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Diego Broggio, mister DB Boulevard: "Così è nata Point of view". La ricetta per un capolavoro house

Leonardo Filomeno
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"Ti sento particolarmente vicino alla mia storia", ammetterà Diego Broggio ad un certo punto della chiacchierata. Pilastro del clubbing nella scena veneta, inventore del 'mito' del Matilda, è tra i dj producer più amati d'Italia. La prossima sfida sarà scegliere rotta e anima per la rediviva etichetta Streetlab Records, sotto l'ala di Jaywork Music Group. Darà lui il via il 3 luglio col super singolo Freaking Weekend (con Castaman), che ha stile, energia e soprattutto rivitalizza il giusto giro di chitarra. A riprova di quella filosofia house crossover che tanta fortuna portò ai suoi DB Boulevard. Era la fine del 2001 e Point Of View, con le sue note magiche e anche un pizzico malinconiche, iniziava a bussare nella vita di tante persone. Questi 20 anni l'hanno reso nella house un classico vero: nel cuore di tanti sempre vivo, quanto a suoni e stile ancora nuovo. 

Se ripensi alla musica della tua vita i ricordi dove vanno? 
"Al 1978 e al Collegio Vescovile Barbarigo di Padova. Mia madre morì prima che prendessi la maturità classica. Il rifugio fu Radio Gamma 5, emittente privata, un po' alternativa. Divenni il ragazzino della radio. Presto mi affidarono Soul City, il programma del pomeriggio. Mi divertivo col funky americano. Il primo disco in onda fu Spanish Hustle della The Fatback Band. Mi buttai dalla mattina alla sera in quella esperienza, per non sentire il dolore della morte di mamma".
Nei primi locali dovevi alternarti con l'orchestra. 
"Suonavo il pomeriggio e il sabato sera. Mi arrangiavo. Facevo apertura, chiusura, tutto. Ci arrivai grazie alla radio. Al Tam Tam di Dolo c'erano ogni sabato spettacoli bellissimi. Prima di mettere i dischi mi godevo il vecchio Zelig, i Gatti di Vicolo Miracoli. Anni intensi".
Ad un certo punto decidi di fermarti.  
"Per 2 anni. Presi in mano la raffineria di spezie di mio padre, con il quale, comunque, i rapporti si raffreddarono dopo la morte di mamma. Quando andai via di casa, nel '86, il fenomeno house era già esploso. A Riccione c'erano il Byblos, il Pascià, andavo lì. La gente arrivava da tutta Italia. C'erano Massimino Lippoli, Ricky Montanari, il compianto Marco Trani, prime fonti di ispirazione". 
Impossibile non buttarsi su quel genere. 
"Cominciai a proporre house tra l'87' e l'88', all'Oxygen di Padova, discoteca della zona. C'era veramente la possibilità di esprimersi al massimo e il successo arrivò subito. Tre anni dopo il proprietario mollò tutto e decisi di seguirlo. Arriviamo così al '91, quando misi in piedi una agenzia di pubbliche relazioni con alcuni soci. Gestivamo discoteche che, fino a quel momento, non avevano funzionato. Creammo da zero il Padova Est, l'East Side, il Sound Code, locali che hanno fatto la storia della house music nel Veneto. Eravamo il gruppo house più forte della zona. Fu il trampolino, nel 2000, per l'acquisto al 70% del Matilda di Jesolo".
E per la nascita dei DB Boulevard... 
"Tradotto vuol dire: 'La strada di Diego Broggio'. Nel 2001 cominciai a testare in pista la base di Point Of View. Di solito era l'ultimo disco. Chi era già uscito dal locale tornava indietro per ballarlo. A cantarlo chiamai Monica Bragato, che nel 2002 tutti conosceranno come Moony. Point Of View nacque come un disco di rottura tra la house e la commerciale".
Roger Sanchez la portò ad Ibiza, quindi ovunque. 
"Lo invitammo al Matilda. Se ne innamorò e mi chiese il cd. 'Domani sera lo proporrò al Pachà', disse. La gente ad Ibiza si chiedeva di chi fosse, si creò interesse. Le riviste inglesi iniziarono a parlarne. Proprio in quelle settimane il produttore Mauro Ferrucci venne a trovarmi in spiaggia a Jesolo, era interessato ai DB Boulevard. Una sua amica era la proprietaria del colosso spagnolo Blanco Y Negro ed era molto vicina ad un boss della Sony Uk. Riuscì a farla venire a cena al Villa Bonin, assieme ai manager di quella major, per mostrar loro la reazione in pista. Li convincemmo. La pubblicazione tardò perché dentro c'era un campione di Heatwave dei Phoenix. Lo avevano rubato a loro volta da una vecchia produzione francese. Solo che io lo feci presente e feci risuonare tutto da zero. I francesi, invece, fecero finta di niente e passarono all'incasso (sorride, ndr)".
La consacrazione in Inghilterra la vivi di persona. 
"Ero lì con il gruppo e Ferrucci negli studi di BBC 1, per il programma Top Of The Pops. Aspettavamo la pubblicazione della Top 10. Ma eravamo a ridosso di San Valentino e la vetta toccò a Hero di Enrique Iglesias, una canzone d'amore. Point Of View parlava invece di un amore finito. Arrivò alla posizione numero 1 il 17 febbraio 2002, una settimana dopo" .
Dove di Moony sembrava il perfetto follow-up. Ma la scelta ricadde alla fine su Believe
"Doveva esserlo. La decisione di chi 'cacciava i soldi' fu quella di far scrivere Believe a Monica ma di non fargliela cantare. Dopo l'album Frequencies e Sanremo 2004, dove in effetti noi dj non c'entravamo nulla, il mio ultimo sforzo come DB Boulevard fu per Chance Of A Miracle. Grazie ad un mio amico, feci cantare JD Davis, all'epoca cantante blasonatissimo per David Guetta e Chab. Nemmeno lui restò a lungo all'interno del team".
Sarai a&r per Streetlab. Come ci si fa spazio in mezzo allo strapotere delle major e dei pochi colossi dance rimasti nel mondo? 
"Aprirò la forbice, spaziando dalla deep alla tech house, fino alla melodic techno. Non usciranno solo dischi house. Proporrò dei validi pezzi crossover anche sulla loro etichetta madre. I successi non sono casuali, c'è sempre un lavoro meticoloso dietro. E la sinergia tra il produttore e il cantante non deve avere interferenze. L'ultimo in Italia a ragionare così sono stato io, con i DB Boulevard. Oggi quel nome non posso nemmeno utilizzarlo, i contratti firmati all'epoca non me lo permettono".
Hai detto: "In tanti qui si sono arresi perché sono finiti i soldi".  
"Sin dagli anni '90, chi aveva in mano le redini spesso non rendicontava o faceva business sfruttando nomi e progetti di successo. Questo ha messo fine ad unioni e sodalizi. E tanti hanno iniziato a proporsi all'etichetta straniera più o meno blasonata, non più con canzoni vere, ma con semplici tracce".
Che si tratti di tracce o canzoni più strutturate è la spontaneità oggi a risentirne. 
"Per fare cose eclatanti devi stravolgerti. Prendi uno come Purple Disco Machine: ha beccato la strada giusta e la ripercorre all'infinito, avendo tra le mani il groove e il cantante che funzionano. Ma è poco elastico. Un pezzo come Point Of View non lo farà mai. Io cercavo sempre qualcosa in più. Il 70% del suo ultimo successo, Fireworks, lo fa il cantato. Ma ricordi il ritornello, non la base. Per lasciare il segno c'è bisogno che la gente ricordi ciò che c'è sotto. Di Horny '98 di Mousse T. ricordi le trombe. Anche in Point Of View il 60% la fa la base. Negli ultimi anni c'è stato un solo fenomeno che ha ribaltato questo modo mio di pensare ed è stato Avicii. Con Levels ha costruito un vestito pazzesco attorno alla voce di Etta James. Ma quel ragazzo giocava un altro campionato. Dopo di lui, il vuoto".
La house non è più rivoluzione. 
"Le continue citazioni la rendono monotona: sono sfacciate, senza pudore. Si rifà tutto, spesso male. Gli ultimi a lasciare un segno sono stati i Camelphat con Cola, un nome affidabile è senz'altro Dennis Ferrer, nel tempo mi ha deluso Riva Starr. Ad ogni modo, la house resterà un rifugio sicuro per chi vorrà sentire belle melodie e buona musica, per chi ogni tanto vorrà darsi una pulita alle orecchie. Questo ragionamento riguarderà solo una nicchia di mercato, non il mainstream. Vedi Simon Dunmore della Defected e il suo progetto Glitterbox, dove fa riflettere il suo buongusto con dischi fighissimi, mai nazional-popolari. E dà spazio ad artisti 'maturi' che altrove avrebbero difficoltà a collocarsi, come Mousse T. o Dimitri From Paris".
La nightlife che tornerà meriterebbe qualcosa in più. 
"Mi piacerebbe ritrovare una scena in grado di valorizzare il prodotto locale. Negli ultimi tempi abbiamo fatto ricchi gli ospiti internazionali, se dovessimo farlo ancora in tasca non ci resterebbe molto. Abbiamo risorse italiane da riscoprire. Bisognerà alzare un po' il tiro in questo senso, abbandonare la deriva di un'offerta musicale scadente ed effimera 'solo perché quel genere fa incassare e va di moda'. Ci siamo fatti letteralmente mangiare dal mainstream dagli anni '90 in poi. E in mezzo alla pandemia ci siamo ritrovati a fare cene con i fazzoletti, accompagnati da tonnellate di musica italiana di devastante bruttezza. Sono certo che, alla ripartenza, qualcuno della vecchia guardia troverà spirito e forza per rimettersi in gioco. Tornando a fare ciò sente dal cuore. E ciò che è dettato dal buongusto".

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