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Lo scontro di civiltà passa per Justin Bieber

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Giovanni Ruggiero
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Appare grottesco, ma è così: anche Justin Bieber è stato arruolato nello scontro di civiltà. Non per volontà sua, infatti non ce lo vediamo proprio nei panni del «perfido crociato» in lotta contro l'islam, con quel viso da bimbo innocuo. Il nuovo album di Justin, in uscita il prossimo 13 novembre, si intitola Purpose. Sulla copertina, il cantante appare col capo chino e le mani giunte, in un atteggiamento che parrebbe di preghiera. La giovanissima popstar canadese, fra l'altro, ha da poco fatto sapere in alcune interviste di essere diventato cristiano. Seppure non lo ritragga inginocchiato nella Basilica di San Pietro, la cover del disco sembrerebbe fare vago riferimento alla nuova via religiosa che ha intrapreso. Ritratto a torso nudo, si vede chiaramente, insieme con gli altri suoi tattoo, la croce che ha tatuata al centro del petto. Poi c'è una croce latina, bianca e rovesciata, dipinta sulla sua pelle nello spazio che va dal capezzolo sinistro all'ombelico. Come croce non v'è dubbio che sia cristiana, visto che è latina, ma va anche detto che la croce latina capovolta è spesso intesa come simbolo di satanismo. Esaminando ancora la foto, rileviamo altre tre croci, stavolta greche (cioè incrociate al centro). Sempre realizzate a tratto di pennello con vernice bianca, in un confuso cover painting dove compaiono pure dei cerchi. Insomma, è oggettivo: non è la copertina dell'album di una band Christian rock o di un coro di suore. Comunque sia, secondo il sito americano Tmz, vari Paesi del Medio Oriente e l'Indonesia, anch'essa di diffuso credo islamico, hanno intenzione di bandire il cd perché quelle croci urterebbero i musulmani. E la casa discografica di Bieber, in perfetto stile «sottomissione» è subito corsa ai ripari. A quanto pare, realizzerà una copertina diversa per il mondo arabo. Un po' per quell'eccesso di zelo che si trasforma appunto in «sottomissione», un po' perché ci sono soldi in ballo, e al solito l'Occidente fa retromarcia sui suoi «valori», libertà di espressione di un artista inoffensivo compresa. Non è la prima volta che questo accade. Anche album di altre star del pop come Madonna, Lady Gaga, Mariah Carey, Katy Perry, Kylie Minogue e Christina Aguilera hanno subito la stessa sorte, spesso perché le immagini di copertina erano giudicate troppo sexy. Il bello è che Bieber è sempre stato molto rispettoso dei musulmani, tanto che nel 2013 interruppe un concetto a Istanbul per dare la possibilità ai suoi fan islamici di pregare. Ma, evidentemente, il rispetto non è reciproco. Di certo non ci aspettiamo che Justin Bieber diventi il paladino dell'Occidente cristiano, ma il quadro resta emblematico di come noi siamo sempre disposti a retrocedere. Indicativo è anche il modo in cui è stata trattata questa notizia. Ieri il Corriere della Sera gli ha dedicato una breve (poche righe) di spettacoli. L'apertura a tutta pagina, invece, era una celebrazione della nuova vita di Janet Jackson, che di recente si è convertita all'Islam (ha sposato un riccone del Qatar). Lo scontro di civiltà si è spostato sul pop e ancora una volta lo abbiamo perso. Come Occidente saremmo coloro che devono esportare la democrazia, ma non riusciamo nemmeno ad esportare la copertina di un disco così come era stata concepita... Gemma Gaetani

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