mostro che non si era mai visto nell'Italia democratica: un sistema politico fondato su un partito unico, una specie di Partito della Nazione, senza oppositori. È una strategia che rende patetici, se non ridicoli, gli strilli preoccupati della minoranza del Pd, in sostanza la vecchia ditta di Pierluigi Bersani, Massimo D'Alema e compagni. La ditta constata con terrore che gli iscritti al partito diminuiscono a un ritmo che non trova argini né pause. Piangono, dicendo: senza gli iscritti, il Pd è finito. Hanno ragione. Ma non tengono conto di come la pensi il segretario-premier che proprio loro hanno messo in sella. A Renzi degli iscritti, delle tessere, delle sezioni, delle feste di quella che fu l'Unità non frega assolutamente nulla. Lui si rivolge a un soggetto indistinto, ma che esiste: il popolo, la gente, gli elettori. Ha compreso che soltanto di lì può venire il suo trionfo. Lo ha compreso grazie al successo sbalorditivo ottenuto nelle elezioni europee. Quel 40,8 per cento dei voti gli consente di proclamare: sono il leader politico più votato del continente. Stia zitta e non rompa i santissimi la cancelliera Angela Merkel, poiché nell'opinione pubblica d'Europa conto più io di lei. Chi o che cosa può impedire a Renzi di costruire un'Italia a partito unico? Ecco una condizione molto pericolosa, dal momento che un sistema senza opposizione può diventare autoritario, privo di garanzie e vendicativo. Per ora, niente e nessuno è in grado di fermare la deriva imperiale del premier. Meno che mai Berlusconi, avviato a una sorte che non potrebbe essere più penosa. Vogliamo dirla tutta, senza giri di parole? Il Cavaliere è un leader politico non soltanto al tramonto, ma fuori di testa, confuso, finito: un morto che cammina. Chi rammenta il Silvio trionfante del 1994, non può che assistere angosciato alla catastrofe odierna di questo leader di 78 anni. Alle prese con un satanasso che ne ha trentanove meno di lui. Me la ricordo bene la prima vittoria del Cavaliere. Dopo il voto del 27-28 marzo 1994, quando il Polo del buongoverno conquistò il 45,9 per cento dei suffragi, i cronisti gli chiesero in che modo fosse riuscito a compiere il miracolo di battere i progressisti di Achille Occhetto. Berlusconi rispose: «Non ho fatto nessun miracolo. Mi sono limitato a offrire una casa agli elettori della Dc, del Psi, del Psdi, del Partito liberale che l'avevano persa sotto le bombe del pool di Mani pulite». Ma oggi quale casa potrebbe offrire il Cavaliere agli elettori scontenti di Renzi? Nessuna. Forza Italia è in disarmo. Non ha più soldi. Ha soltanto degli inquilini che si combattono. Oppure tacciono, per paura di non so che cosa. E soprattutto ha un padrone di casa incapace di rendersi conto che dovrebbe chiudere bottega e cedere il passo a un altro leader. Invece il Cavaliere se ne sta lì, in mezzo alle macerie. E commette errori su errori. L'ultimo è quello di minacciare l'espulsione a Raffaele Fitto, un parlamentare eletto con una valanga di voti. Ma con il difetto di non piegarsi alla volontà del leader, di contraddirlo, di contestarlo. Berlusconi sta rivelando di essere posseduto da un vizio assurdo: ritenersi insostituibile. Attorno a sé ha ancora dei dirigenti in grado di guidare Forza Italia. Per esempio, Renato Brunetta, che possiede il carattere e la cultura economica per prendersi sulle spalle il peso tremendo di succedere al Cavaliere. Silvio dovrebbe accompagnarlo verso quell'incarico. Ma non ci pensa neppure. È convinto che presto, una volta scontata la condanna, o per una sentenza favorevole della Corte europea, sarà in grado di ritornare in modo aperto sulla scena politica. Nel frattempo si abbandona a ipotesi stravaganti. L'ultima è di indicare come candidato premier contro Renzi il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro. E sapete perché? È giovane, di bell'aspetto, parla bene, non litiga con nessuno. Sembra una commedia. Ma in realtà stiamo assistendo a una tragedia. Chi la osserva da vicino, nelle stanze riservate del potere politico, la spiega con argomenti che rasentano la psicanalisi. Silvio si è invaghito di Matteo. Lo ritiene un suo figlioccio, o meglio un suo replicante più giovane. Il decisionismo irresponsabile di Renzi lo attrae per una serie di motivi. Primo fra tutti, perché lo considera un'eredità berlusconiana. A cominciare dal liberalismo feroce che lui, Silvio, non ha mai potuto mettere in pratica. Per colpa dei magistrati, delle congiure giudiziarie, dei comunisti e dei media al loro servizio. Infine c'è il lato grottesco della decadenza berlusconiana. Non viene mai ricordato, in parte per quel po' di rispetto che si deve ancora al Cavaliere, in parte per l'oscurità che lo avvolge. Oggi il capo di Forza Italia è prigioniero di un suo vassallo: Denis Verdini. Questo fiorentino di 63 anni, dalla chioma leonina, già commerciante in grande di carni, poi banchiere sfortunato e dal passato pieno di ombre, è diventato l'unico ambasciatore di Silvio presso la corte di Renzi. Verdini tratta con il nuovo monarca, decide, sceglie le strade che il Cav deve percorrere, il patto o i patti del Nazareno che recano la sua firma. Il vassallo Verdini ha un potere nascosto, del quale non sappiamo niente. Allo stesso modo non conosciamo nulla dei rapporti veri che intercorrono tra l'enigmatico Denis e il presidente del Consiglio. Due signori che hanno in comune il gusto dell'azzardo. Ma allora è inevitabile una domanda: l'elettorato di centrodestra, l'Italia dei moderati, possono accettare di essere succubi di questa strana coppia? Spero di no. E prima o poi anche Berlusconi si troverà di fronte all'ira delle persone per bene che l'hanno seguito per vent'anni. E che oggi lo stanno abbandonando. Per andare dove e con chi? Qualcuno avanza un'ipotesi: andranno a ingrossare le schiere di Matteo Salvini, il capo della Lega, l'unico politico di centrodestra in ascesa. Ve lo immaginate di vivere in un'Italia contesa tra Renzi e Salvini? Io sì. E mi accorgo di provare paura. di Giampaolo Pansa

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