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Encanto, l'ultima eroina della Disney senza talento né bellezza: perché è la figlia dei nostri tempi

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Luca Beatrice
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«Com' è la tua amica? Simpatica». La frase ci ha perseguitati durante la giovinezza e significava che la tipa che ti avrebbero presentato quella sera, tu che eri solo, non era proprio un granché, anzi. Almeno nell'ottica maschile e maschilista di noi eternamente arrapati, anche stavolta avremmo dovuto accontentarci di una nuova amica. Per molti un vero e proprio trauma, non ho mai considerato infatti la simpatia come un valore femminile né ora né mai, per ridere e cazzeggiare bastano e avanzano i maschi. I tempi cambiano ma certi tarli ti restano nel cervello e pazienza se a un certo punto ti guardano come un semideficiente, patetico e retrogrado. Fosse stato per me non avrei disegnato Mirabel, la protagonista di Encanto il cartoon Disney del Natale 2021, come una bruttina, occhialuta, capelli in disordine, vestita malissimo con certe fantasie floreali su tessuti economici cari alle femministe di provincia degli anni '70.

La ragazza è ovviamente simpatica, sprizza energia da tutti i pori e in molti apprezzeranno la sua verve perché il mondo non è solo dei belli e a questo punto neanche i cartoni animati. Descritta come «imperfetta e stramba, ma anche profondamente emotiva e incredibilmente empatica», Mirabel è figlia ideale dei nostri tempi equanimi: solo i vecchi insistono sul modello di femminilità dove prevalgono gli stereotipi sinuoso, curvilineo, ammiccante, seduttore. Nel mondo di oggi c'è dell'altro ed è giusto allontanarsi, fin dai racconti per l'infanzia, da una realtà fittizia e discriminatrice verso chi, secondo i raffinati psicologi dell'adolescenza, si sentirebbe sminuito e dunque avrebbe da soffrirne.

 

 

Padre di due figlie femmine entrambe oltre la ventina, ho fatto indigestione delle loro eroine disegnate. Fighissime e al contempo dotate di gran carattere e qualità, perché non c'è peggior idiota di chi sostiene (e non sono pochi) che la bellezza sia sinonimo di superficialità, che la moda esalti pericolosamente l'effimero contro la sostanza. Negli studios hollywoodiani si sono da tempo resi conto di dover inserire nelle narrazioni figure in coerenza con la società multirazziale del terzo millennio: superate Anastasia e la Sirenetta Ariel, Pocahontas è nativa americana, Esmeralda una gitana, Jasmin figlia del Sultano, Tiana de La principessa e il ranocchio è afroamericana, Mulan una cinese che si finge uomo per andare in guerra al posto del vecchio padre ed ecco servita la questione del gender fluid.

Tutte diverse, tutte giovani e belle, impossibile non innamorarsene e infatti c'è sempre qualche ragazzo - un principe, un guerriero, un eroe, kalos kai agathos, che resta fulminato. Le mie figlie a carnevale si vestivano e si pettinavano come loro e francamente non ci ho mai visto nulla di male, non ho mai provato a convincerle di smettere con i trucchi e i belletti per scegliere un look castigato ed equosolidale. A una bimba sotto Natale non hai voglia di raccontare storie sulla società cattiva come fanno le madri del politicamente corretto e i loro tristi regali, giocattoli in legno marroncino e libri di tragedie terzomondiste: se è sempre andato in un altro modo ci sarà pure un motivo, non dico che le ragazzine saranno tutte come Jessica Rabbit, ma insomma un futuro più rotondo non ha mai fatto male a nessuno e non penso sia proprio sbagliato sognare di essere più belle che simpatiche.

 

 

Nello sforzo di sembrare giusti e originali gustiamoci, dopo aver preso coscienza che il futuro sarà di Mirabel nonostante le nostre strenue resistenze, lo spot di Posten, servizio postale norvegese (in Scandinavia sono ben più evoluti di noi e hanno ragione) che per celebrare mezzo secolo dalla fine del pregiudizio e delle discriminazioni verso l'omosessualità, ci mostra Babbo Natale gay. Non ci eravamo mai interrogati sulle sue scelte in materia, pensavamo che vecchio, barbuto, grasso si fosse pacificato, forse da giovane era stato con la Befana: ci eravamo sbagliati, vabbè glisso per il maschietto piccolo, troppo casino a spiegargli 'sta storia. 

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