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Stop agli additivi negli alimenti con gli imballaggi 'autoconservanti'

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Venezia, 21 ott. - (AdnKronos) - Latte, carne e conserve senza antiossidanti né conservanti, vino senza solfiti. Il segreto è nell'imballaggio, che sia il cartone, la vaschetta o la bottiglia di vetro. L'ultima frontiera della conservazione degli alimenti si chiama 'Active packaging' ed è il frutto di una ricerca tutta italiana, quella condotta da un team di scienziati dell'Università Ca' Foscari di Venezia guidato da Valentina Beghetto, ricercatrice e docente di Chimica organica industriale. Obiettivo: garantire alimenti il più puri possibile, non contaminati da additivi, conservanti né antiossidanti che restano, invece, 'attaccati' alle superfici dei loro contenitori grazie a un film che riveste l'interno dell'imballaggio. Contribuendo anche “a ridurre intolleranze e allergie in continuo aumento sia tra i bambini che tra gli adulti”, spiega all'Adnkronos Valentina Beghetto. Merito di composti organici che funzionano in modo simile agli enzimi, attivando reazioni chimiche senza lasciare traccia all'interno del prodotto finale. Un imballaggio 'autoconservante', dunque, ma anche attento all'ambiente. Nei laboratori del Dipartimento di Scienze molecolari e nanosistemi i ricercatori hanno messo a punto i composti organici che permettono di modificare e migliorare prodotti industriali in modo ecocompatibile ed economico. “Cerchiamo di realizzare materiali che siano il più possibile biodegradabili riducendo l'impatto sull'ambiente. Per questo – aggiunge ricercatrice - utilizziamo anche materiali di scarto delle industrie manifatturiere, come quella della carta o alimentari, li recuperiamo e li riutilizziamo trasformandoli in materie prime secondarie”. Molteplici le applicazioni degli 'Active Packaging', soprattutto considerando che parte fondamentale della ricerca ha riguardato l'abbattimento dei costi. “Questo è uno studio che parte da lontano – spiega la ricercatrice - abbiamo iniziato studiando le applicazioni di tipo farmaceutico, che avevano costi elevati, e poi abbiamo ottimizzato procedure per abbattere i costi e fare in modo che un litro di latte venduto in un contenitore di questo genere mantenga un prezzo accettabile”. Finora, infatti, solo l'industria farmaceutica poteva permettersi un ‘attivatore' come quelli studiati dal team cafoscarino. Prendendo spunto dalle biotecnologie, l'obiettivo dei ricercatori era riuscire ad applicare queste innovazioni a settori con produzione di massa, come quello alimentare. Per trasferire questa invenzione alle aziende, l'ateneo ha appena approvato lo spinoff Crossing. “La nostra tecnologia semplifica processi produttivi e abbatte costi di almeno 10 volte – spiega Valentina Beghetto - rendendo accessibili innovazioni che oggi esistono solo sulla carta, nelle idee e nei brevetti, ma che nessuno ha messo in pratica perché fino ad ora economicamente insostenibili”. Ora lo spinoff cerca sostegno alla propria attività di ricerca e di sponsorizzazioni da parte delle aziende che possono avere interesse a sviluppare la parte industriale del progetto e a sostenerci il team.

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