Roma, 26 nov. - (Adnkronos) - "L'umanità ha una sola Terra da condividere". Con queste parole, come riporta l'agenzia Xinhua, il presidente uscente Hu Jintao ha indicato la svolta del Partito Comunista Cinese che, per la prima volta nella sua storia, nell'ambito del 18esimo Congresso, inserisce la necessità di costruire una 'società ecologica' tra le proprie priorità. La svolta storica potrebbe riconfigurare non solo il modello di sviluppo della Cina, ma rappresentare un contributo importante allo sviluppo sostenibile del mondo intero. Al presidente uscente si aggiunge la voce del successore, Xi Jinping che "nel suo discorso al congresso ha parlato per ben 28 volte di 'ecologia socialista', un dato non da poco se si pensa all'importanza che ha, per i cinesi, la parola 'socialista'", dichiara all'Adnkronos Claudia Salvestrini, direttore del consorzio nazionale Polieco per il riciclaggio dei rifiuti di beni a base di polietilene, di ritorno da una missione in Cina intrapresa per un'indagine interna del consorzio su un traffico illecito di rifiuti. E la sensazione che riporta è che non si tratti solo di parole, tanto che "la questione ambientale è stata, al congresso, la più dibattuta dopo la corruzione", sottolinea la Salvestrini. "Una società in cui ogni cittadino viaggia con un portafoglio pieno di soldi in una mano e un palmare nell'altra, pensate che possa davvero essere una società felice se tutta questa ricchezza è stata realizzata a discapito dell'ambiente?", ha detto Xi Jinping nel suo discorso, sottolineando "le criticità del Paese e di una città come Pechino in cui ogni anno muoiono tantissime persone l'anno", ricorda la Salvestrini. Oltre a un'agenzia per la tutela delle acque, ora inCina si parla di ridare terra agli agricoltori, di smettere di costruire in modo sfrenato, di realizzare fabbriche che siano più in armonia con l'ambiente e che emettano sempre meno Co2, di trattare i rifiuti secondo i parametri più avanzati, tutto allo scopo di restituire ai cittadini terra fertile e acqua pulita. In realtà, però, in Cina la questione ambientale è salita alla ribalta già da due anni. "Dal 1 agosto del 2011 la legge vieta l'importazione di rifiuti contaminati, anche se provenienti da raccolte differenziate, e il 5% del Pil nazionale viene destinato all'ambiente, e non è poco considerata l'economia cinese. In più - aggiunge Claudia Salvestrini - a partire dal 1 gennaio 2013 non si potranno più importare rifiuti se non da chi ha in mano un impianto di riciclo". In 30 anni la Cina è diventata la più grande economia del mondo: un rapido sviluppo che ha avuto alti costi anche dal punto di vista del consumo di energia, dell'inquinamento ambientale e del deterioramento degli ecosistemi, con i combustibili fossili che rappresentano il 91% del consumo totale di energia del Paese. E ora il Paese corre ai ripari e comincia a pensare a una ristrutturazione industriale che sia in grado di tagliare consumi ed emissioni. La maggior parte delle leggi nazionali che riguardano i rifiuti pericolosi e il loro smaltimento sono state fatte, in Cina, tra il 2006 e il 2010, un tema sul quale il Paese è al lavoro per migliorare normative e politiche. Nel 2010, infatti, la Cina ha smaltito 8.400.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, con una crescita del 180% rispetto al 2006; il consumo di energia per unità di Pil è sceso del 19,1%, mentre sono state tagliate le emissioni di carbonio di 1.460 milioni di tonnellate. Pechino punta a fare meglio attraverso un piano di lavoro per il controllo delle emissioni di gas serra che passa per la ristrutturazione dell'industria, l'ottimizzazione e il miglioramento delle strutture