Cerca
Cerca
+

David Bowie, le foto capolavoro di Michael Putland in mostra a Bologna

Esplora:

Giovanni Ruggiero
  • a
  • a
  • a

Sarà visibile fino al 27 aprile alla galleria ONO Arte di Bologna la mostra Bowie before Ziggy. Fotografie di Michael Putland. Si tratta, prima ancora che di una mostra, di un vero e proprio omaggio, forse anche di un saluto al grandissimo artista scomparso, all'età di 69 anni, lo scorso 10 gennaio. Saluto e omaggio che sembrano voler dire: «Sarai sempre vivo, sarai sempre l'epifania di te che abbiamo conosciuto e che è cresciuta con noi mentre crescevano anche le nostre vite». Le foto, infatti, sono state scattate il 24 aprile del 1972 ad Haddon Hall, dove allora risiedeva un giovane David (aveva venticinque anni). Le registrazioni dell'album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars erano appena terminate, il long playing stava per essere pubblicato e dopo soli quattro giorni, il 28, sarebbe intanto uscito il primo singolo dell'album, Starman. Diversamente dal titolo di quell'album, c'era solo ascesa e non caduta: David aveva già realizzato altri quattro album dall'enorme successo, era l'artista più conturbante e filosofico della scena glam rock, e questa condizione sarebbe durata per bel po'. Rilassato, nel breve momento dopo la chiusura dell'album e prima della promozione, David accoglie il fotografo Michael Putland per un servizio fotografico. «Nel 1972 lavoravo per una rivista chiamata Disc and Music Echo, e mi chiesero di andare e fotografare David Bowie ad Haddon Hall, la sua casa a Beckenham, nel Kent. Sono andato assieme a una giornalista di nome Ros Russell, che sembrava conoscerlo molto bene, cosa che ha aiutato a rendere tutto più semplice», ci racconta Michael. David gli apre la porta con indosso uno degli abiti che lo avrebbero reso un'icona: «Era lo stesso costume di scena con cui lo aveva fotografato qualche settimana prima, mentre si esibiva al Friars Club di Aylesbury». Ma non è questa la sorpresa maggiore per il fotografo: «Aveva un pennello in mano e ci chiese se prima poteva finire di dipingere il soffitto! L'ho fotografato mentre lo faceva! Quante aspiranti pop star di oggi ti permetterebbero di andare a casa loro e fotografarle mentre dipingono il soffitto? Tanto più se nello stesso momento indossano un fiammeggiante costume di scena…». Beh, mai dire mai. Ma che quegli scatti in modalità «imbianchino» abbiano ritratto proprio David Bowie apre una riflessione su quanto fosse anche assai semplice e normale, nella sua vita reale, una delle star più raffinate e complesse della musica rock. «Era un tipo molto educato e gentile, accogliente», continua il fotografo, «che mi fece sentire molto a mio agio. Comunque, il fatto di che lo avessi visto esibirsi mi fece capire che c'era qualcosa di veramente speciale in questo ragazzo. Ogni tanto hai questa sensazione: l'ho provata anche incontrando Freddie Mercury e i Queen, quando li ho fotografati mentre facevano le prove per il loro primo tour, come gruppo di supporto ai Mott The Hoople». Gli scatti di Michael Putland, che collabora da anni con la vitalissima galleria fotografica bolognese, si affiancano ad altri realizzati prima e dopo Ziggy Stardust e ad altri realizzati durante lo Station to Station Tour, per un totale di 27 in diversi formati. Non si tratta della prima mostra dedicata a Bowie. La galleria ne ha già ospitata una dedicata alla trilogia berlinese degli album Low (1977), Heroes (1978) e Lodger (1979). Anche quella mostra aveva un intento dialogico, nello specifico volto a ricordare l'importanza di Bowie in un momento in cui l'artista, dopo l'infarto del 2004, mancava da quasi un decennio dalla scena discografica. Bowie a Berlino aveva reinventato se stesso ma anche fornito la sua versione di «Europa» ed «europeo», concetti che nel 2012 - anno di quella prima mostra - non erano più l'auspicio bowiano degli anni Settanta, quando era ancora eretto il Muro di Berlino. Dopo il suo crollo nel 1989 e la riunificazione tedesca, l'Europa è diventata una realtà ordinaria e, nel 2012, l'appartenenza all'Europa ci si scagliava addosso nelle forme non simpatiche dello spread. Altra mostra militante dedicata al Duca Bianco c'è stata l'anno scorso: nel 2013 era uscito il penultimo album di David, The Next Day, la cui copertina riecheggiava quella di Heroes ed era stata realizzata con una foto di Masayoshi Sukita, in esposizione. Con questa terza mostra, il cerchio non si chiude, perché la galleria fa sapere che «si configura come la tappa zero di un progetto di più ampia portata a cui ONO sta lavorando insieme all'Archivio che gestisce l'immagine dell'artista». Gemma Gaetani

Dai blog